Cass. pen., sez. III, sentenza 22/12/2020, n. 36915

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 22/12/2020, n. 36915
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36915
Data del deposito : 22 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: VITTALINI IURY nato a COMO il 22/09/1977 avverso la sentenza del 28/03/2019 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale P M, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. udito il difensore presente, Avv. LUCIANO CAGLIO MONETA, in sostituzione dell'Avv. GIUSEPPE SASSI, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. DEFOTATA I? CCELL. 7 2 DC o

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza della Corte di Appello di Milano, pronunciata in data 28 marzo 2019, veniva confermata integralmente la sentenza del Tribunale di Como del 22.09.2017, appellata dal V, che era stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione, con il concorso di circostanze attenuanti generiche, per il reato di cui all'art. 2, D.Igs. 74/2000 (perché, nella qualità del Presidente del C.d.A. della società Wita Team s.r.I., al fine di evadere le II.DD. e VIVA, indicava nella dichia- razione annuale dei redditi per l'anno 2011, relativa a dette imposte, elementi passivi fittizi utilizzando la fattura n. 17 del 6.02.2011, per l'importo complessivo di C 37.994, relativa ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, fattura emessa dalla società SPONSORSPORT s.r.I., in relazione a fatti contestati come commessi in data 28.09.2012 ed accertato in data 23.09.2015).

2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, iscritto all'Albo speciale previsto dall'art. 613, cod. proc. pen., articolando due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motiva- zione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di inosservanza ed erronea appli- cazione della legge penale ex art. 606 co.1 lett.b) c.p.p. in relazione all'art. 2 d.lgs. 74/2000 e correlato vizio di mancanza, contraddittorietà, illogicità della motiva- zione di cui all'art. 606 co.1 lett.e) c.p.p. In sintesi, con il primo motivo di ricorso, si denuncia sia l'assenza di moti- vazione da parte della Corte di Appello di Milano in ordine alle censure già sollevate in sede di gravame alla decisione di primo grado, sia la presenza di una motiva- zione apparente in relazione al concorso dell'asserito utilizzatore nella fattispecie di " truffa carosello". In sostanza, il ricorrente, con riferimento generale alla dottrina e alla giu- risprudenza in tema di qualificazione giuridica della fattispecie di frode fiscale e truffe carosello, giunge ad affermare che è applicabile in capo alla "cartiera" l'art. 8 d.lgs. 74/2000 ed in capo all'acquirente la fattispecie di cui all'art. 2 d.lgs. 74/2000. Inoltre, ripercorrendo le censure sollevate con l'atto di appello, sostiene che i giudici di appello non avrebbero applicato correttamente i canoni di valuta- zione imposti dall'art. 192 c.p.p. con particolare riferimento alla sussistenza o meno di una piena consapevolezza e partecipazione dell'imputato all'asserita frode, nella specie dolo specifico di evasione, che avrebbe dato origine alla notizia di reato, costituita da un P.V.C. che non avrebbe tenuto conto degli elementi della 4 A a e: frode stessa. Infine, sostiene che non sarebbe consentito, nel processo penale l'ap- plicazione di mere presunzioni tipiche del processo tributario, soprattutto se si tratta del cessionario, per ciò che attiene all'elemento costitutivo della consapevo- lezza della frode che non potrebbe essere dato per presunto.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di inosservanza ed erronea ap- plicazione della legge penale ex art. 606 co.1 lett.b) c.p.p. in relazione all'art. 131 bis, comma 4 c.p. In sintesi, con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte di appello nella mancata applicazione dell'art. 131 bis co. IV c.p. Nella specie, da un lato, i giudici avrebbero ritenuto applicabile l'art. 131 bis co.IV c.p. alla stregua del disvalore della fattispecie, delle modalità della condotta, della esiguità del danno o pericolo;
dall'altro, avrebbero sostenuto che la fattispecie non fosse applicabile, considerato l'applicazione nel minimo (1 giorno) della riconosciuta attenuante ex art. 13 comma 1 bis, D. Igs. 74 del 2000. Sul punto, i giudici avrebbero errato nel ritenere che laddove l'attenuante ex art. 13 comma 1 bis T.U. non preveda un minimo di riduzione della pena, si dovrebbe operare la riduzione di un giorno, con conseguente inapplicabilità dell'art. 131 bis comma IV c.p. Il ricorrente sostiene invece che la fattispecie dell'art. 131 bis co.IV c.p. sia una fattispecie del tutto autonoma e che, nel caso di attenuanti ad effetto speciale che non prevedono un minimo di riduzione, o si dovrebbe consentire un'applica- zione nel massimo di riduzione prevista, oppure un'applicazione in concreto dell'at- tenuante parametrando la riduzione all'effettivo disvalore del fatto sottoposto al vaglio del giudice. Pertanto, per evitare la disapplicazione dell'art. 131 bis co.IV c.p. e l'omessa valutazione del disvalore del fatto, in caso di attenuanti ad affetto spe- ciale che non prevedono un minimo di riduzione della pena, il Giudice dovrebbe applicare in concreto l'attenuante ad effetto speciale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo di ricorso comporta la necessità di affrontare l'annoso tema delle frodi carosello.-te.1.42*-1,Z Nelle operazioni c.d. "frodi carosello" ricadono le fattispecie criminose di cui agli artt. 2 e 8 D.Igs. n. 74/2000, rispettivamente "dichiarazione fraudolenta me- diante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" ed "emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti". La fattispecie più utilizzata riguarda la vendita di prodotti o servizi da parte di una società "interposta" (che ha acquistato gli stessi da fornitore intracomuni- tario, quindi senza applicazione dell'IVA) alla società "interponente" (reale inte- ressata all'acquisto dei prodotti). Rilevato che la successiva operazione di vendita viene svolta in Italia, la fattura dell'interposto è comprensiva d'IVA, che l'interpo- nente versa all'interposto, permettendogli di andare a credito. A questo punto la società interposta scompare dalla circolazione, senza provvedere al versamento dell'IVA a debito relativa alla vendita effettuata nei confronti dell'interponente. I reati anzidetti, previsti dagli artt. 2 e 8 del D.Igs. n. 74/2000, infine, non prevedono soglie quantitative di punibilità, e quindi si consumano anche se trattasi di fatture di modesto importo, salva l'applicazione di un'attenuante (recentemente reintrodotta al co.

