Cass. civ., sez. III, sentenza 16/04/2021, n. 10197
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Testo completo
te R.G.N. 35279/2018
SENTENZA
Cron. r sul ricorso 35279-2018 proposto da: Rep. A M, elettivamente domiciliato presso lo studio Ud. 08/10/2020 dell'Avv. FABIO TRALDI in Lecce, Viale Michele De Pietro 11, pu dal quale è rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dall'Avv. DANIELA GEMMA ADAMI;
- ricorrente -
2020 contro 1673 S V, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. BERNARDINO PASANISI in Taranto, Corso Umberto 129, dal quale è rappresentato e difeso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 174 della CORTE D'APPELLO DI BARI - SEZIONE DISTACCATA di TARANTO-, depositata il 23/4/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell"8/10/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI A S;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G BTTISTA NARDECCHIA;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23/4/2018 la Corte d'Appello di Lecce ha respinto il gravame interposto dal sig. M A in relazione alla pronunzia Trib.Taranto n. 3233 del 2014, di rigetto della domanda proposta nei confronti del sig. V S di cancellazione dell'ipoteca ( presso l'Agenzia del Territorio -Ufficio Provinciale di Taranto- ) dal medesimo iscritta su beni di sua proprietà ex art. 2818 c.c., in forza di sentenza di condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del contratto preliminare di compravendita, rogato nella sua qualità di notaio, di bene immobile successivamente oggetto di rivendica da parte dei sigg. A M ed altri, giusta contratto a rogito Notaio G S stipulato il precedente 30/3/1984. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l'A propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Savo. Con conclusioni scritte del 1°/10/2020 il P.G. presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1° motivo il ricorrente denunzia violazione dell'art. 2818 c.c., relazione all'art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c. Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che ai fini dell'iscrizione ipotecaria è necessaria una sentenza di condanna, e tale invero non è quella come nella specie integrata da una condanna generica condizionata al «passaggio in giudicato di altra sentenza, fra altre parti».Lamenta che «una sentenza di condanna al risarcimento dei danni che rimandi la liquidazione degli stessi all'esito di un separato giudizio ( ipotesi questa espressamente prevista dall'art. 2818 c.c. ) è un provvedimento ontologicamente distinto da una sentenza la cui efficacia sia condizionata dall'esito di altro giudizio», sicché affermare «che il subordinamento dell'efficacia della sentenza costituisca un elemento accessorio e incidentale della sentenza, al pari della condizione sospensiva che accompagna l'esigibilità di un diritto di credito, non incidendo sulla sua natura di titolo idoneo ex art.2818 c.c., corrisponde ad una interpretazione superficiale ed errata della suddetta norma e del principio di tassatività che la governa». Si duole non essersi dalla corte di merito diversamente considerato che «la figura che, per certi aspetti più potrebbe avvicinarsi alla sentenza in parola è quella della c.d. "sentenza condizionale", vale a dire quella che si riferisce ad un credito attuale, ma la condanna al cui pagamento sia condizionata all'avveramento di una condizione». Lamenta che la «condizione sospensiva che accompagna l'esigibilità di un diritto di credito» e la «c.d. "sentenza condizionale"» sono «figure tuttavia non ... assimilabili, se sol si consideri che la sentenza di cui si verte non contempla una condanna ad un credito determinato nel suo ammontare, ma futuro ( sentenza condizionale appunto )», recando «una condanna al pagamento di una somma non determinata ( da liquidarsi in separato giudizio ) e, oltretutto, priva di effetto perché condizionata all'avveramento di una condizione», sicché «anche qualora si volesse assimilare la sentenza del tribunale di Taranto ad una sentenza c.d. "condizionale", essa comunque non costituirebbe valido titolo per l'iscrizione ipotecaria ex art. 2818c.c., in quanto, proprio perché insuscettibile di produrre effetti all'avveramento della condizione, non può dirsi una sentenza di condanna nel senso voluto dalla norma». Con il 2° motivo denunzia violazione degli artt. 2818, 2821 c.c., relazione all'art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c. Si duole che la corte di merito abbia operato un'assimilazione dell'ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c. con quella volontaria ex art. 2821 c.c., laddove trattasi di ipotesi diverse e non paragonabili. Con il 3° motivo denunzia violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c. Si duole che la corte di merito non abbia pronunziato in ordine alla richiesta di condanna di controparte al risarcimento dei danni subiti, non solo patrimoniale, ma anche per l'«esistenza di un danno al buon nome, alla riservatezza ed all'immagine del proprietario, odierno ricorrente». I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell'art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito [ in particolare, all'<>, al contratto «preliminare del 14/11/1983, poi modificato il 18/02/1984», all'«atto rogato dal Notaio dott. M A in data 13/12/1994», all'«atto di citazione notificatogli il 28/03/2000», alla sentenza del giudice di prime cure», all'iscrizione d'«ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c. ... ( formalità n. 15923 reg. generale e n. 3396 reg. particolare ) ( ved. All. 2 al sottofascicolo )», al proprio atto di appello ] limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente ( per la parte strettamente d'interesse in questa sede ) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l'esame ( v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 ), con precisazione (anche) dell'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità ( v. Cass., 23/3/2010, n. 6937;
Cass., 12/6/2008, n. 15808;
Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 ), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile ( v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469;
Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 ). A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento ( v. Cass., 18/4/2006, n. 8932;
Cass., 20/1/2006, n. 1108;
Cass., 8/11/2005, n. 21659;
Cass., 2/81/2005, n. 16132;
Cass., 25/2/2004, n. 3803;
Cass., 28/10/2002, n. 15177;
