Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/03/2016, n. 5072
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In materia di pubblico impiego privatizzato, il danno risarcibile di cui all'art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, non deriva dalla mancata conversione del rapporto, legittimamente esclusa sia secondo i parametri costituzionali che per quelli europei, bensì dalla prestazione in violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori da parte della P.A., ed è configurabile come perdita di "chance" di un'occupazione alternativa migliore, con onere della prova a carico del lavoratore, ai sensi dell'art. 1223 c.c.
In materia di pubblico impiego privatizzato, nell'ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall'art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso - siccome incongruo - il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all'art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come "danno comunitario", determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l'indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l'onere probatorio del danno subito.
Sul provvedimento
Testo completo
in 5072/16 E T N E S Oggetto E REPUBBLICA ITALIAA IN NOME DEL POPOLO ITALIAO Lavoro a tempo LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE determinato delle SEZIONI UNITE CIVILI pubbliche amministrazioni Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: R.G.N. 27025/2009 Primo Pres.te f.f. Dott. LUIGI ATONIO ROVELLI R.G.N. 27029/2009 Presidente Sezione Dott. RENATO RORDORF - Cron. 5072 Rel. Pres. Sezione Dott. GIOVANI AMOROSO - - Rep. Consigliere Dott. R B - Ud. 01/12/2015 Dott. AURELIO CAPPABIACA Consigliere PU Dott. V D C Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETAO Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIACOLA Consigliere ConsigliereDott. P C ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 27025-2009 e 27029-2009p roposto da: AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA SA MARTINO DI 2015 GENOVA, in persona del Direttore Generale pro-tempore, 521 elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SATA COSTAZA 46, presso 10 studio dell'avvocato LUIGI MACINI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C C, per delega a margine del ricorso;
ricorrente
contro
MARROSU CRISTIAO, SRDGLC76C06D969M,SARDINO GIALUCA in ROMA, VIA G. MONTAELLI elettivamente domiciliati 11, presso lo studio dell'avvocato ALESSADRO ADRIOLA, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIOVANI BISSOCOLI, per delega a margine del controricorso;
controricorrenti avversO la sentenza n. 974/2009 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 09/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2015 dal Presidente Dott. GIOVANI AMOROSO;
uditi gli avvocati Massimiliano ALOI per delega BELLIENI perdell'avvocato Carlo Ciminelli, Giuseppe delega dell'avvocato Giovanni BISSOCOLI;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. UMBERTO APICE, che ha concluso per l'accoglimento, p.q.r., del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Cristiano M e Gianluca S hanno adito con separati ricorsi il Tribunale di Genova per chiedere l'accertamento dell'illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro intercorsi con l'Azienda Ospedaliera San Martino di Genova con la qualifica di operatore tecnico-cuoco (ultimo contratto di sei mesi per il M decorrente dal 10 gennaio 2002, preceduto da altri quattro contratti, e per il S decorrente dall'11 gennaio 2002, preceduto da altri tre contratti e sempre a tempo determinato, stipulati a decorrere dal 1999), con conseguente diritto alla declaratoria di instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato, illegittimamente interrotto, si da giustificare la richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro, la condanna del datore al versamento di un'indennità non inferiore a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto nonché al risarcimento del danno non inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre all'indennità sostitutiva del preavviso. - previo incidente di pregiudizialità comunitaria, in Il Tribunale di Genova ordine alla compatibilità con la direttiva 1999/70/CE della disciplina interna nella parte in cui preclude per il settore pubblico (a differenza di quello privato) la tutela della costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione delle norme in tema di apposizione del termine ha dichiarato illegittimo l'ultimo dei --- contratti stipulati dai lavoratori (per mancata indicazione delle causali giustificative), condannando l'ente al risarcimento del danno, secondo quanto previsto dall'art. 18, quarto e quinto comma, legge 20 maggio 1970, n. 300, utilizzato quale criterio di parametrazione adeguato, effettivo e dissuasivo, in linea con i parametri indicati dalla Corte di giustizia U.E. Il giudice di primo grado ha tuttavia differenziato le posizioni dei lavoratori nella concreta liquidazione del danno: infatti, ad entrambi è stato riconosciuto il risarcimento nel valore minimo di cinque mensilità, mentre l'indennità sostitutiva della reintegrazione è stata attribuita per intero (quindici mensilità) al S, che dopo il rapporto a termine non aveva più lavorato, e contenuta in un'indennità pari a dieci mensilità per il M, che invece aveva trovato un'occupazione, sia pure con minori garanzie di stabilità rispetto al servizio pubblico.
