Cass. civ., SS.UU., sentenza 14/07/2005, n. 14790

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 14/07/2005, n. 14790
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14790
Data del deposito : 14 luglio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O G - Primo Presidente f.f. -
Dott. C O F - Presidente di sezione -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. P R - rel. Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. E S - Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SOCIETÀ ABRUZZESE PER IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO S.P.A. SASI S.P.A., SUBENTRATA AL CONSORZIO COMPRENSORIALE DEL CHIETINO PER LA GESTIONE DELLE OPERE ACQUEDOTTISTICHE;
in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LEONARDO PISANO

16, presso lo studio degli avvocati GUZZO ARCANGELO, CLAUDIO MARTINO, che la rappresentano e difendono, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta difende ope legis;

- resistente -
contro
C.I.P.E.;



- intimato -


avverso la sentenza n. 23/03 del Trib. Sup.re Acque Pubbliche ROMA, depositata il 26/02/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10/03/05 dal Consigliere Dott. Giovanni SETTIMJ;

uditi gli avvocati Claudio MARTINO, ALBENZIO, dell'Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PIVETTI

Marco che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La S.p.A. Società Abruzzese per il servizio idrico integrato (SASI S.p.A.), già Consorzio Comprensoriale del Chietino per la gestione delle opere acquedottistiche, otteneva, per convenzione n. 35/90 stipulata con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, un finanziamento di L.

