Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/06/2013, n. 15873

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Integra violazione dell'obbligo - previsto dall'art. 5 del codice deontologico forense - di decoro, probità, dignità, fedeltà nei confronti non solo del difeso, ma anche della controparte, il comportamento di un avvocato, il quale, oltre a richiedere la esecutorietà di un decreto ingiuntivo che sapeva non eseguibile (non essendo l'ingiunzione assistita da efficacia esecutiva ex art. 647 cod. proc. civ. ed essendo stata, inoltre, proposta opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., circostanza di cui egli era a conoscenza, in quanto destinatario della notificazione di tale atto nella qualità di difensore dell'opposto), abbia anche rivolto all'indirizzo del legale di controparte espressioni offensive (nella specie, definendo la sua attività professionale "grossolana, grottesca, frutto di ignoranza giuridica e di cura superficiale delle questioni trattate" e tacciando, altresì, il collega di "arroganza e malafede").

Il codice deontologico forense non ha carattere normativo, essendo costituito da un insieme di regole che gli organi di governo degli avvocati si sono date per attuare i valori caratterizzanti la propria professione e garantire la libertà, la sicurezza e la inviolabilità della difesa, con la conseguenza che la violazione di detto codice rileva in sede giurisdizionale solo quando si colleghi all'incompetenza, all'eccesso di potere o alla violazione di legge, cioè ad una delle ragioni per le quali l'art. 56, terzo comma, del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, consente il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, per censurare unicamente un uso del potere disciplinare da parte degli ordini professionali per fini diversi da quelli per cui la legge lo riconosce.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/06/2013, n. 15873
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15873
Data del deposito : 25 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dgli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. T F - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente di sez. -
Dott. F F - rel. Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. I A - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. D'

ALESSANDRO

Paolo - Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
Dott. P S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28321 del Ruolo Generale degli affari civili del 2012, proposto d:
Avv. C D, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Atto Vannucci n. 12, presso lo studio Gangemi - Mirando e rappresentato e difeso, per procura a margine del ricorso, dll'avv.

SANTORO

Cesare d Locri;



- ricorrente -


contro


1. CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MESSINA, in persona del presidente p.t., nella sua sede nel Palazzo di Giustizia di Messina.


2. PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;



- intimati -


avverso la decisione n. 140 del Consiglio nazionale forense, del 26 aprile - 15 ottobre 2012. Udita, alla pubblica udienza del 28 maggio 2013, la relazione del Cons. Dr. F F e sentito l'avv. S, per il ricorrente, e il P.M. Dr.

