Cass. pen., sez. VII, ordinanza 07/02/2018, n. 05736

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 07/02/2018, n. 05736
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05736
Data del deposito : 7 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: V L nato il 23/04/1981 a POTENZA avverso la sentenza del 03/11/2016 della CORTE APPELLO di POTENZAdato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere G V;

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso di V L è palesemente inammissibile Va preliminarmente rilevato che la doglianza di cui al primo motivo d'impugnazione, attinente a violazione di legge, non risulta avanzata in sede di gravame, avendo l'appellante formulato esclusivamente doglianze attinenti alla assenza di prova che la condotta posta in essere dal prevenuto avesse prodotto un danneggiamento dell'autovettura in termini penalmente apprezzabili. Il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è delineato dall'art.609 c.p.p., comma 1, il quale ribadisce in forma esplicita un principio già enucleato dal sistema, e cioè la commisurazione della cognizione di detto giudice ai motivi di ricorso proposti. Detti motivi - contrassegnati dall'inderogabile "indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto" che sorreggono ogni atto d'impugnazione (art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) - sono funzionali alla delimitazione dell'oggetto della decisione impugnata ed all'indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per cassazione. La disposizione in esame deve infatti essere letta in correlazione con quella dell'art. 606 c.p.p., comma 3 nella parte in cui prevede la non deducibilità in cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello. Il combinato disposto delle due norme impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, e costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale. Con il secondo motivo, reiterando doglianza già espresse in appello, si è limitato a censurare profili di carattere meramente valutativo del compendio probatorio, rinnovando contestazioni in punto di ricostruzione del fatto e delle dichiarazioni raccolte, del tutto sovrapponibili a quelle ampiamente scandagliate dai giudici dell'appello. Per un verso, dunque, il motivo mira a sollecitare un non consentito riesame del merito, mentre, sotto altro profilo, non proponendosi una effettiva ed autonoma critica impugnatoria rispetto alla motivazione esibita dai giudici a quibus, finisce per risultare del tutto aspecifico. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell'affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. 1, 30 settembre 2004, Burzotta;
Cass., Sez. 6, 8 ottobre 2002, Notaristefano;
Cass., Sez. 4, 11 aprile 2001 Cass., Sez. 4, 29 marzo 2000, Barone;
Cass., Sez. 4, 18 settembre 1997, A). Anche la motivazione offerta dai giudici d'appello in tema di diniego delle circostanze attenuanti generiche e di valutazione della congruità del trattamento sanzionatorio si rivela del tutto coerente e congrua, a fronte delle doglianze, ancora una volta aspecifiche, dedotte sul punto in sede di ricorso. A mente dell'art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità - determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost. sent. 186/2000) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 2.000,00 euro
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