Cass., 12/5/1998 n. 4777 ) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative ( v. Cass., 24/3/2003, n. 3158;
Cass., 25/8/2003, n. 12444;
Cass., 1°/2/1995, n. 1161 ).Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso- apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione ( v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 ). L'accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell'impugnata decisione rimangono pertanto
SENTENZA
Cron. r sul ricorso 35279-2018 proposto da: Rep. A M, elettivamente domiciliato presso lo studio Ud. 08/10/2020 dell'Avv. FABIO TRALDI in Lecce, Viale Michele De Pietro 11, pu dal quale è rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dall'Avv. DANIELA GEMMA ADAMI;
- ricorrente -
2020 contro 1673 S V, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. BERNARDINO PASANISI in Taranto, Corso Umberto 129, dal quale è rappresentato e difeso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 174 della CORTE D'APPELLO DI BARI - SEZIONE DISTACCATA di TARANTO-, depositata il 23/4/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell"8/10/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI A S;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G BTTISTA NARDECCHIA;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23/4/2018 la Corte d'Appello di Lecce ha respinto il gravame interposto dal sig. M A in relazione alla pronunzia Trib.Taranto n. 3233 del 2014, di rigetto della domanda proposta nei confronti del sig. V S di cancellazione dell'ipoteca ( presso l'Agenzia del Territorio -Ufficio Provinciale di Taranto- ) dal medesimo iscritta su beni di sua proprietà ex art. 2818 c.c., in forza di sentenza di condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del contratto preliminare di compravendita, rogato nella sua qualità di notaio, di bene immobile successivamente oggetto di rivendica da parte dei sigg. A M ed altri, giusta contratto a rogito Notaio G S stipulato il precedente 30/3/1984. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l'A propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Savo. Con conclusioni scritte del 1°/10/2020 il P.G. presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1° motivo il ricorrente denunzia violazione dell'art. 2818 c.c., relazione all'art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c. Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che ai fini dell'iscrizione ipotecaria è necessaria una sentenza di condanna, e tale invero non è quella come nella specie integrata da una condanna generica condizionata al «passaggio in giudicato di altra sentenza, fra altre parti».Lamenta che «una sentenza di condanna al risarcimento dei danni che rimandi la liquidazione degli stessi all'esito di un separato giudizio ( ipotesi questa espressamente prevista dall'art. 2818 c.c. ) è un provvedimento ontologicamente distinto da una sentenza la cui efficacia sia condizionata dall'esito di altro giudizio», sicché affermare «che il subordinamento dell'efficacia della sentenza costituisca un elemento accessorio e incidentale della sentenza, al pari della condizione sospensiva che accompagna l'esigibilità di un diritto di credito, non incidendo sulla sua natura di titolo idoneo ex art.2818 c.c., corrisponde ad una interpretazione superficiale ed errata della suddetta norma e del principio di tassatività che la governa». Si duole non essersi dalla corte di merito diversamente considerato che «la figura che, per certi aspetti più potrebbe avvicinarsi alla sentenza in parola è quella della c.d. "sentenza condizionale", vale a dire quella che si riferisce ad un credito attuale, ma la condanna al cui pagamento sia condizionata all'avveramento di una condizione». Lamenta che la «condizione sospensiva che accompagna l'esigibilità di un diritto di credito» e la «c.d. "sentenza condizionale"» sono «figure tuttavia non ... assimilabili, se sol si consideri che la sentenza di cui si verte non contempla una condanna ad un credito determinato nel suo ammontare, ma futuro ( sentenza condizionale appunto )», recando «una condanna al pagamento di una somma non determinata ( da liquidarsi in separato giudizio ) e, oltretutto, priva di effetto perché condizionata all'avveramento di una condizione», sicché «anche qualora si volesse assimilare la sentenza del tribunale di Taranto ad una sentenza c.d. "condizionale", essa comunque non costituirebbe valido titolo per l'iscrizione ipotecaria ex art. 2818c.c., in quanto, proprio perché insuscettibile di produrre effetti all'avveramento della condizione, non può dirsi una sentenza di condanna nel senso voluto dalla norma». Con il 2° motivo denunzia violazione degli artt. 2818, 2821 c.c., relazione all'art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c. Si duole che la corte di merito abbia operato un'assimilazione dell'ipoteca giudiziale ex art. 2818 c.c. con quella volontaria ex art. 2821 c.c., laddove trattasi di ipotesi diverse e non paragonabili. Con il 3° motivo denunzia violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, 1° co. n. 4, c.p.c. Si duole che la corte di merito non abbia pronunziato in ordine alla richiesta di condanna di controparte al risarcimento dei danni subiti, non solo patrimoniale, ma anche per l'«esistenza di un danno al buon nome, alla riservatezza ed all'immagine del proprietario, odierno ricorrente». I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell'art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito [ in particolare, all'<
Cass., 12/6/2008, n. 15808;
Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 ), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile ( v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469;
Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 ). A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento ( v. Cass., 18/4/2006, n. 8932;
Cass., 20/1/2006, n. 1108;
Cass., 8/11/2005, n. 21659;
Cass., 2/81/2005, n. 16132;
Cass., 25/2/2004, n. 3803;
Cass., 28/10/2002, n. 15177;
Cass., 12/5/1998 n. 4777 ) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative ( v. Cass., 24/3/2003, n. 3158;
Cass., 25/8/2003, n. 12444;
Cass., 1°/2/1995, n. 1161 ).Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso- apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione ( v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 ). L'accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell'impugnata decisione rimangono pertanto
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