Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 11/04/2003, n. 5793
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L'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e di controllo del datore di lavoro costituisce il parametro normativo di individuazione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, assumendo altresì rilevanza, al fine dell'identificazione del datore di lavoro, l'individuazione del soggetto che esercita questo potere e che paga la retribuzione. Pertanto, qualora il ricorrente abbia provato siffatti elementi, il giudice del merito è tenuto ad indicare le circostanze e le ragioni che, eventualmente, inducano a ritenere che il rapporto di lavoro subordinato è invece intercorso con un soggetto diverso (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di secondo grado, la quale aveva escluso la concludenza di detti elementi, limitandosi ad affermare che colui il quale esercitava il potere direttivo e pagava la retribuzione era socio di una società di persone, benché non sussistessero elementi in grado di far ricondurre a siffatta società il rapporto di lavoro).
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M V - Presidente -
Dott. D L M - Consigliere -
Dott. C P - rel. Consigliere -
Dott. G C - Consigliere -
Dott. B B - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
V R, già elettivamente domiciliato in ROMA VIA ZANARDELLI, presso lo studio dell'avvocato S M, rappresentato e difeso dall'avvocato F C, giusta delega in atti, e da ultimo d'ufficio presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
- ricorrente -
contro
A M, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PADOVA 1, presso lo studio dell'avvocato C Z, rappresentato e difeso dagli avvocati B G, R M, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3 08/01 del Tribunale di SANTA MARIA CAPUA VETERE, depositata il 27/03/01 - R.G.N. 669/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/12/02 dal Consigliere Dott. P C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M M che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 6 aprile 1995 Rosario V, sostenendo di aver lavorato alle dipendenze di Michele A dal febbraio 1988 al settembre 1990, chiese che il Pretore di S. Maria Capua Vetere condannasse l'A al pagamento delle differenze retributive spettantigli.
Il Pretore accolse la domanda. Il Tribunale, accogliendo l'appello dell'A. ha respinto la domanda.
Afferma il Tribunale che, in base agli atti di causa, era stata accertata l'esistenza d'un centro di interessi distinto dall'A. anche se era questi ad impartire direttive al V: in particolare, il teste Natale Luciano, che, a suo dire, aveva lavorato per l'A. aveva instaurato un giudizio nei confronti della CASERTA PROMOZIONALE S.n.c. e con la stessa aveva poi conciliato la controversia;ed il teste Massimo Roviello aveva ammesso di aver ricevuto sempre buste paga intestate alla predetta società.
E questa, poiché, pur priva di personalità giuridica, costituiva un autonomo centro di interessi, era passivamente legittimata alla controversia.
E la domanda, in cui non era alcun cenno in ordine all'esistenza della società ed all'eventuale partecipazione dell'A. doveva essere respinta.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre Rosario V. percorrendo le linee di due motivi;Michele A resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2094 cod. Civ., il ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la subordinazione è vincolo di natura personale, che assoggetta il lavoratore al potere direttivo del datore.
È pertanto determinante il convincimento del lavoratore di essere inserito in un'organizzazione facente capo al soggetto che. da elementi percepibili secondo la normale diligenza, appare il suo datore di lavoro. Datore di lavoro è colui che lo ha assunto, che gli da le direttive sul luogo e l'orario di lavoro, e che lo retribuisce.
Nel caso in esame, dall'istruttoria espletata era emerso, come i testi avevano confermato, che il rapporto di lavoro del ricorrente si era svolto con l'A. ed in particolare, l'A era l'unico ad impartirgli ordini, a controllare il suo lavoro ed a versargli materialmente la retribuzione.
E lo stesso A aveva ammesso che il V non era stato assolutamente informato del potere di rappresentanza che egli avrebbe avuto, che questa rappresentanza gli sarebbe stata conferita in modo informale, e che la sua retribuzione gli era versata in contanti. Nè la pretesa rappresentanza era presumibile od accertabile aliunde. Nè era stato provato che nella stessa sede in cui operava l'A esistesse ed operasse anche una società. Con il secondo motivo, denunciando difetto di motivazione, il ricorrente sostiene che il Tribunale non aveva indicato alcun elemento che fornisse la prova della subordinazione del V alla CASERTA PROMOZIONALI S.n.c. e dell'utilizzazione, da parte di questa società, del lavoro svolto dal V.
Con atto del 12 luglio 2002 la difesa dell'A ha chiesto che si dichiari l'improcedibilità del ricorso, in quanto l'atto, notificato il 2 luglio 2001, era stato depositato solo il 27 luglio 2001, e pertanto oltre i termini di legge.
