Cass. civ., sez. V trib., sentenza 30/09/2016, n. 19480
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Svolgimento del processo
Nel corso dell'anno (------) U. s.p.a. portava in detrazione l'IVA versata in rivalsa sui canoni (royalties) corrisposti a I. s.p.a. per la concessione in uso esclusivo del marchio "(------)", per l'importo complessivo di Lire 40.000.000.
L'Ufficio di Treviso della Agenzia delle Entrate disconosceva il diritto alla detrazione della imposta, ritenendo che nell'atto di conferimento del ramo di azienda stipulato tra le due società nel 1996 doveva presumersi trasferito anche il diritto esclusivo di uso del marchio, da ritenersi incluso nel corrispettivo versato dalla conferitaria U. s.p.a. mediante cessione di quote del proprio capitale sociale, con la conseguenza che la contribuente, avendo già acquistato il diritto di sfruttamento temporaneo del marchio, e non essendo stato esibito alcun contratto di licenza d'uso per il periodo in questione, non avrebbe dovuto pagare alcun ulteriore canone a I. s.p.a..
Il ricorso proposto dalla società avverso l'avviso di accertamento relativo alla liquidazione della maggiore IVA dovuta per l'anno (------), era accolto dalla CTP di Treviso con decisione confermata in grado di appello dalla Commissione tributaria regionale del Veneto con sentenza 19.3.2009 n. 12 notificata all'Ufficio finanziario locale il 21.4.2009.
I Giudici di secondo grado, rigettata la eccezione di inammissibilità dell'appello dell'Ufficio finanziario, alla stregua della documentazione prodotta dalle parti (verbali delle assemblee delle due società;
perizia giurata di stima in cui nell'elenco dei beni trasferiti con la cessione di azienda non figuravano diritti relativi al marchio;
dichiarazioni esplicative rese dal perito;
concordi dichiarazioni dei rapp.ti legali in ordine alla stipula di un primo contratto di licenza decorrente dall'(------);
altro contratto registrato in data (------) avente ad oggetto la licenza d'uso del marchio dall'(------);
fatture emesse da I. per royalties), ritenevano legittima la detrazione dell'IVA da parte della contribuente, dovendo qualificarsi i canoni per royalties come costi inerenti all'attività d'impresa.
La CTR dichiarava inoltre assorbite le altre eccezioni di rito formulate dalla società resistente ed anche la questione relativa alla applicabilità delle sanzioni pecuniarie, dedotta solo in via subordinata dalla società.
Confermava inoltre la decisione di prime cure in ordine alla compensazione delle spese del primo grado rigettando il relativo appello incidentale proposto dalla società.
La sentenza di appello è stata ritualmente impugnata dalla Agenzia delle Entrate con ricorso per cassazione con il quale vengono dedotti con due mezzi vizi di violazione di norma di diritto e vizi logici di motivazione.
Resiste la società con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato a sette mezzi, depositando anche memoria illustrativa.
Motivi della decisione
Occorre immediatamente rilevare la inammissibilità del secondo motivo di ricorso, con il quale l'Agenzia delle Entrate deduce il vizio di omessa motivazione ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5), in punto di accertamento della stipula di un contratto di concessione di licenza d'uso del marchio per il periodo decorrente dall'(------), in quanto sarebbe stata esibita ai verbalizzanti soltanto una copia della "bozza di contratto...del (------)", atteso che la ricorrente ha omesso di ottemperare al disposto dell'art. 366 bis c.p.c., seconda parte, non essendo assistito il motivo dalla formulazione della chiara indicazione del fatto controverso e decisivo sul quale la CTR sarebbe incorsa in errore di fatto.
E' stato chiarito da questa Corte, infatti, che il complesso normativo costituito dall'art. 366 c.p.c. , n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c. , n. 5, - nel testo risultante dalla novella recata dal D.Lgs. n. 40 del 2006 - deve interpretarsi nel senso che, anche per quanto concerne i vizi di cui all'art. 360 c.p.c. , n. 5, l'illustrazione del motivo deve essere accompagnata da un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, tenuto conto che il requisito di contenuto-forma (consistente nel ridurre a sintesi il complesso degli argomenti critici sviluppati nella illustrazione del motivo) costituisce un mezzo di esercizio del diritto di accesso al Giudice nell'ambito di un giudizio di impugnazione concepito primariamente come mezzo di verifica della legittimità della decisione, sicchè il requisito medesimo si accorda intrinsecamente con lo scopo e con la funzione del giudizio per il quale è stato imposto come onere a carico della parte (cfr. Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 20603 del 01/10/2007;
id. Sez. 3, Ordinanza n. 2652 del 04/02/2008). Ne segue che la illustrazione del motivo di ricorso, non coincide con la formulazione della indicazione riassuntiva e sintetica del vizio di legittimità, che costituisce un "quid pluris" rispetto alla specificità del motivo ex art. 366 c.p.c. , comma 1, n. 4, assumendo l'autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8897 del 07/04/2008;
id. Sez. 5, Sentenza n. 5858 del 08/03/2013;
id. Sez. 5, Sentenza n. 28242 del 18/12/2013).
Il primo motivo con il quale l'Agenzia fiscale deduce il vizio di violazione dell'art. 2573 c.c. , comma 2 in relazione all'art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3), è inammissibile sotto molteplici profili.
Assume l'Agenzia che in difetto di espressa