Cass. pen., sez. II, sentenza 19/01/2023, n. 02098
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MANISCALCO CARMELA MARIA nato a SAN GIUSEPPE JATO il 14/09/1952 avverso la sentenza del 20/01/2021 della CORTE di APPELLO di BOLOGNAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere S R;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F B, che ha concluso concludendo per l'inammissibilità del ricorso, l'Avv. C A, in difesa delle parti civili, depositava conclusioni e nota spese chiedendo l'inammissibilità del ricorso, l'Avv. G T e l'Avv. P F che chiedevano l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bologna confermava la condanna della Maniscalco per le condotte di furto aggravato a lei contestate (non estinte per prescrizione) e le infliggeva la pena di anni due, mesi otto di reclusione ed euro settecento di multa. Si contestava alla ricorrente, addetta alla prestazione di servizi di investimento e Direttrice della filiale "Gattalupa" di Reggio Emilia della Unicredit S.p.a., di avere effettuato movimentazioni arbitrarie e non autorizzate, trafugando oltre ottantanovemila euro.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 552 cod. proc. pen.;
143 disp. att. cod. proc. pen.): sarebbe nullo il decreto di citazione a giudizio in primo grado in quanto lo stesso sarebbe stato notificato senza gli allegati, indispensabili per precisare le condotte contestate;
tale nullità non avrebbe potuto ritenersi sanata dalla notifica del decreto con gli allegati effettuata in udienza, dato che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la nullità della citazione giudizio e restituire gli atti al pubblico ministero.
2.2. Violazione di legge (art. 552 cod. proc. pen.): il primo decreto di citazione a giudizio sarebbe nullo in quanto non era stato notificato a tutte le persone offese;
si deduceva che la ricorrente aveva un concreto interesse alla perfezione del contraddittorio processuale, attraverso la citazione di tutti i presunti offesi e che quindi, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, era legittimata a proporre l'eccezione di nullità.
2.3. Violazione di legge (art. 552 cod. proc. pen.): l'imputazione sarebbe aspecifica, dato che in relazione alle oltre novecento movimentazioni contestate, non sarebbero stati indicati gli importi relativi alle singole operazioni, le specifiche modalità della condotta e le date di consumazione della stessa;
sarebbe stato necessario che ogni singolo movimento attribuito all'imputata venisse descritto con precisione.
2.4. Vizio di motivazione: la sentenza sarebbe illogica e contraddittoria in quanto offrirebbe una motivazione insufficiente a sostegno della conferma della responsabilità dell'imputato;
segnatamente: (a) mancherebbe la analisi delle singole operazioni illecite, dato che la Corte d'appello avrebbe fatto generico riferimento alle dichiarazioni delle persone offese, senza identificare le prove relative alle singole operazioni;
(b) sarebbe stata sommaria la valutazione delle consulenze grafologiche;
(c) non sarebbe stata valutata la prima impugnazione nella parte in cui si contestava la credibilità dei contenuti accusatori provenienti dalle testimonianze dei funzionari di banca;
(d) sarebbe illogica la parte della motivazione che affermava che il mancato rinvenimento della refurtiva sarebbe indifferente rispetto alla prova del reato;
(e) non sarebbe stata valutata la tesi alternativa proposta dalla difesa, secondo cui alla ricorrente sarebbero state attribuite colpe di altri funzionari;
(f) non sarebbe stato valutato che il computer della ricorrente era già stato esaminato dagli ispettori della banca prima di essere analizzato dalla polizia giudiziaria;
(g) non sarebbero state adeguatamente valutate le decisive testimonianze di Bernardino Picconi e Graziella Bacchilega;
si deduceva cioè la scarsa capacità dimostrativa della documentazione già vagliata dagli uffici ispettivi interni della banca e la mancata presa in carico dell'esistenza di contestazioni disciplinari contenenti incolpazioni identiche a quelle elevate a carico a della Maniscalco, ma rivolte nei confronti di dipendenti rimasti estranei del procedimento;
2.5. violazione di legge (art. 521 cod. proc. pen, 646 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica della condotta contestata: contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello, i fatti descritti nell'imputazione avrebbero dovuto essere ricondotti alla fattispecie dell'appropriazione indebita, circostanza che avrebbe consentito di ritenere il reato prescritto prima della pronuncia della sentenza di primo grado, con conseguente necessità di annullare le statuizioni civili;
dallo sviluppo del processo sarebbe emerso che la ricorrente aveva avuto rapporti fiduciari con i correntisti, che le avrebbero conferito i risparmi perché li investisse. Tale rilevante circostanza avrebbe consentito di ritenere che la Maniscalco avesse la disponibilità delle somme che si assumono trafugate e che, pertanto, la condotta avrebbe dovuto essere inquadrata nella fattispecie prevista dall'articolo 646 cod. pen.. 2.6. Violazione di legge (art. 62-bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla legittimità del giudizio di bilanciamento delle circostanze.
