Cass. pen., sez. I, sentenza 30/11/2022, n. 45451
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Testo completo
a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: A C nato a MAZZARINO il 08/07/1970 ARLOTTA ANGELO nato a RIESI il 30/07/1975 avverso la sentenza del 10/11/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO ALIFFI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARCO DALL'OLIO che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: - avvocato D M che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. - avvocato M F che ha chiesto raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 26 novembre 2020, il G.i.p. del Tribunale di Monza ha dichiarato A g e C dtta colpevoli del reato di omicidio commesso ai danni di A L (capo 1) nonché dei connessi reati di soppressione del cadavere (capo 2), furto dell'autovettura in uso alla vittima (capo 3) e, infine, del delitto di detenzione illecita di sostanza stupefacente ceduta, in parte, anche a L (capo 4). Per l'effetto ha condannato: - A A alla pena di anni 20 di reclusione per i primi tre reati, esclusa la circostanza aggravante della premeditazione contestata per il solo omicidio e riunite le violazioni sotto il vincolo della continuazione, e alla pena di anni 4 mesi 4 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa per il reato sub 4);
- C A alla pena di anni 13 di reclusione per i reati sub 1), 2 e 3), unificati sotto il vincolo della continuazione, e alla pena di anni 2 per l'ulteriore reato di cui al capo 4), esclusa la recidiva contestata e concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle residue aggravanti e, con riferimento al reato in materia di stupefacenti, l'attenuante di cui all'art. 73, comma 7, d.P.R, n. 309 del 1990. 2. Investita dell'appello del pubblico ministero limitatamente alla posizione di A A nonché dell'impugnazione di entrambi gli imputati, la Corte di assise di appello di Milano: - in via preliminare ha ritenuto ammissibile, nonostante i limiti fissati dall'art.443 cod. proc. pen., l'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di Monza nei confronti di A A in punto di esclusione della circostanza ad effetto speciale della premeditazione e di trattamento sanzionatorio, sia perché, a prescindere dalla denominazione, aveva il contenuto sostanziale di un ricorso per cassazione, nella parte in cui denunziava il vizio di motivazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., automaticamente convertitos;i in appello ai sensi dell'art. 580 cod. proc. pen., sia perché aveva comunque ad oggetto un elemento accessorio, la premeditazione, che concorre a qualificare giuridicamente il fatto sicché la sua esclusione modifica il nomen juris nei termini previsti dall'art. 443 cod. proc. - ha riformato la pronuncia, riqualificando il fatto ascritto ad A A al capo 1) come omicidio premeditato, e, per l'effetto, rideterminando la pena inflittagli per tale imputazione in anni 30 di reclusione;
- ha confermato la sentenza nei confronti di C A 3. Secondo le valutazioni dei giudici del merito, in larga parte conformi, l'uccisione di Astrit Larr7 era stata commissionata da C S - a seguito del fallimento della relazione sentimentale che li aveva legati in passato, oltre che per ragioni di vendetta legati ad un furto di gioielli, dapprima a C A e, dopo il rifiuto di quest'ultimo - a Giuseppe C, il quale, a fronte di un corrispettivo, aveva organizzato l'agguato, servendosi della collaborazione in fase esecutiva dei fratelli Angelo e C A, di Francesco Serio, Salvatore També e Calogero Chiantia. C, dopo avere concordato un appuntamento con L ed i coimputati presso un box nella sua disponibilità, con il pretesto di concludere la trattativa già avviata con la consegna di una partita di stupefacente del tipo marijuana, aveva sorpreso la vittima alle spalle e, mentre i complici lo tenevano fermo, lo aveva colpito più volte al capo con un corpo contundente per poi strangolarlo con l'utilizzo di una corda di nylon. Il cadavere era stato trasportato, tra gli altri ìdai fratelli Arlotta, in un primo tempo, all'interno di un'abitazione, successivamente, in una taverna di un appartamento in fase di ristrutturazione, infine, gettato in un pozzo artesiano, raggiunto dopo l'apertura di un varco in una delle pareti, coperto di calcinacci e materiale di risulta.
4. Avverso la sentenza ricorre A A, per il tramite del difensore di fiducia avv. D M, sviluppando tre motivi 2.1. Con il primo deduce inosservanza di norme processuali in relazione all'art. 443, comma 3, cod. proc. pen. Sostiene il ricorrente che la Corte di assise di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame del pubblico ministero perché proposto avverso sentenza di condanna, emessa in esito a giudizio abbreviato, che, lungi dal modificare il titolo di reato, aveva escluso la circostanza aggravante della premeditazione, con effetti limitati al solo trattamento sanzionatorio. Evidenzia che non è, invece, applicabile il disposto dell art. 593 cod.' llien., come modificato dal d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, che, nell'estendere al giudizio ordinario, il divieto di proporre appello avverso le sentenze di condanna, già previsto per il giudizio abbreviato, legittima il pubblico ministero ad appellare anche le sentenze che incidono in maniera più significativa sulla prospettazione accusatoria, tra cui quelle che escludono la sussistenza di circostanza aggravante ad effetto speciale. Anche qualificando l'atto di impugnazione del pubblico ministero quale ricorso per cassazione convertito in appello, la Corte distrettuale avrebbe dovuto, comunque, dichiararlo inammissibile in ragione delle doglianze denunziate, tutte versate in fatto.
2.2. Con il secondo motivo deduce manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione posta alla base della decisione di escludere l'aggravante della premeditazione nonché violazione dell'art. 533 cod. proc. pen.La sentenza impugnata ha ribaltato la ricostruzione fattuale del G.i.p., tutt'altro che manifestamente illogica;
anzi è talmente plausibile da essere stata interamente recepita dalla Corte di assise di Monza nel separato giudizio nei confronti dei coindagati. Gli elementi che depongono per la consapevolezza di A A in ordine all'organizzazione dell'agguato mortale ai danni di L da parte di C sono evanescenti) sicché nel dubbio non poteva che essere adottata la soluzione più favorevole all'imputato. Neanche la pacifica circostanza che l'imputato aveva incontrato L il giorno prima dell'omicidio e quella, altrettanto indiscussa, che aveva mantenuto con la vittima contatti telefonici fino a pochi minuti prima dell'agguato può essere valorizzata in chiave accusatoria;
essa, infatti, è pienamente compatibile con la ricostruzione difensiva secondo la quale i fratelli Arlotta erano stati strumentalizzati e sapientemente utilizzati da C con la speranza di poter, al pari di L, smerciare una grossa partita di droga. Militano in senso favorevole all'imputato una serie di circostanze ed argomenti logici spiegabili unicamente con la sua mancata conoscenza del proposito omicidiario di C e con il carattere, imprevisto e necessitato, del contributo fornito alla fase esecutiva: - A A aveva partecipato all'incontro senza preoc:cuparsi di lasciare tracce arrivando addirittura ad incontrare la vittima così da correre il rischio di essere visto da terze persone, come in effetti avvenuto;
- aveva mantenuto nel luogo del delitto il possesso del cellulare con il quale aveva chiamato L consentendo la sua localizzazione. Sono perfettamente compatibili con la autonoma organizzazione dell'agguato da parte di C sia l'accertato movente economico dell'omicidio, idoneo ad indurre quest'ultimo, interessato a
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO ALIFFI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARCO DALL'OLIO che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: - avvocato D M che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. - avvocato M F che ha chiesto raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 26 novembre 2020, il G.i.p. del Tribunale di Monza ha dichiarato A g e C dtta colpevoli del reato di omicidio commesso ai danni di A L (capo 1) nonché dei connessi reati di soppressione del cadavere (capo 2), furto dell'autovettura in uso alla vittima (capo 3) e, infine, del delitto di detenzione illecita di sostanza stupefacente ceduta, in parte, anche a L (capo 4). Per l'effetto ha condannato: - A A alla pena di anni 20 di reclusione per i primi tre reati, esclusa la circostanza aggravante della premeditazione contestata per il solo omicidio e riunite le violazioni sotto il vincolo della continuazione, e alla pena di anni 4 mesi 4 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa per il reato sub 4);
- C A alla pena di anni 13 di reclusione per i reati sub 1), 2 e 3), unificati sotto il vincolo della continuazione, e alla pena di anni 2 per l'ulteriore reato di cui al capo 4), esclusa la recidiva contestata e concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle residue aggravanti e, con riferimento al reato in materia di stupefacenti, l'attenuante di cui all'art. 73, comma 7, d.P.R, n. 309 del 1990. 2. Investita dell'appello del pubblico ministero limitatamente alla posizione di A A nonché dell'impugnazione di entrambi gli imputati, la Corte di assise di appello di Milano: - in via preliminare ha ritenuto ammissibile, nonostante i limiti fissati dall'art.443 cod. proc. pen., l'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di Monza nei confronti di A A in punto di esclusione della circostanza ad effetto speciale della premeditazione e di trattamento sanzionatorio, sia perché, a prescindere dalla denominazione, aveva il contenuto sostanziale di un ricorso per cassazione, nella parte in cui denunziava il vizio di motivazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., automaticamente convertitos;i in appello ai sensi dell'art. 580 cod. proc. pen., sia perché aveva comunque ad oggetto un elemento accessorio, la premeditazione, che concorre a qualificare giuridicamente il fatto sicché la sua esclusione modifica il nomen juris nei termini previsti dall'art. 443 cod. proc. - ha riformato la pronuncia, riqualificando il fatto ascritto ad A A al capo 1) come omicidio premeditato, e, per l'effetto, rideterminando la pena inflittagli per tale imputazione in anni 30 di reclusione;
- ha confermato la sentenza nei confronti di C A 3. Secondo le valutazioni dei giudici del merito, in larga parte conformi, l'uccisione di Astrit Larr7 era stata commissionata da C S - a seguito del fallimento della relazione sentimentale che li aveva legati in passato, oltre che per ragioni di vendetta legati ad un furto di gioielli, dapprima a C A e, dopo il rifiuto di quest'ultimo - a Giuseppe C, il quale, a fronte di un corrispettivo, aveva organizzato l'agguato, servendosi della collaborazione in fase esecutiva dei fratelli Angelo e C A, di Francesco Serio, Salvatore També e Calogero Chiantia. C, dopo avere concordato un appuntamento con L ed i coimputati presso un box nella sua disponibilità, con il pretesto di concludere la trattativa già avviata con la consegna di una partita di stupefacente del tipo marijuana, aveva sorpreso la vittima alle spalle e, mentre i complici lo tenevano fermo, lo aveva colpito più volte al capo con un corpo contundente per poi strangolarlo con l'utilizzo di una corda di nylon. Il cadavere era stato trasportato, tra gli altri ìdai fratelli Arlotta, in un primo tempo, all'interno di un'abitazione, successivamente, in una taverna di un appartamento in fase di ristrutturazione, infine, gettato in un pozzo artesiano, raggiunto dopo l'apertura di un varco in una delle pareti, coperto di calcinacci e materiale di risulta.
4. Avverso la sentenza ricorre A A, per il tramite del difensore di fiducia avv. D M, sviluppando tre motivi 2.1. Con il primo deduce inosservanza di norme processuali in relazione all'art. 443, comma 3, cod. proc. pen. Sostiene il ricorrente che la Corte di assise di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame del pubblico ministero perché proposto avverso sentenza di condanna, emessa in esito a giudizio abbreviato, che, lungi dal modificare il titolo di reato, aveva escluso la circostanza aggravante della premeditazione, con effetti limitati al solo trattamento sanzionatorio. Evidenzia che non è, invece, applicabile il disposto dell art. 593 cod.' llien., come modificato dal d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, che, nell'estendere al giudizio ordinario, il divieto di proporre appello avverso le sentenze di condanna, già previsto per il giudizio abbreviato, legittima il pubblico ministero ad appellare anche le sentenze che incidono in maniera più significativa sulla prospettazione accusatoria, tra cui quelle che escludono la sussistenza di circostanza aggravante ad effetto speciale. Anche qualificando l'atto di impugnazione del pubblico ministero quale ricorso per cassazione convertito in appello, la Corte distrettuale avrebbe dovuto, comunque, dichiararlo inammissibile in ragione delle doglianze denunziate, tutte versate in fatto.
2.2. Con il secondo motivo deduce manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione posta alla base della decisione di escludere l'aggravante della premeditazione nonché violazione dell'art. 533 cod. proc. pen.La sentenza impugnata ha ribaltato la ricostruzione fattuale del G.i.p., tutt'altro che manifestamente illogica;
anzi è talmente plausibile da essere stata interamente recepita dalla Corte di assise di Monza nel separato giudizio nei confronti dei coindagati. Gli elementi che depongono per la consapevolezza di A A in ordine all'organizzazione dell'agguato mortale ai danni di L da parte di C sono evanescenti) sicché nel dubbio non poteva che essere adottata la soluzione più favorevole all'imputato. Neanche la pacifica circostanza che l'imputato aveva incontrato L il giorno prima dell'omicidio e quella, altrettanto indiscussa, che aveva mantenuto con la vittima contatti telefonici fino a pochi minuti prima dell'agguato può essere valorizzata in chiave accusatoria;
essa, infatti, è pienamente compatibile con la ricostruzione difensiva secondo la quale i fratelli Arlotta erano stati strumentalizzati e sapientemente utilizzati da C con la speranza di poter, al pari di L, smerciare una grossa partita di droga. Militano in senso favorevole all'imputato una serie di circostanze ed argomenti logici spiegabili unicamente con la sua mancata conoscenza del proposito omicidiario di C e con il carattere, imprevisto e necessitato, del contributo fornito alla fase esecutiva: - A A aveva partecipato all'incontro senza preoc:cuparsi di lasciare tracce arrivando addirittura ad incontrare la vittima così da correre il rischio di essere visto da terze persone, come in effetti avvenuto;
- aveva mantenuto nel luogo del delitto il possesso del cellulare con il quale aveva chiamato L consentendo la sua localizzazione. Sono perfettamente compatibili con la autonoma organizzazione dell'agguato da parte di C sia l'accertato movente economico dell'omicidio, idoneo ad indurre quest'ultimo, interessato a
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