Cass. pen., sez. V trib., sentenza 03/10/2022, n. 37253

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 03/10/2022, n. 37253
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 37253
Data del deposito : 3 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DORDEVICH SAMANTA, nata a TORINO il 09/05/1994 EMINOVIC EMIY, nato a GUASTALLA il 30/05/1996 avverso la sentenza del 1/12/2021 della Corte d'appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza dell'art. 16 del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228;
udita la relazione svolta dal Consigliere A T;letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
Lette le conclusioni della parte civile;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata del 1 dicembre 2021, la Corte d'appello di Torino ha confermato la decisione del Tribunale di Cuneo del 12 aprile 2021, con la quale è stata affermata la responsabilità penale di S D e E E per il reato di furto in abitazione, aggravato dalla violenza sulle cose.

2. Avverso la sentenza indicata hanno proposto ricorso le imputate, con unico atto a firma del comune difensore, Avv. V P, affidando le proprie censure ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., con il quale si deduce vizio della motivazione in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione della pena, avendo al riguardo la Corte territoriale trascurato di considerare le condizioni personali e sociali delle imputate e non ottemperato all'onere di specifica giustificazione del quantum sanzionatorio, tanto più stringente nei casi - qual è quello in esame - in cui la pena si discosti dal minimo edittale, nella prospettiva, costituzionalmente imposta, della funzione rieducativa della sanzione. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili.

1. L'unico motivo dei ricorsi, con il quale si deduce vizio della motivazione sui punti relativi al diniego delle attenuanti generiche ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio, sono generici e, comunque, manifestamente infondati.

1.1.1. Quanto al primo punto, va in primis rilevato come le ricorrenti non rappresentano quale positivo indicatore, in ipotesi prospettato nell'atto d'appello e decisivo nella prospettiva auspicata, sarebbe stato, invece, ingiustificatamente ignorato, in tal modo evidenziando già l'aspecificità della censura, ma individuano un profilo di contraddittorietà della motivazione nella parte in cui le condizioni personali e sociali delle imputate sarebbero state valorizzate esclusivamente ai fini dell'esclusione della recidiva. Trattasi di deduzione manifestamente infondata. Il giudizio inerente la recidiva è, invero, del tutto autonomo ed indipendente rispetto alla valutazione di cui all'art. 62-bis cod. pen (Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino, Rv. 275319) e, in particolare, la stessa esistenza di precedenti penali specifici può rilevare ai fini del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge anche quando il giudice, sulla base di una valutazione complessiva del fatto oggetto del giudizio e della personalità dell'imputato, esclude che la reiterazione delle condotte denoti la presenza di uno spessore criminologico tale da giustificare l'applicazione della recidiva (Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, 5., Rv. 280444). Del resto, la valutazione sottesa al giudizio circa la concessione delle attenuanti generiche si declina attraverso un ampio spettro di indicatori e, nel motivarne il diniego, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati, sempre che siffatta valutazione tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall'interessato (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, dep. 2022, B, Rv. 282693).

1.1.2. Nel caso in esame, la Corte di merito ha reso una motivazione del tutto in linea con gli enunciati principi, dando conto — con valutazione che non evidenzia margine alcuno di irragionevolezza — della irrilevanza della confessione, intervenuta tardivamente ed a fronte di un quadro probatorio univoco e consolidato;
della professionalità dimostrata non solo attraverso le modalità del furto in abitazione, previa effrazione, di beni di ingente valore, ma anche dalla disponibilità di canali di smercio della refurtiva, mai recuperata, in tal modo reputando recessive la giovane età e le condizioni personali delle imputate che, pur in un quadro di plurimi precedenti specifici, avevano giustificato, in primo grado, l'esclusione della recidiva. Si tratta di un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile nella presente sede di legittimità, in quanto non contraddittoria ed esplicativa degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, P, Rv. 271269).

1.2. E', per gli stessi motivi, generico e manifestamente infondato il secondo punto di censura, che attinge la determinazione della pena. Premesso che solo l'irrogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall'art. 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Rv. 276932) e che, nel caso in esame, la pena della reclusione irrogata è di soli tre mesi superiore al minimo, va anche al riguardo rilevato come gli indicatori enunciati nella sentenza impugnata non rivelino alcun uso distorto del potere giudiziale di commisurazione, né si pongono in rapporto di tensione con la funzione rieducativa della pena. Per altro verso, va qui ribadito come, ai fini della determinazione della pena, il giudice possa - come nel caso in esame - tenere conto più volte del medesimo dato di fatto sotto differenti profili e per distinti fini, senza che ciò comporti lesione del principio del "ne bis in idem" (Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, M., Rv. 275904 in fattispecie in cui è stata ritenuta immune da vizi la motivazione della Corte d'appello che ha fatto riferimento ai medesimi elementi indicativi della gravità del fatto per determinare la pena in misura superiore al minimo e per negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche). Ne consegue che la motivazione resa dalla Corte d'appello di Torino s'appalesa incensurabile, con conseguente inammissibilità dei ricorsi.
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