2.7. Violazione di legge (art. 533 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla definizione del trattamento sanzionatorio: la Corte di appello avrebbe fatto riferimento a condotte illecite che non sarebbero state vagliate, dato che la condanna riguarderebbe cinquantotto posizioni e non quattrocentosettanta, come indicato in sentenza.
3. L'Avv. L S, in difesa della parte civile Unicredit S.p.a. depositava memoria con la quale instava per la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile 1.1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.Dagli atti processuali emerge che la prima notifica del decreto di citazione a giudizio veniva effettuata senza gli allegati, dunque in modo parziale ed incompleto. Il ricorrente assumeva che tale vizio integrasse non la nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio, ma la nullità del capo di imputazione, che sarebbe generico, il che avrebbe imposto la regressione del procedimento, con trasmissione degli atti al pubblico ministero. Sul punto il collegio rileva che la notifica del decreto di citazione con la indicazione solo parziale del capo di imputazione non integra una nullità per genericità dell'imputazione, dato che il capo di accusa è stato correttamente elevato dal pubblico ministero in forma chiara e precisa - come si dirà in seguito analizzando il terzo motivo di ricorso -, ma solo la nullità della "notifica" che, erroneamente, veniva eseguita in modo incompleto, notificando il decreto di citazione senza gli allegati. Chiarito che la nullità riguarda la "notifica", incompleta e non il "capo di imputazione", il collegio rileva che la notifica è stata legittimamente rinnovata dal Tribunale in udienza, quando veniva disposta la notifica a mani proprie dell'imputato e del difensore del decreto "integrale". Di contro, la invocata regressione, non solo sarebbe illegittima, ma addirittura abnorme .Si ribadisce infatti che è abnorme, perché determina un'indebita regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il Tribunale in composizione monocratica, rilevata la omessa notifica del decreto di citazione a giudizio alla persona offesa, e pertanto la nullità del decreto, restituisce gli atti al pubblico ministero per
udita la relazione svolta dal Consigliere S R;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F B, che ha concluso concludendo per l'inammissibilità del ricorso, l'Avv. C A, in difesa delle parti civili, depositava conclusioni e nota spese chiedendo l'inammissibilità del ricorso, l'Avv. G T e l'Avv. P F che chiedevano l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bologna confermava la condanna della Maniscalco per le condotte di furto aggravato a lei contestate (non estinte per prescrizione) e le infliggeva la pena di anni due, mesi otto di reclusione ed euro settecento di multa. Si contestava alla ricorrente, addetta alla prestazione di servizi di investimento e Direttrice della filiale "Gattalupa" di Reggio Emilia della Unicredit S.p.a., di avere effettuato movimentazioni arbitrarie e non autorizzate, trafugando oltre ottantanovemila euro.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 552 cod. proc. pen.;
143 disp. att. cod. proc. pen.): sarebbe nullo il decreto di citazione a giudizio in primo grado in quanto lo stesso sarebbe stato notificato senza gli allegati, indispensabili per precisare le condotte contestate;
tale nullità non avrebbe potuto ritenersi sanata dalla notifica del decreto con gli allegati effettuata in udienza, dato che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la nullità della citazione giudizio e restituire gli atti al pubblico ministero.
2.2. Violazione di legge (art. 552 cod. proc. pen.): il primo decreto di citazione a giudizio sarebbe nullo in quanto non era stato notificato a tutte le persone offese;
si deduceva che la ricorrente aveva un concreto interesse alla perfezione del contraddittorio processuale, attraverso la citazione di tutti i presunti offesi e che quindi, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, era legittimata a proporre l'eccezione di nullità.
2.3. Violazione di legge (art. 552 cod. proc. pen.): l'imputazione sarebbe aspecifica, dato che in relazione alle oltre novecento movimentazioni contestate, non sarebbero stati indicati gli importi relativi alle singole operazioni, le specifiche modalità della condotta e le date di consumazione della stessa;
sarebbe stato necessario che ogni singolo movimento attribuito all'imputata venisse descritto con precisione.