2. La Corte di appello di Genova, con sentenza del 9 gennaio 2009, ha respinto l'appello proposto dall'ente pubblico, osservando in particolare che la censura relativa 27025 e 27029/2014 r.g.n. 4 ud. I dicembre 2015 alla mancata prova del danno da parte dei lavoratori era infondata in quanto era stato utilizzato un criterio equitativo a carattere forfetizzato e predeterminato (anche se la liquidazione era stata parzialmente graduata in concreto per effetto della nuova occupazione lavorativa rinvenuta dal M), tale da adeguare il risarcimento alla perdita del posto di lavoro - danno che non richiedeva specifica prova e quantificazione e da offrire una tutela in linea con i requisiti indicati dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea secondo il canone di effettività, equivalenza e dissuasività della protezione che deve approntare dall'ordinamento interno per contrastare l'abusivo ricorso al contratto a termine.
3. Avverso la sentenza della Corte di appello l'Azienda Ospedaliera San Martino di Genova ha proposto due distinti ricorsi per cassazione articolati in quattro motivi, di analogo contenuto, rispettivamente nei confronti di Cristiano M e e di Gianluca S. Si sono costituiti con distinti controricorsi Cristiano M e Gianluca S concludendo per l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso, assumendo in particolare - la correttezza della decisione della Corte di appello sui criteri di risarcimento in quanto tesa a ristorare il danno conseguente alla mancata conversione del rapporto a tempo indeterminato, in linea con i requisiti enunciati dalla giurisprudenza della Corte europea. Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva, riportandosi alle precedenti difese.
4. All'esito dell'udienza del 20 luglio 2015 la Sezione Lavoro di questa Corte, con ordinanza del 4 agosto 2015, n. 16363, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, segnalando, in relazione ai ricorsi in esame, da un lato la questione di massima di particolare importanza sulla definizione, la portata applicativa e la parametrazione del danno risarcibile ai sensi dell'art. 36 d.lgs. n. 165 del 2001, dall'altro il contrasto giurisprudenziale registrato sui criteri di liquidazione da adottare. Fissata la causa innanzi a queste Sezioni Unite, le parti hanno depositato ulteriori memorie ex art. 378 c.p.c.. 27025 e 27029/2014 r.g.n. ud. 1 dicembre 20155 MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Entrambi i ricorsi sono articolati in quattro motivi di analogo contenuto. Si deduce con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 421 c.p.c. nonché dell'art. 18 legge n. 300 del 1970 per essere la Corte territoriale incorsa nel vizio di extrapetizione, giungendo a condannare di ufficio l'ente pubblico al risarcimento del danno benché il lavoratore non avesse proposto domanda risarcitoria ai sensi del d.lgs. n. 165 del 2001, non fosse configurabile nella specie un licenziamento e, di conseguenza, non fosse applicabile la disciplina di cui all'art. 18 legge n. 300 del 1970. Con il secondo motivo è anche censurata la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 114 c.p.c. nonché degli artt. 1226 e 2697 c.c., per essere la Corte territoriale incorsa nel vizio di extrapetizione, giungendo a condannare di ufficio l'ente pubblico al risarcimento del danno liquidato in via equitativa in assenza di domanda delle parti ex artt. 114 c.p.c. ovvero di liquidazione ai sensi dell'art. 1226 c.c. e comunque in assenza di domanda risarcitoria del lavoratore ai sensi del d.lgs. n. 165 del 2001 e di benché minima allegazione e prova del danno subito;
Con il terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., in relazione al d.lgs. n. 165 del 2001, per avere la Corte territoriale violato le citate norme liquidando di ufficio un danno in via di equità senza specifica domanda in tal senso e riconoscendo una somma maggiore del danno eventualmente sofferto, considerato che i lavoratori, dopo solo un mese dalla scadenza del termine impugnato, avevano trovato altra occupazione. Infine con il quarto motivo la ricorrente lamenta la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia per avere la Corte di appello riconosciuto la tutela ex art. 18 legge n. 300 del 1970 in un caso non riconducibile al licenziamento, accogliendo una domanda diversa da quella formulata ed attribuendo il risarcimento di un danno non provato né nell'an che nel quantum debeatur.
2. Vanno preliminarmente riuniti i due ricorsi dell'Azienda ospedaliera ricorrente perché proposti nei confronti della stessa sentenza della Corte d'appello di Genova. 27025 e 27029/2014 r.g.n. 6 ud. I dicembre 2015 -3. I ricorsi i cui motivi, di analogo contenuto, possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, avendo ad oggetto il tema del danno risarcibile nel caso di abusivo ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione sono fondati nei termini in cui si viene a dire.
4. La questione di fondo che pone la presente controversia è puntualmente evidenziata nella citata ordinanza interlocutoria della Sezione Lavoro che richiama le indicazioni della Corte di giustizia dell'Unione Europea (in particolare la sentenza del 7 settembre 2006, proc. C-53/04, M e S, emessa a seguito di rinvio pregiudiziale disposto in primo grado, proprio nell'ambito del giudizio in esame) circa l'astratta compatibilità della normativa interna preclusiva della costituzione del rapporto a tempo indeterminato per i contratti a termine abusivi alle dipendenze di una pubblica amministrazione - purché sia assicurata altra misura effettiva, proporzionata, dissuasiva ed equivalente a quelle previste nell'ordinamento interno per situazioni analoghe. Nell'ordinanza interlocutoria si