Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/12/2009, n. 26809

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In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, il provvedimento di archiviazione previsto dall'art. 16, comma 5-bis, del d.lgs. n. 109 del 2006, rimesso al potere discrezionale del P.G. presso la Corte di Cassazione, ha natura amministrativa, con la conseguenza che non assume il carattere della definitività peculiare delle pronunce giurisdizionali aventi contenuto decisorio, e può, invece, essere successivamente revocato dallo stesso organo che l'ha emesso. La revoca resta soggetta all'obbligo di motivazione, essendo necessario esplicitare le ragioni che giustificano la nuova determinazione amministrativa.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/12/2009, n. 26809
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26809
Data del deposito : 19 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente f. f. -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di Sezione -
Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente di Sezione -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. ODDO Massimo - Consigliere -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 16835/2009 proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore;

- ricorrente -

contro
C.A. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CESI 21, presso lo studio dell'avvocato DELL'ANNO PIERPAOLO, che lo rappresenta e difende, per procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

e contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

- intimato -

avverso la sentenza n. 54/2009 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 07/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2009 dal Consigliere Dott. SALVAGO SALVATORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con nota del 13 aprile 2007, il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Napoli segnalava al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ed al Ministro della Giustizia la mancata partecipazione del Dott. C.A. , sostituto procuratore presso il Tribunale di Benevento, all'attività della Commissione di esami per l'abilitazione alla professione di Avvocato, sessione 2006, nonostante la sua richiesta di essere esonerato fosse stata formalmente respinta.
A seguito di nota del 26 novembre 2007 veniva avviato procedimento disciplinare nei confronti del Dott. C. che si concludeva con decreto di archiviazione del 13 dicembre 2007, vistato dal Procuratore Generale presso questa Corte, e non seguito dall'esercizio da parte del Ministro della facoltà prevista dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 16, comma 5 bis. La medesima segnalazione del 13 aprile 2007 generava tuttavia altra azione disciplinare questa volta avviata dal Procuratore Generale presso la Cassazione con nota del 27 febbraio 2008, con la quale veniva addebitata al magistrato violazione del D.Lgs. n. 109, art. 1 e art. 2, lett. r), per avere gravemente violato il dovere di correttezza e quello di diligenza, rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere;
e così compromettendo il prestigio delle funzioni giudiziarie esercitate.
La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura con sentenza del 7 maggio 2009, ha dichiarato improcedibile l'azione disciplinare, osservando: a) che l'archiviazione del P.G. ai sensi dell'art. 16, comma 5 bis, che si esaurisce nel circuito Procura Generale - Ministero senza coinvolgere il giudice disciplinare appare assimilabile più al provvedimento di archiviazione di cui all'art.414 c.p.c., che alla sentenza di non luogo a procedere emessa
all'esito dell'udienza preliminare ex art. 425 bis c.p.c., che è revocabile ai sensi del successivo art. 435 c.p.c.;
b) che per l'archiviazione processuale nel procedimento contro imputati noti vige il principio della improcedibilità dell'azione per il medesimo fatto, nei confronti delle medesime persone, da parte dello stesso ufficio, in assenza di un formale provvedimento di apertura delle indagini, - per cui ad analoga conclusione deve pervenirsi, in applicazione dei principi generali, per l'archiviazione disposta all'esito della fase predisciplinare anche per la continuità procedimentale caratterizzante l'attività del P.G.;
c) che, d'altra parte, ove la valutazione della insussistenza dell'inizio dell'azione venisse contraddetta da una successiva contrastante determinazione basata esclusivamente su una diversa valutazione degli stessi fatti in assenza di alcun elemento di novità, si introdurrebbe il principio di possibile contraddizione interna delle decisioni dello stesso ufficio, nonché una perdurante situazione di incertezza fino al termine utile per l'esercizio dell'azione incidente sul potenziale incolpato e rimessa al mero arbitrio dell'organo procedente. Per la cassazione della sentenza il P.G. presso questa Corte ha proposto ricorso per 6 motivi;
cui resiste con controricorso il Dott. C. .
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il Procuratore Generale, deducendo illogicità e contraddittorieta manifesta della motivazione, censura la decisione impugnata per avere da un lato affermato che la fase predisciplinare ha carattere amministrativo e non può essere equiparata all'archiviazione processuale;ma dall'altro concluso che invece l'archiviazione del P.G. abbia carattere preclusivo dovendo essere equiparata nella disciplina dei presupposti e degli effetti all'archiviazione di cui all'art. 414 c.p.p.. Con il secondo motivo, deducendo ulteriori illogicità della sentenza impugnata, si lamenta che la stessa ha fondato l'effetto preclusivo dell'archiviazione predisciplinare su categorie dagli incerti contorni, quali "la continuità procedimentale che caratterizza l'attività della Procura" ed il riferimento ad asseriti "principi generali" che invece dovevano essere dimostrati ed opportunamente definiti soprattutto nel loro contenuto;
per poi ammettere che anche l'archiviazione processuale, peraltro contrassegnata da un provvedimento giurisdizionale adottato da un giudice, è sempre superabile attraverso una possibile riapertura delle indagini subordinatamente all'autorizzazione rilasciata dal giudice. Con la conseguenza che la prima, per la mancanza dell'organo suddetto finirebbe per acquistare una stabilità sconosciuta alla seconda, cui pure la Sezione disciplinare ha ritenuto di equipararla. Con il terzo, deducendo violazione dell'art. 414 c.p.p., ed altre illogicità censura la decisione impugnata per non aver considerato la finalità dell'istituto che è quello di mitigare la rigidità del sistema dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare, invece trasformandolo attraverso un provvedimento di cui pur si riconosce la natura amministrativa, in una situazione assistita da irretrattabilità definitiva perfino rafforzata rispetto a quella dell'archiviazione processuale adottata da un giudice terzo. Il tutto senza che la situazione di incertezza altrimenti prospettata possa essere condivisa dato che per il provvedimento di archiviazione non è neppur prevista alcuna forma di comunicazione (se non al Ministro) o di ostensibilità, neppure all'interessato che perciò non è destinato a soffrire alcuna incertezza per il suo superamento e fino al termine massimo entro cui può essere proseguita l'azione disciplinare.
Con il quarto, denuncia l'illogicità della costruzione della Sezione per cui il P.G. dovrebbe adottare egli stesso un provvedimento di riapertura delle indagini, onde superare la preclusione conseguente all'archiviazione, con sovrapposizione istituzionale tra ufficio revocante ed ufficio destinatario della revoca;
ed illogica estensione alla situazione suddetta di principi peculiari del procedimento penale che presuppongono invece la presenza di due soggetti distinti p.m. giudice, nonché la loro dialettica immanente all'intero procedimento penale.
Con il quinto motivo, denuncia altra illogicità della decisione consistente nell'aver richiesto che la riapertura delle indagini sia giustificata da un fatto nuovo, poiché nello schema dell'art. 414 c.p.p., la relativa autorizzazione non è più necessaria tutte le
volte in cui l'ufficio che reputa di procedere è altro rispetto a quello che ha disposto l'archiviazione;per cui siccome la Procura generale della Corte di Cassazione è unica sul piano nazionale, questa organizzazione le precluderebbe la riapertura comunque consentita dalla norma processuale ad un ufficio diverso: perciò impedendo che una iniziale conclusione in ipotesi errata possa essere corretta per iniziativa di quest'ultimo, come è invece possibile proprio nel sistema che la Sezione ha ritenuto di estendere al procedimento disciplinare.
Con il sesto motivo, deducendo violazione del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, censura l'affermazione conclusiva della pronuncia, della assoluta impossibilità di esercitare l'azione disciplinare da parte del Procuratore generale nei confronti dello stesso incolpato e per lo stesso fatto, una volta che sia stato adottato un provvedimento di archiviazione predisciplinare, in quanto: a) non è possibile configurare un "principio generale", al contempo di non contraddizione dell'ufficio e di garanzia del magistrato interessato (l'incolpando), che comporterebbe il c.d. "esaurimento" ossia la consumazione del potere, una volta che questo sia stato "esercitato", anche nella forma negativa cioè con un atto espressivo di non esercizio;
ne' escludere la correlata facoltà di un "ripensamento" da parte del titolare dell'azione disciplinare, perché ciò sarebbe in contrasto con un "principio generale

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