2.4. Vizio di motivazione: la sentenza sarebbe illogica e contraddittoria in quanto offrirebbe una motivazione insufficiente a sostegno della conferma della responsabilità dell'imputato;
segnatamente: (a) mancherebbe la analisi delle singole operazioni illecite, dato che la Corte d'appello avrebbe fatto generico riferimento alle dichiarazioni delle persone offese, senza identificare le prove relative alle singole operazioni;
(b) sarebbe stata sommaria la valutazione delle consulenze grafologiche;
(c) non sarebbe stata valutata la prima impugnazione nella parte in cui si contestava la credibilità dei contenuti accusatori provenienti dalle testimonianze dei funzionari di banca;
(d) sarebbe illogica la parte della motivazione che affermava che il mancato rinvenimento della refurtiva sarebbe indifferente rispetto alla prova del reato;
(e) non sarebbe stata valutata la tesi alternativa proposta dalla difesa, secondo cui alla ricorrente sarebbero state attribuite colpe di altri funzionari;
(f) non sarebbe stato valutato che il computer della ricorrente era già stato esaminato dagli ispettori della banca prima di essere analizzato dalla polizia giudiziaria;
(g) non sarebbero state adeguatamente valutate le decisive testimonianze di Bernardino Picconi e Graziella Bacchilega;
si deduceva cioè la scarsa capacità dimostrativa della documentazione già vagliata dagli uffici ispettivi interni della banca e la mancata presa in carico dell'esistenza di contestazioni disciplinari contenenti incolpazioni identiche a quelle elevate a carico a della Maniscalco, ma rivolte nei confronti di dipendenti rimasti estranei del procedimento;
2.5. violazione di legge (art. 521 cod. proc. pen, 646 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica della condotta contestata: contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello, i fatti descritti nell'imputazione avrebbero dovuto essere ricondotti alla fattispecie dell'appropriazione indebita, circostanza che avrebbe consentito di ritenere il reato prescritto prima della pronuncia della sentenza di primo grado, con conseguente necessità di annullare le statuizioni civili;
dallo sviluppo del processo sarebbe emerso che la ricorrente aveva avuto rapporti fiduciari con i correntisti, che le avrebbero conferito i risparmi perché li investisse. Tale rilevante circostanza avrebbe consentito di ritenere che la Maniscalco avesse la disponibilità delle somme che si assumono trafugate e che, pertanto, la condotta avrebbe dovuto essere inquadrata nella fattispecie prevista dall'articolo 646 cod. pen.. 2.6. Violazione di legge (art. 62-bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla legittimità del giudizio di bilanciamento delle circostanze.
2.7. Violazione di legge (art. 533 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla definizione del trattamento sanzionatorio: la Corte di appello avrebbe fatto riferimento a condotte illecite che non sarebbero state vagliate, dato che la condanna riguarderebbe cinquantotto posizioni e non quattrocentosettanta, come indicato in sentenza.
3. L'Avv. L S, in difesa della parte civile Unicredit S.p.a. depositava memoria con la quale instava per la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile 1.1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.Dagli atti processuali emerge che la prima notifica del decreto di citazione a giudizio veniva effettuata senza gli allegati, dunque in modo parziale ed incompleto. Il ricorrente assumeva che tale vizio integrasse non la nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio, ma la nullità del capo di imputazione, che sarebbe generico, il che avrebbe imposto la regressione del procedimento, con trasmissione degli atti al pubblico ministero. Sul punto il collegio rileva che la notifica del decreto di citazione con la indicazione solo parziale del capo di imputazione non integra una nullità per genericità dell'imputazione, dato che il capo di accusa è stato correttamente elevato dal pubblico ministero in forma chiara e precisa - come si dirà in seguito analizzando il terzo motivo di ricorso -, ma solo la nullità della "notifica" che, erroneamente, veniva eseguita in modo incompleto, notificando il decreto di citazione senza gli allegati. Chiarito che la nullità riguarda la "notifica", incompleta e non il "capo di imputazione", il collegio rileva che la notifica è stata legittimamente rinnovata dal Tribunale in udienza, quando veniva disposta la notifica a mani proprie dell'imputato e del difensore del decreto "integrale". Di contro, la invocata regressione, non solo sarebbe illegittima, ma addirittura abnorme .Si ribadisce infatti che è abnorme, perché determina un'indebita regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il Tribunale in composizione monocratica, rilevata la omessa notifica del decreto di citazione a giudizio alla persona offesa, e pertanto la nullità del decreto, restituisce gli atti al pubblico ministero per
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi