Cass. civ., sez. I, sentenza 14/08/2019, n. 21403
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Qualora due società di capitali abbiano la medesima denominazione il conflitto tra i segni distintivi deve essere risolto attribuendo prevalenza all'iscrizione nel registro delle imprese, o nel registro delle società per il periodo che precede l'entrata in vigore della l. n. 580 del 1993, che è intervenuta per prima, senza che assuma rilievo né il mero pregresso utilizzo della stessa denominazione da parte di altra società, che ha cessato da tempo di operare e che faceva capo a familiari del socio di una della società registrata per seconda, né il fatto che la denominazione di quest'ultima coincida col cognome di uno di tali soci.
Sul provvedimento
Testo completo
C. I21403.19 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Oggetto DITTA E RAGIONE FRANCESCO A. GENOVESE Presidente SOCIALE - POSSIBILITÀ DI UMBERTO L. C. G. SCOTTI Consigliere CONFUSIONE - ACCERTAMENTO ANTONIO VALITUTTI Consigliere Ud. 31/05/2019 PU Cron. LOREDANA NAZZICONE Consigliere R.G. N. 17612/2015 MASSIMO FALABELLA Consigliere Rel. ha pronunciato SENTENZA sul ricorso 17612/2015 proposto da: C S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Crescenzio n.20, presso lo studio dell'avvocato P C, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato Testa Paolina Ines, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente -
contro
C Caffe' S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Porta Pinciana n. 4, presso lo studio dell'avvocato I F, 1791 2019 che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato Pasquini Alessandro, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente - avverso la sentenza n. 984/2014 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 18/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/05/2019 dal cons. F M;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto dell'eccezione preliminare, per il rigetto del ricorso con inammissibilità del settimo motivo;
uditi, per la ricorrente, gli Avvocati Cesare Persichelli e Paolina Ines Testa che hanno chiesto l'accoglimento;
udito, per la contro ricorrente, l'Avvocato Alessandro Pasquini che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
C s.p.a. agiva in giudizio nei confronti di 1. ― C Caffè s.r.l. lamentando l'utilizzo, da parte della convenuta, di una denominazione sociale confondibile con la propria, nonché l'impiego di marchi interferenti con i suoi segni distintivi e la concorrenza sleale posta in atto dalla stessa C Caffè ai propri danni. La società evocata in giudizio si costituiva e proponeva domanda riconvenzionale a tutela della propria ragione sociale e dei propri marchi, di cui a sua volta lamentava la contraffazione. Il Tribunale di La Spezia respingeva la domanda attrice e accoglieva parzialmente quella riconvenzionale, dichiarando che l'uso, da parte della società attrice, del marchio recante il segno C» nella commercializzazione del caffè era lesivo dei 2 diritti esclusivi spettanti alla convenuta;
in conseguenza inibiva alla società che aveva intrapreso il giudizio l'impiego del marchio registrato col n. 77555. 2. C s.p.a. proponeva appello che, nella resistenza di C Caffè, la Corte di appello di Genova respingeva con sentenza pubblicata il 18 luglio 2014. 3.- Contro tale sentenza C s.p.a. ha proposto un ricorso per cassazione basato su sette motivi. Resiste con C Caffè s.r.l.. Sono state depositatecontroricorso memorie. RAGIONI DELLA DECISIONE Il primo motivo oppone violazione e falsa 1. - applicazione dell'art. 2564 c.c., richiamato dall'art. 2567 c.c.. La ricorrente lamenta che la Corte di merito non abbia fatto corretta applicazione del secondo comma del cit. art. 2564 c.c., impiegando un elemento di valutazione del tutto estraneo rispetto la disciplina normativa: e cioè l'appartenenza di uno dei soci della società C Caffè alla famiglia che era una volta titolare della società di fatto Bazzel C & C., la quale aveva cessato la propria attività nel 1959. L'errore sarebbe consistito, ad avviso dell'istante, nel valorizzare, nel conflitto tra denominazioni sociali, il fatto che quella adottata per seconda sia costituita dal patronimico di uno dei soci. Il giudice distrettuale avrebbe dovuto invece fare applicazione del criterio della priorità e ciò avrebbe condotto a risolvere il conflitto in favore della ricorrente. Sottolinea inoltre la società istante che la sentenza impugnata aveva impropriamente richiamato l'art. 8, comma 2, c.p.i., il quale non attribuisce al socio di una società di capitali il diritto di utilizzare nell'ambito della denominazione della società il nome di famiglia. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa 3 applicazione degli artt. 2563, 2565 e 2556, comma 2, c.c.. Viene dedotto che la Corte distrettuale aveva conferito «una sorta di ultrattività» alla società di fatto Bazzel-C & C., che aveva cessato la propria attività nel 1959: il giudice del gravame aveva infatti erroneamente ritenuto che l'adozione della denominazione «C» da parte della controricorrente, costituita nel 1976, dovesse ritenersi valida per il sol fatto che l'attività intrapresa di quest'ultima si ricollegasse alla precedente attività di famiglia. Aggiunge che a norma dell'art. 2565, comma 1, c.c. la ditta non può essere trasferita separatamente dall'azienda;
deduce, inoltre, che la sentenza impugnata non si era curata di verificare se vi fosse stato un trasferimento di azienda dell'impresa cessata e se esso si fosse attuato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, come dispone l'art. 2556 c.c.. Col terzo motivo è lamentato l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti. Viene dedotto che la questione circa l'esistenza o meno di una continuità aziendale tra la società Bazzel-C & C. e la controricorrente aveva costituito oggetto di discussione tra le parti fin dal primo grado del giudizio;
viene altresì precisato che tale unità era stata contrastata dall'istante con la produzione di documenti. Il tema era stato tuttavia escluso dall'esame del giudice di appello. Col quarto mezzo la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 1. marchi (r.d. n. 929/1942) in relazione all'art. 17 della stessa;
la censura, altresì per violazione e falsa applicazione dell'art. 22 c.p.i., in relazione all'art. 12, comma 1, lett. b) e c), oltre che per violazione e falsa applicazione degli artt. 8 c.p.i. e del reg. 207/09/CE. E' sottoposto a critica il passaggio della sentenza impugnata in cui la Corte del merito ha affermato che entrambe le parti