È pregiudiziale T di questa eccezione. Al fine di stabilire la tempestività, ai sensi dell'art. 369 primo comma cod. proc. civ., del deposito del ricorso per cassazione inviato a mezzo posta,
deve tenersi conto, ai sensi dell'art. 134 disp. att. cod. proc. civ., come modificato dall'art. 3 della legge 7 febbraio 1979 n. 59,
della data di spedizione del plico risultante dal timbro impresso dall'ufficio postale di partenza, e non già della data del suo arrivo in cancelleria (Cass. 21 giugno 1995 n. 7013). E nel caso in esame il ricorso, notificato il 2 luglio 2001 e spedito a mezzo posta il 20 luglio 2001 (come risulta dal relativo timbro postale), pur pervenuto nella cancelleria della Corte il 24 luglio 2001, è stato tempestivamente depositato. Non tempestivo è il controricorso, in quanto è stato spedito il 17 agosto 2001 e notificato il 20 agosto 2001 (dopo che era trascorso il tempo di 20 giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, notificato il 2 luglio 2001).
I due motivi, che, essendo interconnessi, devono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.
Il lavoratore che agisce per ottenere la giusta retribuzione, ha l'onere di provare (ex art. 2697 primo comma cod. civ.) i fatti costitutivi del proprio diritto: e. fra questi elementi, la legittimazione passiva del convenuto, quale proprio datore di lavoro.
Nella contestazione di questa legittimazione fra il ricorrente (che sostenga di aver lavorato alle dipendenze del resistente) ed il resistente (che neghi la propria qualità di datore di lavoro ed i conseguenti obblighi). l'accertamento della concreta esistenza degli elementi idonei ad integrare il rapporto di lavoro fra le parti, avendo per oggetto un fatto, è valutazione del giudice di merito, che. ove sia adeguatamente motivata, resta insindacabile in sede di legittimità.
Nell'ambito di questo accertamento, l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, essendo l'elemento che, quale parametro normativo, contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato (e plurimis, Cass. 15 giugno 1999 n. 5960), assume rilievo ben significativo, in assenza di elementi di segno contrario. Ciò è a dirsi anche per il pagamento della retribuzione: poiché l'obbligo di corrispondere al lavoratore subordinato una retribuzione è collegato dalla legge alla costituzione del rapporto di lavoro ed è posto inderogabilmente a carico del datore di lavoro (artt. 2094 e 2099 cod. civ.), al fine dell'identificazione del datore di lavoro è rilevante anche il soggetto da cui provengono i pagamenti della retribuzione (Cass. 22 settembre 1999 n. 10314). Concorrendo questi elementi all'individuazione del soggetto che abbia instaurato un rapporto di lavoro in qualità di datore, il giudice che intenda negare questa individuazione ha l'onere di dare del proprio giudizio adeguata motivazione, con l'indicazione degli elementi di segno contrario, che escludono la rilevanza dei predetti elementi.
Nè questa rilevanza può essere esclusa per la mera esistenza oggettiva d'una società di persone (intercorsa con altri lavoratori della stessa azienda), in assenza di elementi che. pur indirettamente, consentano di ritenere che il lavoratore avrebbe dovuto ragionevolmente collegare a questa società il proprio rapporto di lavoro.
Nell'ambito del predetto accertamento, resta pertanto privo di motivazione la decisione che non dia rilievo all'individuazione del soggetto il quale eserciti materialmente il potere direttivo e di controllo e paghi la retribuzione, in assenza di elementi di segno contrario (che consentano di riferire gli elementi stessi ad altro soggetto), e nel contempo neghi la legittimazione passiva del resistente sulla base della mera oggettiva esistenza d'una società di persone (di cui il resistente sia socio, pur attestata da rapporti di altri dipendenti).
Ciò, nel caso in esame. Le direttive date dall'A (fatto affermato dal giudice di merito), e la retribuzione che questi direttamente versava, erano elementi dei quali il giudice di merito poteva escludere il rilievo solo attraverso adeguata motivazione. E non è tale l'affermazione dell'esistenza d'una società di persone, di cui lo stesso A era socio (pur nel rapporto che altri dipendenti dell'azienda avrebbero avuto), in assenza di elementi che.
pur indirettamente, consentano di ritenere che Rosario V avrebbe dovuto ragionevolmente collegare a questa società il proprio rapporto di lavoro.
Il ricorso deve essere accolto, e, con la cassazione della sentenza, la causa rinviata a contiguo giudice di merito, che applicherà gli indicati principi, nel contempo provvedendo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.