2-bis dall' art. 39, comma 1, lett. b), D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157), nel caso in cui l'ammontare degli elementi passivi fittizi sia inferiore a euro centomila, appli- candosi in tal caso la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Attraverso l'interposizione di un soggetto che acquisti fittiziamente dal for- nitore comunitario e rivenda al reale compratore assumendosi quindi l'integrale debito d'imposta, l'effettivo acquirente si trova ad utilizzare fatture alle quali è applicata VIVA, così da ottenere il diritto alla detrazione;
gli importi pari all'IVA, formalmente versati dal reale acquirente all'interposto, vengono poi divisi tra i due interessati atteso che, di regola, l'interposto stesso non presenta alcuna dichiara- zione ovvero, pur presentandola, non provvede (ovviamente) al pagamento dell'imposta. Le imprese c.d. "interposte" sono anche conosciute come "società cartiere", ed hanno in comune una o più delle seguenti caratteristiche: sono ditte individuali o società a responsabilità limitata, intestate ad un "prestanome" nullatenente che spesso non possiede una specifica esperienza imprenditoriale;
forniscono, attra- verso una fittizia copertura contabile e documentale, una parvenza di regolarità alle predette operazioni;
riducono o azzerano l'imposta dovuta sugli acquisti sia attestando fittiziamente di effettuare "acquisti intracomunitari" da fornitori comu- nitari sia acquistando da fornitori nazionali ai quali presentano false "dichiarazioni d'intento", in entrambi i casi non imponibili IVA, e vendendo, solo formalmente, ad altri operatori nazionali accumulando una considerevole IVA a debito che non versano. La frode carosello consiste nell'interposizione di soggetti fittizi nelle transa- zioni effettuate e il contestuale omesso versamento dell'imposta, mentre la fattu- razione di un'operazione inesistente presuppone invece una divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale;
ciò che caratterizza l'ope- razione inesistente (che può essere oggettiva e soggettiva) è il fatto che l'effetto giuridico dell'acquisto del bene o servizio, apparente dalla fattura, non si produce, e in particolare: l'operazione oggettivamente inesistente presuppone una simula- zione assoluta dell'operazione imponibile fittiziamente rappresentata in fattura ma, in realtà, non realizzata. In tale ipotesi, la fattura rappresenta il simulacro di un'operazione mai effettuata;
l'operazione soggettivamente inesistente presup- pone che la fornitura del bene o servizio sia effettivamente acquisita dall'impresa utilizzatrice delle fatture: tuttavia, uno o entrambi i soggetti del rapporto sono "falsi". Di regola, il fornitore è un soggetto diverso dal fatturante.

