Cass. civ., sez. V trib., sentenza 22/12/2022, n. 37611
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Testo completo
L'Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento per l'anno 2005 nei confronti della società PRO.BU.BU. Edile Snc di B.B. F. e C., notificato anche ai soci, tra i quali la sig.ra A.A., con cui chiedeva il pagamento delle maggiori imposte dovute. L'avviso, originariamente relativo a Irpef, Irap e Iva, in via di autotutela veniva limitato dall'Ufficio alla sola debenza Iva, oltre alle relative sanzioni.
L'impugnazione della contribuente, la quale eccepiva l'illegittimità dell'atto perchè emesso nei confronti di società cessata, il difetto di contraddittorio, il difetto di notifica e, comunque, la non debenza della pretesa e l'eccessività delle sanzioni, era rigettato dalla CTP di Genova. La sentenza era confermata dal giudice d'appello.
A.A. ricorre per cassazione con cinque motivi, cui l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso. La contribuente deposita altresì memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Va escluso, in primo luogo, che sussistano i presupposti per la sospensione L. n. 130 del 2022, ex art. 5. La contribuente è rimasta integralmente soccombente in entrambi i gradi di giudizio, sicchè la vicenda resta estranea alle ipotesi regolate dell'art. 5 citato, commi 1 e 2.
1.1. Va altresì escluso che ricorrano le condizioni per la riunione del presente giudizio con il ricorso R.G.N. 5743/2021, posto che quest'ultimo, pur avendo ad oggetto la medesima annualità, riguarda imposte diverse (Imposte dirette e Irap l'uno;Iva l'altro);nè ricorrono ragioni di economia processuale attesa la diversità delle questioni tra le cause.
2. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione dell'art. 2495 c.c., comma 2, come modificato dal D.Lgs. n. 6 del 2003, art. 4, nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, art. 100 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 1, per aver la CTR ritenuto la pretesa sussistente, l'avviso valido e legittima la richiesta nei confronti della socia ancorchè l'atto fosse stato emesso nei confronti della società già cessata per l'intervenuta cancellazione dal registro delle imprese.
La vicenda estintiva, inoltre, non dava luogo ad un fenomeno successorio che interessava i soci dell'ente.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Occorre preliminarmente osservare che la disciplina dettata dall'art. 2495 c.c., comma 2, come modificato dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l'estinzione immediata delle società di capitali, implica che ove la cancellazione riguardi le società di persone, essa - pur avendo natura dichiarativa - consente di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali, contestualmente alla pubblicità nell'ipotesi in cui essa sia stata effettuata, come nel caso in esame, successivamente all'entrata in vigore del citato decreto (v. Cass., sez. un., 22 febbraio 2010, n. 4060;più recentemente, Cass. 28 febbraio 2017, n. 31037).
Giova poi rammentare che dopo la riforma del diritto societario, qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina - contrariamente a quanto sostiene la ricorrente - un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l'obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass., sez. un., 12 marzo 2013, n. 6070).