Cass. pen., sez. IV, sentenza 01/02/2023, n. 04147
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CIPRIANI IOLE nato a FABRO il 18/05/1938 avverso la sentenza del 15/03/2021 della CORTE APPELLO di PERUGIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere D D;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore K T che ha concluso chiedendo RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Perugia ha confermato la sentenza del Tribunale di Terni che ha ritenuto C I colpevole del reato di cui all'art. 589, commi 1 e 2, cod. pen., perché alla guida della propria autovettura Daihatsu Sirion, con a bordo il coniuge V F, mentre percorreva la S.R. 71 nel territorio del Comune di città. della Pieve (PG), per imperizia, imprudenza ed inosservanza delle norme sulla circolazione stradale (artt. 141, comma 2 e 111 cod. strada), perdeva il controllo del mezzo invadendo l'opposta corsia di marcia da cui sopraggiungeva l'autovettura Jaguar CFI, condotta da F D, la quale veniva colpita dal veicolo condotto dalla C sulla parte posteriore sinistra. Quest'ultimo continuava la sua marcia sull'opposta corsia di marcia e, circa 50 metri più avanti, andava a collidere di fronte e di lato con l'autocarro Mercedes condotto da A F. Questi, nonostante il tentativo di frenata, non riusciva ad evitare l'impatto, a seguito del quale l'autovettura condotta dalla C rimaneva incastrata sotto la parte fronto - laterale sinistra dell'autocarro che la trascinava, così cagionando al V lesioni personali che lo conducevano a morte alcuni giorni dopo. 2. Avverso la sentenza di appello ricorre l'imputata per il tramite del difensore che solleva tre motivi. 2.1. Con il primo motivo, deduce inosservanza di norme processuali stabilite appena di inutilizzabilità ed erronea applicazione della legge penale, per essere stata assunta la testimonianza di Danilo F e Federico A, i quali dovevano, sin dall'inizio, essere sentiti quali persone imputate o sottoposte alle indagini. Le dichiarazioni di costoro sono inutilizzabili in quanto assunte in violazione dell'articolo 63, comma 2, cod. proc. pen., trattandosi di soggetti coinvolti nel sinistro e rispetto ai quali emergevano da subito elementi di possibile colpevolezza. Quanto al F: al momento della sua deposizione, era ipotizzabile un suo coinvolgimento processuale proprio in ragione della conclamata assenza di elementi da consentire la localizzazione del punto d'urto tra la sua vettura e quella della C. Quanto all'A: i Carabinieri intervenuti ritenevano che questi avesse ampiamente superato i limiti di velocità previsti per quel tratto di strada. Lo stesso Giudice di primo grado, all'udienza del 26/09/2016, aveva dichiarato che nei confronti dell'A si sarebbe dovuto agire in giudizio ritenendolo, in sostanza, un coimputato. La Corte di Appello ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni, ipotizzando un concorso colposo dell'A nella determinazione dell'evento. Eliminando, perché inutilizzabili, il contenuto delle dichiarazioni rese dall'A e del F, la sola perizia dell'ing. Maurizio T non consentirebbe di ritenere provata la responsabilità della C. 2.2. Con il secondo motivo, si lamenta il travisamento delle risultanze istruttorie in ordine al fatto decisivo della collocazione, nella corsia opposta, del punto d'urto tra la vettura condotta dalla C e quella condotta dal F, con conseguente travisamento dei fatti e violazione della legge penale. La Corte di merito ha erroneamente fondato il proprio convincimento sulla perizia dell'ing. T, secondo la quale l'urto con il veicolo dell'A, dal quale è scaturito il decesso del V, è stata diretta conseguenza della condotta tenuta dall'imputata che avrebbe invaso la corsia opposta. Detta circostanza, tuttavia, non emerge dalla relazione peritale ove si evidenzia che, per quel che concerne la prima collisione tra l'autovettura della C e quella condotta da F, non si hanno a disposizione elementi probanti per definire con puntualità ove sia avvenuta. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la mancanza di motivazione sulla scelta del materiale probatorio relativo alla collocazione, nella corsia opposta, del punto d'urto tra la vettura condotta dall'imputata e quella condotta dal F. La Corte di appello non ha illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto che il punto d'urto andasse localizzato nella corsia opposta alla C, né ha tenuto in debita considerazione il sapere scientifico introdotto nel processo dal perito, in sede di incidente probatorio, e dal consulente di parte, geom. T, in dibattimento. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 2. È invero inammissibile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett. c), e art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongano acriticamente le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dai giudici del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici e, anzi, meramente apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell'art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. all'inammissibilità (ex multis, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568 - 01). Il Collegio ricorda, poi, che la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente analizzato e descritto le coordinate ed i limiti entro cui deve svolgersi il controllo sulla motivazione dei provvedimenti giudiziari (cfr., ex multis: Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260 - 01;Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944 - 01). In particolare, è stato più volte chiarito che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato è - per espressa disposizione legislativa - rigorosamente circoscritto a verificare che la pronuncia sia sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica, non fondate su dati contrastanti con il "senso della realtà" degli appartenenti alla collettività ed esenti da vistose ed insormontabili incongruenze tra di loro. Occorre inoltre che la motivazione non sia logicamente inconciliabile con "atti del processo" - specificamente indicati e rappresentati dal ricorrente - che siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. In altri termini - in aderenza alla previsione normativa che attribuisce rilievo solo al vizio della motivazione che risulti "dal testo del provvedimento impugnato" o da "altri atti del processo" specificamente indicati e rappresentati nei motivi di gravame - il controllo di legittimità si appunta sulla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia la oggettiva "tenuta" sotto il profilo logico-argomentativo. Al giudice di legittimità è invece preclusa - in sede di controllo sulla motivazione - la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente e plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa).
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