3. A seconda dell'origine della merce ed attraverso il distorto utilizzo dei vari regimi di non imponibilità previsti dalla normativa fiscale, esistono due tipi di schema: le società cartiere possono assumere l'onere del mancato versamento dell'IVA relativa alla successiva cessione in ambito nazionale della merce di pro- venienza comunitaria (ai sensi degli artt. 38 e ss. D.L. 331/1993) attraverso lo schema di frode, chiamato triangolazione in cui una società effettua una cessione di beni intracomunitaria ad una società fittizia, localizzata in un altro Stato, la quale integra la fattura proveniente dal cedente e liquida l'imposta dovuta, senza necessità, tuttavia, di effettuare alcun versamento all'Erario, dal momento che la contestuale detrazione dell'IVA neutralizza l'imposta a debito e l'obbligo del rela- tivo versamento. Successivamente la società effettua una cessione interna ad un terzo soggetto passivo, incassa VIVA addebitata ma, prima di scomparire, non versa all'Erario VIVA sugli acquisti che ha effettuato dalla società fittizia. Può invece integrarsi l'altro schema, il quale prevede la presentazione al fornitore nazionale di false dichiarazioni di intento per l'esportazione in assenza dei requisiti previsti dal combinato disposto dell'art. 8, c. 1 lett. c) del D.P.R. 633/1972 e dell'art. 1, c. 1, lett. a) e c) del D.Lgs. 746/83. Per alcuni prodotti (telefonia, personal computer, e altri) più sensibili alla realizzazione di frodi caro- sello opera la c.d." solidarietà passiva" al pagamento dell'IVA (art. 60-bis del D.P.R. 633/1972, introdotto dalla L. 311/2004), che ha disposto, nel caso di man- cato versamento dell'imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori ai valori normali, che il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini IVA, sia obbligato solidalmente al pagamento dell'imposta. Per quanto riguarda infine le sanzioni, l'art. 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) del D.Igs. 74/2000, come da ultimo modificato dall'art. 39, comma 1, lett. a), D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157, stabilisce che "È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o docu- menti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria". In aggiunta, l'art. 8 dello stesso decreto (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) stabilisce che "È punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti". La cosiddetta frode carosello, quindi, racchiude contemporaneamente due aspetti, dal momento che l'emissione, ascritta a carico delle imprese interpo- ste/cartiere, di fatture per operazioni inesistenti nei confronti dell'interponente è una condotta prevista e punita dall'art. 8 del D.Lgs. 74/2000 e, di riflesso, nei confronti di quest'ultimo potrà ravvisarsi il reato di cui all'art. 2 del D.Lgs. 74/2000, in quanto avvalsosi degli "elementi passivi fittizi" (di cui la definizione viene fornita all'art. 1 lett b) modificata dal D. Lgs. 158/2015) originati dalle dette fatture per operazioni inesistenti in sede di dichiarazioni. Inoltre, nel caso in cui le fatture, per quanto false, sottendano ad uno scambio reale di merci, sia nel caso in cui non provengano dall'interposto, ma direttamente dal fornitore comunitario o nazionale, sia nel caso in cui l'interposto abbia solo prestato la propria disponibilità di stoc- caggio per pochissimi giorni o solo l'opera di trasportatore, le fatture saranno sog- gettivamente inesistenti, in quanto recanti quale fornitore un soggetto non real- mente parte contrattuale (e cioè l'interposto/cartiera). Al contrario, se non vi è stata, in realtà, alcuna cessione di merci, si avranno fatture oggettivamente ine- sistenti. Bisogna infine ricordare che con la sentenza n. 8722/2013, questa Corte di legittimità ha ritenuto che in presenza di fatture soggettivamente inesistenti il giu- dice può ridurre fino alla metà del minimo le sanzioni, quando è manifesta la spro- porzione delle stesse rispetto all'entità del tributo.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi