Cass. pen., sez. II, sentenza 17/05/2023, n. 21080

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Il provvedimento analizzato è una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, che ha esaminato i ricorsi presentati da tre imputati contro una sentenza della Corte d'appello di Bari. Le parti hanno sollevato questioni giuridiche riguardanti la legittimità delle pene inflitte per estorsione aggravata, contestando in particolare l'applicazione delle circostanze attenuanti e aggravanti. L'imputato B ha sostenuto l'illegittimità dell'aggravante mafiosa, mentre gli imputati C e A hanno contestato la misura delle pene pecuniarie e la motivazione relativa all'aumento di pena per l'aggravante mafiosa, nonché il diniego della circostanza attenuante del risarcimento del danno.

Il giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso di B, evidenziando che la rinuncia a un motivo di appello precludeva la possibilità di contestarlo in sede di legittimità. Tuttavia, ha accolto i ricorsi di C e A, ritenendo che la motivazione della sentenza impugnata fosse carente e non conforme ai principi di diritto riguardanti la determinazione delle pene. In particolare, ha sottolineato la necessità di una motivazione adeguata quando le pene inflitte superano significativamente i limiti edittali. La Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando per un nuovo giudizio, mentre ha dichiarato irrevocabile il giudizio di responsabilità per i reati ascritti.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 17/05/2023, n. 21080
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21080
Data del deposito : 17 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: TO NC nato a [...] il [...] BR EL nato a [...] il [...] NO IC nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 16/11/2021 della Corte d'appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Sergio Di Paola;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pasquale Serrao D'Aquino, che ha concluso chiedendo annullarsi con rinvio la sentenza impugnata nei confronti di RE FE e AN EL, dichiararsi l'inammissibilità del ricorso proposto nell'interesse di BA CE;
lette la memoria depositata a mezzo pec il 2 febbraio 2023 dall'Avv. Nicola Quaranta, nell'interesse del ricorrente RE FE, che ha chiesto accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Bari, con la sentenza impugnata in questa sede, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal G.u.p. del Tribunale di Bari in data 14 luglio 2020 nei confronti di BA CE, RE FE e AN EL, rideterminando le pene loro inflitte, riconosciute per tutti gli imputati "le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti diverse da quella di cui all'art. 416 bis.1 cod. pen.", confermando il giudizio di responsabilità in ordine ai reati di estorsione aggravata in concorso.

2. Ha proposto ricorso la difesa dell'imputato BA CE, deducendo con unico motivo di ricorso la violazione di legge in relazione all'art. 416 bis.1 cod. pen., quanto alla riconosciuta sussistenza della circostanza aggravante del ricorso al metodo mafioso.

3. Ha proposto ricorso la difesa dell'imputato RE CE deducendo, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge, in relazione agli artt. 132 e 629 cod. pen., per l'illegalità della pena irrogata, in misura superiore al massimo edittale quanto alla pena pecuniaria.

3.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 132 e 416 bis.1 cod. pen., quanto all'aumento applicato per la circostanza aggravante del ricorso al metodo mafioso, nella misura massima senza alcuna motivazione sul punto e pur avendo determinato la pena base per il delitto di estorsione nel minimo edittale.

3.2. Con il terzo motivo si deduce vizio della motivazione, perché carente, in ordine al diniego della circostanza attenuante del risarcimento del danno e della conseguente riduzione della pena, a fronte dello specifico motivo di appello proposto.

3.3. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge, in relazione agli artt.62 bis, 63, 69 e 629 cod. pen., con riferimento al calcolo della diminuzione delle riconosciute attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, operato in modo errato perché computato prima dell'aumento della pena per effetto della circostanza aggravante prevista dall'art. 416 bis.1 cod. pen.

4. Ha proposto ricorso la difesa di AN EL deducendo, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge in relazione agli artt. 63, comma 4, 416 bis.1 cod. pen., e vizio della motivazione, in ordine all'aumento per l'indicata circostanza aggravante nella misura massima, in difetto di adeguata motivazione tenuto conto della commisurazione della pena base per il delitto di estorsione nel

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