Cass. pen., sez. II, sentenza 09/06/2022, n. 22456

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 09/06/2022, n. 22456
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22456
Data del deposito : 9 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: M M nato a NAPOLI il 17/02/1985 avverso la sentenza del 12/01/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere M M M;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore F C che ha concluso il rigetto. RITENUTO IN FATI-0 La CORTE d'APPELLO di NAPOLI, con sentenza del 12/1/2021, ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal TRIBUNALE di NAPOLI in data 24/2/2020 nei confronti di M M in ordine a diverse rapine pluriaggravate e porto illegale di arma comune da sparo. 1. 1. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'impanato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.

1.1. Inosservanza di norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale e vizio di motivazione nella parte in cui non è stata concessa al ricorrente la restituzione nel termine di cui all'art. 175 cod. proc. pen. per accedere a un rito alternativo, sul rilievo della tardiva richiesta avanzata dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 493 cod. proc. pen. di un'integrazione di perizia in ordine alla trascrizione del compendio delle intercettazioni da comprendere anche altra conversazione di cui la polizia giudiziaria non aveva indicato tempestivamente i risultati. Situazione questa a fronte della quale la difesa non avrebbe avuto la possibilità di conoscere per tempo le fonti di prova nella sua completezza e, dunque, di valutare se avvalersi di un rito alternativo. Né, d'altro canto, tale conversazione poteva ritenersi comunque compresa nel materiale posto a carico dell'imputato sul rilievo che facesse parte degli esiti dell'attività di intercettazione a cui si era fatto riferimento nella richiesta di giudizio immediato, dovendosi il termine "esiti" riferire all'attività di selezione compiuta dalla polizia giudiziaria e, dunque, alle sole telefonate indicate nella relativa informativa.

2. Violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui si ritiene configurato in relazione al capo I) della rubrica il reato di cui all'art. 628 cod. pen., anziché quello di truffa, stante la presenza di artifizi e raggiri (falsa rappresentazione costituita da ragioni di giustizia, esecuzione ad opera di finti carabinieri di una perquisizione), in difetto di violenza (la persona offesa non era stata chiusa in uno stanzino ed aveva potuto monitorate gli spostamenti dei rei all'interno della sua abitazione).

3. Violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui si ritiene configurato il reato di illegale detenzione e porto di arma comune da sparo, difettando il necessario quadro fattuale e probatorio di riferimento (contenuto equivoco dell'intercettazione del 9/10/2018).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

1. Il primo motivo è manifestamente infondato sotto diversi profili. Anzitutto va esclusa la paventata violazione del diritto di difesa, posto che l'integrazione di perizia ha ad oggetto una fonte di prova già acquisita al processo, poiché la trascrizione delle intercettazioni telefoniche costituisce solo un'operazione puramente rappresentativa in forma grafica del contenuto di prove già acquisite mediante registrazione fonica, tanto che il disposto dell'art. 268, comma 8, cod. proc. pen. stabilisce che ciascuna parte può far eseguire la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni. La prova, infatti, è costituita dalle registrazioni, alle quali la difesa ha avuto tempestivamente accesso a seguito del deposito dei supporti e a prescindere dalla trascrizione, così potendone apprezzare la relativa portata ai fini delle strategie da adottare (Sez. 6, n. 46007 del 2018, Rv. 274280). Sul punto, infatti, la sentenza impugnata dà atto di come la telefonata faceva parte dei supporti contenenti le intercettazioni telefoniche ed ambientali per essere stata successivamente trascritta insieme alle altre (Sez. 2, n. 5472 del 28/01/2016, Rv. 266201). Pertanto, contrariamente a quanto dedotto, la difesa, pur nell'iniziale omissione ad opera della polizia giudiziaria della trascrizione dell'intercettazione in discorso, mediante l'accesso ai complessivi files audio, avrebbe trovato traccia della conversazione. Non pertinenti, poi, si rivelano, ai fini della dedotta violazione del diritto di difesa, i richiami tanto alla disciplina di cui all'art. 493-bis cod. proc. pen., in quanto articolo inserito dall'art. 3, D.Lgs. 29/12/2017, n. 216 con decorrenza dal 26/01/2018 ed applicazione alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 marzo 2019 (nel presente giudizio le operazioni sono antecedenti essendo l'ordinanza di c.c. stata emessa il 22/1/2019 ed il decreto di giudizio immediato il 26/3/2019), quanto all'art. 2, comma 1, lett. o) d.l. 30.12.2019, conv. con modif. nella I. 28.2.2020, n. 7, che obbliga il pubblico ministero a depositare con la richiesta di giudizio immediato l'elenco delle intercettazioni rilevanti a fini di prova, tenuto conto che a norma dell'art. 2, comma 8 del medesimo provvedimento (così come poi successivamente sostituito dall'art. 1, comma 2, d.l. 30.4.2020, n. 28)1conv. con modif. nella I. n. 70/2020), tali disposizioni si applicano ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020. 2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La distinzione tra la rapina e la truffa aggravata di cui all'articolo 640 cpv, numero 2 seconda ipotesi, cod. pen. (simulazione di un ordine dell'autorità) sta in ciò:er nel primo reato l'agente usa un mezzo di costrizione per l'impossessamento della cosa, e nel secondo, pone in essere un mezzo per indurre in errore la vittima. Sotto tale profilo deve ritenersi che costituisca mezzo di costrizione simulare, per impossessarsi di una cosa, la qualità di agente di polizia giudiziaria e, in tale qualità, operare un atto d'ispezione, perquisizione o sequestro. In tali ipotesi, infatti, il detentore della cosa è costretto a subire l'impossessamento di essa da parte dell'agente mediante violenza o minaccia, senza libera determinazione della propria volontà in quanto lo stato di costrizione è determinato dal timore, oltre che di una denuncia, dall'uso della violenza per l'esecuzione immediata degli ordini impartiti. Nel caso in esame, d'altro canto, gli autori del fatto hanno conseguito l'impossessamento dei beni non solo approfittando dell'errore:5 in cui è caduta la persona offesa, la quale ne consentì l'ingresso nell'abitazione sul falso presupposto che fossero carabinieri e dovessero eseguire una perquisizione alla ricerca di armi, ma anche per lo stato di timore dovuto alla simulata qualità che gli ha permesso di accedere indisturbati alle camere ove si trovava il denaro (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata). Pertanto, il rilievo difensivo - incentrato sul "travisamento" del fatto a mente del quale nella vicenda di cui al capo I) nessuno sarebbe stato materialmente costretto a rimanere chiuso in altri locali - non assume alcuna decisività, in quanto ciò che rileva ai fini della rapina è che la presenza di soggetti riconducibili all'Arma dei carabinieri ha reso le vittime incapaci di agire, costrette passivamente a sottostare agli ordini impartiti.
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