Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 19/08/2009, n. 18378
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R F - Presidente -
Dott. D N V - Consigliere -
Dott. L T M - Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
Dott. D C V - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
S
sul ricorso proposto da:
A G, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 82, presso lo studio dell'avvocato R A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato B B, giusta mandato a margine del ricorso;
B F, elettivamente domiciliato in ROMA, VIAE PARIOLI 95, presso lo studio dell'avvocato E B, rappresentato e difeso dall'avvocato P A, giusta mandato a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
A G &GIOVANNI S.D.F., AIELLO AIMENTARI S.R.L.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1104/2005 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 05/10/2005 r.g.n. 1606/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/05/2009 dal Consigliere Dott. V D C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M M, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 24 marzo 1995, il Pretore di Cosenza, giudicando sulla controversia tra Franco Bosco e Gaspare Aiello in proprio e quale legale rappresentante della s.r.l. Alimentari Aiello, condannava l'Aiello, in proprio e nella detta qualità, a pagare al Bosco la somma di L. 90.657.864, oltre interessi e rivalutazione, a titolo di crediti di lavoro maturati tra il gennaio 1973 e il marzo 1990.
Avverso tale sentenza proponeva appello l'Aiello, in proprio e quale legale rappresentante della Aiello Gaspare e G Io Alimentari s.d.f., deducendo che il Pretore non aveva considerato che il Bosco era stato alle dipendenze dapprima della società di fatto e successivamente della s.r.l. e che quindi illegittimamente il primo giudice aveva ravvisato un unico rapporto di lavoro, protrattosi nel tempo senza soluzione di continuità.
Il Tribunale di Cosenza accoglieva l'appello e, in riforma dell'impugnata sentenza, rigettava la domanda proposta dal Bosco. Con sentenza n. 14975 del 2000 la Corte di Cassazione annullava la suddetta decisione per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti della Aiello Alimentari s.r.l., ritenuta litisconsorte necessaria, e rimetteva la causa dinanzi alla Corte d'appello di Catanzaro che, con sentenza depositata il 5 ottobre 2005, rigettava il gravame avverso la decisione di primo grado.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso Gaspare Aiello, affidato a tre motivi. Franco Bosco resiste con controricorso. Il ricorso è stato notificato anche alla società di fatto Aiello Gaspare e G Io Alimentari s.d.f. nonché ad Aiello Alimentari s.r.l. in persona del curatore fallimentare, entrambe rimaste intimate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 414 c.p.c., n. 3, nullità del procedimento e vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia. Deduce che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non conteneva l'esatta determinazione dell'oggetto della domanda e doveva pertanto considerarsi nullo. Il ricorso, infatti, pur avendo indicato l'esatto ammontare della somma pretesa, non aveva specificato quale parte della medesima somma doveva essere imputata alla società di fatto Aiello Gaspare e G Io Alimentari s.d.f. e quale invece alla Aiello Alimentari s.r.l..
Il motivo è infondato.
Nel rito del lavoro la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per omessa determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui essa si fonda, è ravvisabile solo quando attraverso l'esame complessivo dell'atto risulti impossibile l'individuazione esatta della pretesa del ricorrente ed il resistente non possa apprestare una compiuta difesa (cfr., ex plurimis, Cass. 16 gennaio 2007 n. 820). Nel caso in esame, premesso che non è posta in discussione la sussistenza della causa petendi, si osserva che, contrariamente a quanto assume il ricorrente, non sussiste il vizio di carenza di determinazione del petitum, atteso che, come correttamente ammesso in ricorso, il lavoratore aveva indicato l'esatto ammontare della somma complessivamente pretesa. Nè rileva, a favore della tesi del ricorrente, la circostanza che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado non conteneva la specificazione delle somme dovute rispettivamente dalla società di fatto Aiello Gaspare e G Io Alimentari s.d.f. e dalla Aiello Alimentari s.r.l. atteso che, essendo il ricorso fondato sull'assunto della sussistenza, di fatto, di un unico rapporto di lavoro subordinato, la suddetta specificazione non era necessaria, ma anzi sarebbe stata contraddittoria rispetto al suddetto assunto.
Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2118 c.c. in relazione all'art. 1372 cod. civ. nonché vizio di motivazione. Contesta in particolare la tesi, svolta dal giudice di primo grado e confermata dal giudice del rinvio, secondo cui, nel caso di specie, il rapporto di lavoro intercorso tra le parti doveva essere considerato unico in quanto le imprese formavano un complesso unitario per cui c'era stata una continuità del rapporto e doveva escludersi la configurabilità di una cessione del contratto. Deduce in proposito che il rapporto di lavoro con la s.d.f. si era risolto in data 17 gennaio 1985, quanto meno per mutuo consenso.
Il motivo è inammissibile, in quanto, al di là della terminologia usata (laddove denuncia violazione di norme di legge) esso concerne sostanzialmente il solo vizio di motivazione e, sotto tale profilo, sul punto relativo all'accertamento del giudice del merito con riferimento all'unicità del rapporto di lavoro, non evidenzia vizi logici ne' interne contraddittorietà, ma sollecita inammissibilmente in questa sede di legittimità il riesame delle risultanze istruttorie al fine di farne derivare una conclusione diversa da quella cui è pervenuto il giudice del merito con motivazione non illogica ne' intrinsecamente contraddittoria. Costituisce, infatti, principio del tutto pacifico che la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Col terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2948 c.c., nn. 4 e 5, nonché vizio di motivazione nella parte in cui il giudice del rinvio ha ritenuto infondata l'eccezione di prescrizione in mancanza di prova circa la stabilità del rapporto di lavoro. Si sostiene, in sostanza, che la Corte non avrebbe considerato che nel caso di specie la prescrizione non veniva fatta decorrere in costanza di rapporto, ma dal 18 gennaio 1985, data in cui era cessato il rapporto con la società di fatto a seguito dell'assunzione del lavoratore presso la s.r.l.. Anche questo motivo è infondato in quanto esso si basa su un presupposto che la Corte di merito, avendo ritenuto l'unicità del rapporto, ha considerato insussistente e cioè lo scioglimento del primo rapporto di lavoro in data 18 gennaio 1985. Poiché il motivo di ricorso precedente, che censura la suddetta conclusione della Corte, è stato rigettato anche questo motivo di censura segue la stessa sorte.
Col quarto motivo viene denunciato il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, relativo alla quantificazione delle spettanze del Grosso sull'assunto della mancata specifica contestazione dei conteggi, li ricorrente assume, in sostanza, che, avendo contestato in radice la sussistenza del credito non era necessaria la sua specifica contestazione.
Anche questo motivo è infondato alla luce del principio espresso, ad esempio, da Cass. 19 gennaio 2006 n. 945, secondo cui nei processo del lavoro l'onere di contestare specificamente i conteggi relativi al quantum - la cui inosservanza costituisce elemento valutabile dal giudice in sede di verifica del fondamento della domanda - opera anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del credito, poiché la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l'affermazione dell'erroneità della quantificazione, mentre la contestazione dell'esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, sia pure subordinata, in relazione alle caratteristiche generali del rito del lavoro, fondato su un sistema di preclusioni diretto a consentire all'attore di conseguire rapidamente la pronuncia riguardo al bene della vita reclamato. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del suddetto principio e deve essere pertanto confermata anche sotto questo profilo.
Il ricorso deve essere in definitiva rigettato.
In applicazione del criterio della soccombenza il ricorrente deve essere condannato al pagamento, nei confronti della parte costituita, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo.