Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/05/2014, n. 10626

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In tema di procedimento disciplinare a carico di magistrato, il termine annuale per l'esercizio dell'azione decorre, ai sensi dell'art. 15 del d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109, dall'acquisizione della notizia certa del fatto di rilievo disciplinare da parte del P.G. presso la Corte di cassazione, al quale compete l'esclusivo apprezzamento dell'idoneità della notizia stessa, fermo restando che, quando un determinato fatto sia stato portato a conoscenza della Procura Generale anteriormente a tale giudizio, il suddetto apprezzamento non si sottrae al sindacato della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, né a quello delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, qualora l'incolpato eccepisca l'estinzione del giudizio disciplinare per essere stata la segnalazione, in precedenza pervenuta all'ufficio inquirente, già idonea a configurare il fatto di rilievo disciplinare. (Nella specie, alla Procura Generale presso la Corte di cassazione era pervenuto un esposto denuncia da cui era pienamente evincibile la condotta ascritta al magistrato, da cui l'irrilevanza, ai fini della decorrenza del termine annuale, delle indagini che erano seguite per l'acquisizione di notizie circostanziate).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 15/05/2014, n. 10626
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10626
Data del deposito : 15 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.A. ((OMISSIS) ), elettivamente domiciliata
in Roma, Piazza B. Cairoli n. 6, presso lo studio dell'Avvocato G P A, rappresentata e difesa dall'Avvocato R N per procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

- intimati -

per la cassazione della sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura n. 86 del 2013, depositata in data 18 luglio 2013;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott. S P;

sentito l'Avvocato N R;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. V M, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Dott.ssa C.A. veniva giudicata dalla Sezione
disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, in quanto incolpata dell'illecito disciplinare di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. c), per avere, nella qualità di
pubblico ministero nel procedimento penale n. 1184/07 R.G.N.R. della Procura della Repubblica di Matera a carico di P.N. e di altro imputato, omesso di astenersi pur avendo denunciato il menzionato P. alla Procura della Repubblica di Catanzaro per vari reati che il medesimo avrebbe compiuto a suo danno. All'esito del dibattimento, la Sezione disciplinare riteneva la Dott.ssa Co. responsabile dell'illecito ascrittole e le infliggeva la sanzione disciplinare della censura. Ritenuto pacifico che la incolpata avesse presentato il 26 marzo e il 12 ottobre 2007 presso la Procura della Repubblica di Catanzaro due denunce - querele

contro

P.N. per condotte (asseritamente) diffamatorie tenute dallo stesso nei suoi confronti, e altrettanto incontroverso che la medesima incolpata, dopo tali denunce - querele, avesse omesso di astenersi dal procedimento penale a carico del P. nel quale ella rivestiva la qualità di Pubblico ministero, la Sezione disciplinare rigettava innanzitutto l'eccezione di estinzione dell'azione disciplinare per il decorso del termine perentorio di un anno dalla notizia del fatto, di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15, comma 1. In proposito, premesso che la "notizia del fatto",
individuata quale dies a quo del termine di decadenza per l'esercizio dell'azione disciplinare, richiede la conoscenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie disciplinare e quindi l'indicazione del procedimento al quale si riferiva l'obbligo di astensione - conoscenza non surrogabile da quella di altri e diversi procedimenti, in quanto in tal caso la notizia sarebbe incompleta -, la Sezione disciplinare rilevava che, nella specie, la Procura generale presso la Corte di cassazione ancora in data 3 novembre 2011 aveva richiesto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro notizie circostanziate circa la querela presentata dalla incolpata, determinandosi poi in data 27 novembre 2011 ad esercitare l'azione disciplinare, sicché il termine annuale di decadenza non poteva dirsi decorso.
Quanto all'obbligo di astensione, la Sezione disciplinare, dopo aver ricordato l'orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui "il magistrato del P.M. ha l'obbligo disciplinare di astenersi ogni qual volta la sua attività possa risultare infirmata da un interesse personale o familiare, giacché l'art. 52 c.p.p., che ne prevede la facoltà di astensione per gravi ragioni di convenienza, va interpretato alla luce dell'art. 323 c.p., ove la ricorrenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto è posta a base del dovere generale di astensione, in coerenza col principio d'imparzialità dei pubblici ufficiali ex art. 97 Cost., occorrendo, altresì, equiparare il trattamento del magistrato del P.M. - il cui statuto costituzionale partecipa dell'indipendenza del giudice - al trattamento del giudice penale, obbligato ad astenersi per gravi ragioni di convenienza ai sensi dell'art. 36 c.p.p." (Cass., S.U., n. 21853 del 2012), riteneva che la presentazione di due denunce - querele nei confronti del P. e l'istanza punitiva insita in tali atti conducessero a ravvisare in capo all'incolpata un interesse punitivo sufficiente a radicare il suo obbligo di astensione nel procedimento a carico del P. ;
tanto più che in quel giudizio la Dott.ssa C. aveva sollecitato il rinvio a giudizio del soggetto che ella stessa aveva querelato.
La Sezione disciplinare riteneva poi significativo il fatto che due pubblici ministeri della Procura di Catanzaro avessero affermato che l'incolpata aveva l'obbligo di formulare istanza di astensione, così come non era privo di rilevanza il fatto che i medesimi pubblici ministeri avessero poi richiesto l'archiviazione del procedimento a carico della C. perché quest'ultima, nei confronti della quale era configurabile il reato di cui all'art. 323 c.p., per la mancata astensione nel procedimento a carico del P. , aveva richiesto l'archiviazione del detto procedimento.
Quanto al profilo soggettivo dell'illecito, la Sezione rilevava che la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione fosse il necessario riflesso della presentazione di due denunce - querele nei confronti del P. , mentre l'esclusione dell'obbligo di astensione non poteva essere considerato il risultato insindacabile di un'attività interpretativa della stessa incolpata, risultandone altrimenti vanificato il principio secondo cui l'ignoranza della legge non scusa.
La gravità dell'illecito e la sua eccezionale rilevanza mediatica nell'ambiente giudiziario e forense comportavano poi una evidente compromissione dell'immagine del magistrato e quindi la non applicabilità, nella specie, del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis. In conclusione, la Sezione disciplinare riteneva che l'assenza di precedenti disciplinari e i giudizi espressi sull'incolpata in sede di valutazione di professionalità consentissero di contenere la sanzione nel minimo edittale della censura.
Per la cassazione di questa sentenza, la Dott.ssa C. ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi.
L'intimato Ministero non ha svolto attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Con il primo motivo la ricorrente denuncia l'inosservanza e/o l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15, comma 1, e art. 14, commi 2 e 3, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Premesso che l'incolpazione si riferiva al comportamento tenuto da essa ricorrente nell'udienza del 28 novembre 2008 dinnanzi al GUP di Matera, e segnatamente alla mancata astensione in detta udienza in un procedimento a carico di P.N. e altro imputato, la
ricorrente rileva che la detta condotta, nella sua oggettività, era già stata portata a conoscenza del Procuratore generale presso la Corte di cassazione dallo stesso P. sin dal dicembre 2008, con un esposto denuncia nel quale si riferiva, appunto, della condotta tenuta da essa ricorrente nel corso di quella udienza, si dava conto delle affermazioni fatte e dell'avvenuto deposito di una dichiarazione nella quale ella affermava di avere querelato l'imputato. Sicché, trattandosi del medesimo fatto oggetto della contestazione, l'azione disciplinare doveva ritenersi esercitata oltre il termine di un anno di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15, comma 1. In tale contesto, la motivazione offerta dalla Sezione disciplinare per rigettare l'eccezione di estinzione dell'azione disciplinare risulterebbe, ad avviso della ricorrente, del tutto incongrua, atteso che tutti gli elementi

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