CICCOLO

Pasquale Paolo Maria, che chiede l'accoglimento del primo, secondo e terzo motivo del ricorso e il rigetto del quarto con assorbimento del quinto motivo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con Delib. 28 aprile 2010, il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Messina (d ora: CO.A.) ha inflitto la sanzione disciplinare della sospensione dell'esercizio dell'attività professionale per due mesi due all'avv. Domenico C, per le espressioni offensive d lui usate quale avvocato dell'opposto, nei confronti del difensore dell'opponente nella comparsa di costituzione del 6 maggio 2008 e per la richiesta di esecutorietà dell'ingiunzione pur conoscendo l'esistenza dell'opposizione. Si era dpprima contestato all'avv. C di aver definito "grossolana, grottesca, frutto di ignoranza giuridica e di cura superficiale delle questioni trattate" e "aberranti anacoluti giuridici" le parole dell'avv. Enrico C difensore dell'opponente;
di tali parole s'era ordinata la cancellazione nella stessa sentenza che aveva deciso sulla opposizione, così come della locuzione "l'arroganza e la malafede", contenuta nella parte narrativa delle note conclusive di controparte e rivolta nei confronti dello stesso avv. C.
La sentenza sull'opposizione a decreto ingiuntivo, emessa dopo la revoca della esecutorietà di questo, rilevava che l'opponente aveva dedotto di aver subito un'azione di esecuzione in base a decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, sul falso presupposto della mancata opposizione dell'ingiunto prospettato dl predetto avv. C, non essendo la stessa ingiunzione dotata ab origine di efficacia esecutiva, ai sensi dell'art. 647 c.p.c., per cui la esecutività del titolo era stata revocata prima della decisione sulla fondtezza dell'opposizione.
L'avv. C aveva giustificato la sua condotta processuale, affermando di avere replicato alle espressioni non corrette usate nei suoi confronti dl difensore dell'opponente avv. C, il quale, in altro procedimento tra le stesse parti, lo aveva accusato di "irriducibile protervia e malafede processuale", per cui egli aveva deciso di utilizzare le parole di cui alla contestazione, per legittima difesa contro il collega, comunque negando la natura offensiva delle espressioni usate, a suo avviso relative ai soli scritti e non contro la persona del difensore di controparte, facendo comunque ammend di tali parole, se ritenute lesive del decoro di controparte dl Consiglio dell'ordine.
Contestata al C la natura offensiva delle espressioni di cui sopra contenute nelle sue difese e in secondo luogo l'azione in executivis d lui intrapresa, in forza di decreto ingiuntivo solo apparentemente dotato di esecutività ma in realtà non esecutivo, come egli sapeva, avendo ricevuto l'opposizione a lui notificata contro il decreto ingiuntivo, incompatibile con la esecutività di questo non provvisoriamente eseguibile, il CO.A. ha contestato all'avv. C tale second incolpazione per tale suo comportamento processuale successivo agli scritti di cui alla prima incolpazione per le espressioni offensive.
L'avv. C si difendeva affermando di avere agito correttamente in via esecutiva per effetto dell'ingiunzione notificata il 21 settembre 2006 esecutoria per mancata tempestiva opposizione entro il 31 ottobre successivo;
l'uso di espressioni sarcastiche nelle sue difese era collegato all'assoluta infondtezza delle tesi difensive di controparte e ai comportamenti pregressi offensivi nei suoi confronti del difensore di controparte avv. C. Dopo la second contestazione della incolpazione relativa agli scritti offensivi, l'avv. C proponeva le difese già svolte, deducendo il vizio del bis in idem relativamente al detta incolpazione e dopo la istruttoria, in cui era sentito quale teste l'avv. C difensore dell'opponente, che confermava che era sua l'accusa di "arroganza e malafede" dell'incolpato, che egli riteneva essere consapevole di non poter usare l'ingiunzione come titolo esecutivo, essendogli stata notificata l'opposizione prima d'aver chiesto l'esecutorietà provvisoria del decreto.
L'adito CO.A. ha ritenuto l'avv. C colpevole sia dell'uso di espressioni offensive contro il difensore di controparte che della utilizzazione come titolo esecutivo della ingiunzione che egli era consapevole essere stata oggetto di opposizione e come tale non eseguibile immediatamente;
ha quindi inflitto al ricorrente la sanzione della sospensione dlla professione per mesi due, con decisione del 28 aprile 2010, impugnata dl C al Consiglio nazionale forense (d ora: C.N.F.).
Con tale impugnazione il ricorrente in questa sede ha prospettato più motivi, il primo dei quali escludeva il carattere offensivo delle parole d lui usatetmentre il secondo eccepiva la mancanza dei presupposti di fatto e di diritto, per irrogare sanzioni e l'errata contestazione al ricorrente dell'uso dell'espressione "arroganza e malafede", che era stata utilizzata contro lo stesso incolpato dll'avv. C.
Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Messina, con decisione notificata il 9 giugno 2011, ritenute attribuibili all'avv. C contro l'avv. C le parole "arroganza e malafede" di cui sopra, ha affermato che le locuzioni usate dll'incolpato nelle sue difese dell'opposto, erano denigratorie della persona del collega contro il quale erano rivolte, perché del tutto estranee alla dialettica processuale.
Da tali parole appariva chiaro l'intento offensivo che le rendeva punibili in sede disciplinare in rapporto al primo capo di incolpazione;
anche il secondo capo d'incolpazione era risultato veritiero, avendo l'avv. C notificato il precetto, dopo avere ricevuto la notifica dell'opposizione a decreto ingiuntivo che escludeva che l'ingiunzione fosse titolo esecutivo, per cui la condotta del ricorrente risultava violativa degli artt. 5, 6, 8 e 14 del codice deontologico degli avvocati, essendo consapevole del carattere non esecutivo dell'ingiunzione a base del precetto d lui intimato.
Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Messina ha quindi irrogato la sanzione sopra richiamata, impugnata dl C con richiesta al C.N.F. di annullamento o di nullità della delibera relativa del CO.A. o di riduzione della punizione.
Ritenute denigratorie e offensive le affermazioni dell'avv. C contro il difensore di controparte, accusato d'ignorare il diritto e di essere professionalmente superficiale, con parole dirette contro la persona del collega e non contro la attività professionale e processuale di questo, il C.N.F. ha superato i vizi procedimentali denunciati con il ricorso perché irrilevanti sulla validità della decisione del Consiglio dell'ordine, affermando che la ritorsione, provocazione o reazione alle condotte del difensore di controparte non giustificano le offese negli scritti difensivi, di cui non erano esimenti.
Quanto poi alla richiesta di esecutività del decreto ingiuntivo tempestivamente opposto con atto notificato nel termine di quaranta giorni dlla ricezione dell'ingiunzione anche se pervenuto dopo tale termine all'opposto avv. C, sul piano disciplinare, si è affermata la scorrettezza di detto difensore con la richiesta della provvisoria esecuzione dell'ingiunzione che egli sapeva non esecutiva perché soggetta ad opposizione, a lui pervenuta oltre il termine in cui il decreto doveva essere opposto, ma consegnata nel termine per la notifica all'ufficiale giudiziario e d ritenere quindi tempestiva.
L'avv. C è stato ritenuto responsabile di entrambi i capi di incolpazione a suo carico, delle offese al collega e dell'abuso del processo, per cui è stata confermata la sanzione a suo carico della sospensione dll'esercizio della professione per mesi due per le condotte di cui sopra.
Per la cassazione di tale decisione del Consiglio nazionale forense, l'avv. C propone ricorso notificato il 13 novembre 2012, articolato in cinque motivi, non contrastato dl Consiglio dell'ordine degli avvocati di Messina.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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