Cass. pen., sez. V, sentenza 02/03/2022, n. 07541
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iato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: M FANK nato il 12/08/1970 avverso la sentenza del 30/03/2021 della CORTE APPELLO DI VENEZIAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere G F letta la requisitoria scritta presentata - ex art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 - dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione VINCENZO SENATORE, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 30 marzo 2021 (dep. il 27 aprile 2021) la Corte di appello di Venezia, a seguito del gravame interposto nell'interesse di F M, ha confermato la pronuncia in data 18 maggio 2016 con la quale il G.u.p. del Tribunale di Venezia, all'esito di giudizio abbreviato, aveva affermato la responsabilità dell'imputato per il delitto aggravato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico e, concesse le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, lo aveva condannato alla pena sospesa di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali (ed aveva rigettato la domanda risarcitoria avanzata dalla parte civile E R).All'imputato - che prestava servizio quale Carabiniere - è stato contestato di essersi introdotto per finalità private nel sistema informativo dalla banca dati delle Forze di polizia, in particolare, per scaricare visure relative a veicoli di proprietà dell'ex coniuge della propria convivente (il menzionato E R), che sono poi state prodotte in un procedimento civile. 2. Avverso la sentenza di secondo grado è stato proposto ricorso per cassazione nell'interesse dell'imputato, denunciando - con un unico motivo (di seguito esposto, nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) - la violazione di norme processuali poste a pena di nullità (art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.), indicate negli artt. 604, comma 2, 522, commi 1 e 2, 178, comma 1, lett. b), e 179 cod. proc. pen., poiché è stata ritenuta contestata in fatto la circostanza aggravante di cui all'art. 615-ter, comma 3, cod pen., per esser stato commesso il fatto con riguardo a un sistema di interesse pubblico. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è fondato, nei termini che seguono, e deve essere accolto;e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione. 1. Il ricorrente ha dedotto che i Giudici di merito avrebbero ritenuto, in maniera erronea, che sia stata ritualmente contestata in fatto la commissione del reato in relazione a un sistema di interesse pubblico, aggravante di cui la Corte territoriale ha ravvisato gli estremi, in quanto: - si tratta di una circostanza che include componenti valutative (nel caso di specie, correlata pure al fatto che l'imputato non ha fatto accesso - mediante le credenziali di cui disponeva legittimamente come Carabiniere - all'intero sistema informatico delle Forze di polizia, ma soltanto alla banca dati ACI per effettuare visure relative a taluni veicoli) in relazione alla quale, come chiarito dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 275436 - 01), non è sufficiente la mera contestazione in fatto;- dunque, si è determinata la nullità della sentenza per violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza (art. 522 cod. proc. pen.);- il vizio costituirebbe una violazione delle disposizioni relative all'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e, pertanto, integrerebbe una nullità assoluta insanabile e rilevabile del giudice in ogni stato e grado del procedimento.
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