Cass. pen., sez. II, sentenza 15/03/2023, n. 11124
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di C E, nato a Saronno il 15.6.1980, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 20.4.2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. P C;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M G, che ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza con cui, in data 10.12.2021, il Tribunale del capoluogo lombardo aveva dichiarato E C responsabile del delitto tentata rapina impropria - in questi termini, peraltro, ritenendo il fatto che era stato contestato come rapina impropria consumata - e, con le attenuanti generiche stimate equivalenti alla contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena finale di anni 1 mesi 1 e giorni 20 di reclusione ed Euro 220 di multa oltre al pagamento delle spese processuali;
2. ricorre per cassazione il difensore del C deducendo:
2.1 violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 56 e 628 cod. pen. e 56 e 624 cod. pen. ed erronea applicazione della legge penale: rileva che la Corte di appello, come aveva fatto il Tribunale, ha erroneamente inquadrato l'episodio nel paradigma della tentata rapina impropria poiché il C, immediatamente bloccato dall'addetto alla sicurezza il quale lo aveva notato impossessarsi di alcuni generi alimentari prelevati dallo scaffale del supermercato, era stato condotto nel magazzino, ove era rimasto senza opporre alcuna resistenza, agitandosi soltanto quando aveva appreso che erano state allertate le forze dell'ordine;
ribadisce, inoltre, che alcuna lesione personale era occorsa agli addetti del supermercato nel tentativo di contenere la reazione del C;
2.2 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 99 cod. pen.: rileva che la Corte di appello, così come il giudice di primo grado, ha omesso ogni motivazione sui presupposti per ritenere la contestata recidiva, onere cui non poteva sottrarsi alla luce del suo carattere ormai sempre facoltativo e dei principi affermati dalle SS.UU. della S.C.;
3. la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell'art. 23 comma 8 del DL 137 del 2020 concludendo per l'inammissibilità
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. P C;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M G, che ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza con cui, in data 10.12.2021, il Tribunale del capoluogo lombardo aveva dichiarato E C responsabile del delitto tentata rapina impropria - in questi termini, peraltro, ritenendo il fatto che era stato contestato come rapina impropria consumata - e, con le attenuanti generiche stimate equivalenti alla contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena finale di anni 1 mesi 1 e giorni 20 di reclusione ed Euro 220 di multa oltre al pagamento delle spese processuali;
2. ricorre per cassazione il difensore del C deducendo:
2.1 violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 56 e 628 cod. pen. e 56 e 624 cod. pen. ed erronea applicazione della legge penale: rileva che la Corte di appello, come aveva fatto il Tribunale, ha erroneamente inquadrato l'episodio nel paradigma della tentata rapina impropria poiché il C, immediatamente bloccato dall'addetto alla sicurezza il quale lo aveva notato impossessarsi di alcuni generi alimentari prelevati dallo scaffale del supermercato, era stato condotto nel magazzino, ove era rimasto senza opporre alcuna resistenza, agitandosi soltanto quando aveva appreso che erano state allertate le forze dell'ordine;
ribadisce, inoltre, che alcuna lesione personale era occorsa agli addetti del supermercato nel tentativo di contenere la reazione del C;
2.2 violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 99 cod. pen.: rileva che la Corte di appello, così come il giudice di primo grado, ha omesso ogni motivazione sui presupposti per ritenere la contestata recidiva, onere cui non poteva sottrarsi alla luce del suo carattere ormai sempre facoltativo e dei principi affermati dalle SS.UU. della S.C.;
3. la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell'art. 23 comma 8 del DL 137 del 2020 concludendo per l'inammissibilità
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