Cass. pen., sez. I, sentenza 01/03/2023, n. 08756
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GIRALDO LORENZO nato a PIOVE DI SACCO il 22/12/1950 avverso la sentenza del 04/03/2021 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere E T;
udito l'Avvocato generale, P G, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio limitatamente al quarto motivo ed il rigetto nel resto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in preambolo la Corte di appello di Milano ha confermato quella resa dal 1'11 dicembre 2019 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como, in esito a giudizio abbreviato, ha dichiarato L G responsabile del reato d'incendio boschivo e, applicata la diminuzione per il rito, l'ha condannato alla pena di due anni e otto mesi di reclusione.
2. G è accusato di aver appiccato il fuoco ad arbusti secchi insistenti in una zona di pascolo cespugliato a ginestra in via d'imboschimento con betulle, così cagionando un incendio.
2.1 La Corte di appello di Milano ha disatteso i motivi di gravame, finalizzati a prospettare letture alternative delle risultanze di prova valorizzate dal primo giudice a sostegno dell'affermazione di responsabilità dell'imputato. In primo luogo, ha considerato quale dato probatorio pacificamente acquisito la natura dolosa dell'incendio, per il cui spegnimento era stato necessario l'intervento del personale del Nucleo Forestale. La relativa comunicazione di notizia di reato, infatti, pur dando atto del mancato rinvenimento di ordigni incendiari o residui di essi, poneva in risalto la compatibilità delle caratteristiche fisiche del punto d'insorgenza con un'accensione diretta mediante strumenti a fiamma libera, oltre al rilievo che le condizioni climatiche in quella zona non permettevano un innesco dovuto a cause naturali. Ritenuta, quindi, non contestata la natura d'incendio del fuoco, propagatosi su un'area di notevole dimensione, ha ritenuto altrettanto incontrovertibile la presenza dell'imputato sul luogo dell'incendio. Segnatamente, l'uomo era notato da testimoni, immediatamente dopo il propagarsi delle fiamme, a distanza di pochi metri dal punto d'innesco che si trova, a sua volta, a brevissima distanza dalla sbarra posta a chiusura della strada sterrata che conduce alla baita a lui in uso. Di particolare rilievo probatorio sono state ritenute le dichiarazioni della teste Kamienska che ha riferito di avere visto il ricorrente allontanarsi dal quel luogo a bordo della propria autovettura, unitamente alla moglie, proprio in contemporanea al divampare delle fiamme, frettolosamente e senza fermarsi a chiedere notizie ovvero dare l'allarme o, ancora, chiedere aiuto. Il movente del gesto era individuato nell'interesse del ricorrente, esperto cacciatore e detentore di diverse altane nella zona interessata dall'incendio, di garantirsi durante l'attività venatoria una migliore visuale, precedentemente occlusa dalla presenza degli alberi e degli arbusti, invece combusti nell'incendio. Escluso, dunque, qualsivoglia decorso causale alternativo, reputate inverosimili le giustificazioni della propria condotta rese dall'imputato in sede di esame, la Corte ha confermato la conclusione del giudice di primo grado, ritenendo che l'appellante avesse appiccato l'incendio per cui era stata tratto a giudizio.
3. L G ricorre per cassazione e deduce quattro motivi.
3.1. Con il primo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'omessa valutazione di «molti elementi ulteriori» posti all'attenzione della Corte che, al contrario, si è limitata a richiamare per ralationem le argomentazioni di quella di primo grado, in tal modo determinando un vulnus per il diritto di difesa.
3.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, sotto il profilo del travisamento della prova in punto di mancato scrutinio della parola della teste Almedras che avrebbe confermato la veridicità delle giustificazioni del ricorrente sulla propria condotta. La Corte territoriale ha trascurato sia lo stato di necessità in cui versava G, confermato dalla deposizione della teste.
3.3. Con il terzo motivo lamenta violazione dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen e vizio di motivazione in ordine alla mancata assoluzione dell'imputato, la cui responsabilità penale non è stata affermata «al di là di ogni ragionevole dubbio». Giusta la tesi difensiva, l'omessa valutazione degli elementi rivenienti dalle dichiarazioni della teste Almedras depotenzia la prova, meramente indiziaria, posta a fondamento dell'affermazione di
udita la relazione svolta dal Consigliere E T;
udito l'Avvocato generale, P G, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio limitatamente al quarto motivo ed il rigetto nel resto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in preambolo la Corte di appello di Milano ha confermato quella resa dal 1'11 dicembre 2019 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como, in esito a giudizio abbreviato, ha dichiarato L G responsabile del reato d'incendio boschivo e, applicata la diminuzione per il rito, l'ha condannato alla pena di due anni e otto mesi di reclusione.
2. G è accusato di aver appiccato il fuoco ad arbusti secchi insistenti in una zona di pascolo cespugliato a ginestra in via d'imboschimento con betulle, così cagionando un incendio.
2.1 La Corte di appello di Milano ha disatteso i motivi di gravame, finalizzati a prospettare letture alternative delle risultanze di prova valorizzate dal primo giudice a sostegno dell'affermazione di responsabilità dell'imputato. In primo luogo, ha considerato quale dato probatorio pacificamente acquisito la natura dolosa dell'incendio, per il cui spegnimento era stato necessario l'intervento del personale del Nucleo Forestale. La relativa comunicazione di notizia di reato, infatti, pur dando atto del mancato rinvenimento di ordigni incendiari o residui di essi, poneva in risalto la compatibilità delle caratteristiche fisiche del punto d'insorgenza con un'accensione diretta mediante strumenti a fiamma libera, oltre al rilievo che le condizioni climatiche in quella zona non permettevano un innesco dovuto a cause naturali. Ritenuta, quindi, non contestata la natura d'incendio del fuoco, propagatosi su un'area di notevole dimensione, ha ritenuto altrettanto incontrovertibile la presenza dell'imputato sul luogo dell'incendio. Segnatamente, l'uomo era notato da testimoni, immediatamente dopo il propagarsi delle fiamme, a distanza di pochi metri dal punto d'innesco che si trova, a sua volta, a brevissima distanza dalla sbarra posta a chiusura della strada sterrata che conduce alla baita a lui in uso. Di particolare rilievo probatorio sono state ritenute le dichiarazioni della teste Kamienska che ha riferito di avere visto il ricorrente allontanarsi dal quel luogo a bordo della propria autovettura, unitamente alla moglie, proprio in contemporanea al divampare delle fiamme, frettolosamente e senza fermarsi a chiedere notizie ovvero dare l'allarme o, ancora, chiedere aiuto. Il movente del gesto era individuato nell'interesse del ricorrente, esperto cacciatore e detentore di diverse altane nella zona interessata dall'incendio, di garantirsi durante l'attività venatoria una migliore visuale, precedentemente occlusa dalla presenza degli alberi e degli arbusti, invece combusti nell'incendio. Escluso, dunque, qualsivoglia decorso causale alternativo, reputate inverosimili le giustificazioni della propria condotta rese dall'imputato in sede di esame, la Corte ha confermato la conclusione del giudice di primo grado, ritenendo che l'appellante avesse appiccato l'incendio per cui era stata tratto a giudizio.
3. L G ricorre per cassazione e deduce quattro motivi.
3.1. Con il primo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'omessa valutazione di «molti elementi ulteriori» posti all'attenzione della Corte che, al contrario, si è limitata a richiamare per ralationem le argomentazioni di quella di primo grado, in tal modo determinando un vulnus per il diritto di difesa.
3.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, sotto il profilo del travisamento della prova in punto di mancato scrutinio della parola della teste Almedras che avrebbe confermato la veridicità delle giustificazioni del ricorrente sulla propria condotta. La Corte territoriale ha trascurato sia lo stato di necessità in cui versava G, confermato dalla deposizione della teste.
3.3. Con il terzo motivo lamenta violazione dell'art. 530, comma 2, cod. proc. pen e vizio di motivazione in ordine alla mancata assoluzione dell'imputato, la cui responsabilità penale non è stata affermata «al di là di ogni ragionevole dubbio». Giusta la tesi difensiva, l'omessa valutazione degli elementi rivenienti dalle dichiarazioni della teste Almedras depotenzia la prova, meramente indiziaria, posta a fondamento dell'affermazione di
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