5.000.000.000 destinato alla realizzazione dello "schema idrico potabile del Vastese - adduzione primaria acquedotto Suriense", conseguendone un primo acconto per L. 250.000.000. Successivamente, il CIPE, con delibera 28.12.93 - adottata in attuazione della legge 488/92, recante modifiche alla disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno - stabiliva di revocare i finanziamenti relativi agli interventi, compresi nei programmi triennali di sviluppo del Mezzogiorno e dei conseguenti piani annuali d'attuazione, che fossero risultati non avviati nei termini previsti dai rispettivi atti programmatico-convenzionali;
in ragione di tale determinazione, il Ministero dell'Economia e delle Finanze - ritenuto che, nella specie, i lavori, peraltro mai effettivamente avviati, fossero rimasti sospesi per oltre un anno e mezzo senza motivo di forza maggiore - con nota 26.9.95 n. 7/12048, intimava alla S.p.A. SASI la restituzione della ricevuta somma di L. 250.000.000.
Tale provvedimento la S.p.A. SASI impugnava, unitamente all'atto presupposto adottato dal CIPE, innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in sede di legittimità con ricorso 28.11.95 cui resistevano il Ministero ed il CIPE.
Ne decideva il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sentenza 26.2.03 n. 23, rigettandolo sulla considerazione, per quanto ancora interessa in relazione ai motivi di ricorso, che, pacifica la legittimità della revoca del finanziamento, stante la sospensione dell'intervento dopo un'attività meramente prodromica, l'adozione e l'esternazione del detto provvedimento avessero avuto quale necessaria conseguenza il venir meno del presupposto e dell'oggetto stesso della convenzione, onde nessuna ulteriore contestazione dell'inadempimento ne' manifestazione di volontà di recesso dalla convenzione si fossero rese necessarie da parte dell'Amministrazione, la quale, pertanto, aveva legittimamente proceduto, in forza della sola predetta revoca, a disporre la restituzione della somma versata in acconto sul finanziamento.
Avverso tale decisione la S.p.A. SASI ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi, cui ha anche fatto seguire memoria.
L'avvocatura dello Stato si è costituita, per il Ministero dell'Economia e delle Finanze e per il CIPE, con una breve nota, eccependo genericamente l'inammissibilità del ricorso, ai sensi degli artt. 200 e 201 R.D. n. 1775 del 1933, e, comunque, l'infondatezza dei motivi, riservando le argomentazioni alla discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Devesi, preliminarmente, disattendere l'eccezione d'inammissibilità del ricorso sollevata da parte resistente.
Avverso le sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche, tanto se emesse in unico grado nelle materie contemplate dall'art. 143 legge n. 1775 del 1933, quanto se emesse in grado d'appello, il
ricorso per Cassazione, come si desume dal coordinato disposto dell'art. 111 Cost. è degli artt. 200 e 201 della legge citata, è ammesso, oltre che per motivi attinenti alla giurisdizione, anche per violazione di legge, al quale vizio devesi ricondurre 11 difetto di motivazione ove si traduca in mancanza assoluta od in mera apparenza della motivazione stessa per l'insussistenza d'un iter argomentativo atto a palesare le ragioni dell'adottata decisione, sì da incidere sul modello della sentenza quale prescritto dall'art. 132 n. 4 C.P.C. e da determinare, per ciò, la nullità prevista come motivo di ricorso dall'art. 360 n. 4 dello stesso codice (e pluribus, Cass. SS.UU. 19.11.01 n. 14541, 7.8.01 n. 10892, 9.7.01 n. 9321, 15.7.99 n. 401). Nella specie, oltre alla preliminare questione d'illegittimità costituzionale dell'art. 139/11 legge 1775/33, risultano denunziate violazioni di legge sia di carattere sostanziale (artt. 143 e 197 legge 1775/33), sia di carattere processuale sotto l'indicato specifico profilo (art. 132 n. 4 C.P.C.), onde non può ritenersi aprioristicamente inammissibile il ricorso ma, se mai, devesi, in relazione al detto profilo, valutare l'ammissibilità dei singoli motivi, ove la denunzia del vizio di motivazione, nei termini prospettativi, non sia riconducibile alle summenzionate deducibili ragioni di censura.
Ciò posto, può procedersi all'esame del ricorso.
Con il primo motivo, la ricorrente - denunziando la illegittimità costituzionale dell'art. 139/2/d del T.U. n. 1775 del 1933 per violazione degli artt. 102, 108, 111 Cost. - sostiene che la norma in questione si ponga in contrasto con il principio costituzionale dell'indipendenza del giudice, anche speciale, sancito dall'art. 108 Cost., per esservi prevista l'integrazione del collegio giudicante
con tecnici funzionari della Pubblica Amministrazione, e richiama, al riguardo, le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 353 del 2002, con la quale il giudice delle leggi ha ritenuto l'illegittimità costituzionale della norma che regola la composizione del Tribunale Regionale delle Acque pubbliche (art. 138 del medesimo TU n. 1775 del 1933) in considerazione del fatto che vi si prevede, nella composizione di tale organo giudicante, la presenza d'un funzionario dell'ex Genio Civile (ora normalmente del Provveditorato delle OO.PP).
La questione è manifestamente infondata.
Come già ritenuto dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (sent. n. 60 del 2003) e confermato da queste stesse SS.UU. (sentt. 16.3.04 n. 5322 e 27.7.04 n. 14082) non è ravvisabile alcuna equiparazione tra la posizione dei membri effettivi del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che concorrono alla composizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con quella dei funzionari dell'ex Genio Civile aggregati al Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche.
Nel confronti di questi ultimi, infatti, la Corte costituzionale ha ravvisato, con la surrichiamata sentenza del 17 luglio 2002, n. 353, la violazione dei principi d'indipendenza e terzietà del giudice, sanciti dall'art. 108 Cost. anche per i giudici speciali, nel fatto che i funzionar chiamati ad integrare il collegio continuassero ad essere in servizio presso un'amministrazione pubblica che gestisce o concorre a gestire un determinato settore d'attività amministrativa e, come tali, fossero soggetti a condizionamenti, derivanti dalla permanenza del rapporto di servizio con l'amministrazione di provenienza, la quale avrebbe potuto adottare provvedimenti discrezionali nei loro confronti.
Nulla di tutto ciò si verifica per i componenti effettivi del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che non è organo d'amministrazione attiva, ma è definito dalla legge massimo organo consultivo dello Stato in materia d'opere pubbliche ed è chiamato a formulare pareri facoltativi ed obbligatori, ma mai vincolanti, nelle materie previste dalla legge.
Va sottolineato che l'art. 139, lett. d), del R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775 richiede espressamente che i componenti tecnici del Tribunale
Superiore delle Acque Pubbliche membri effettivi del Consiglio Superiore del Lavori Pubblici non abbiano funzioni amministrative attive, e, se si considera che altresì che il collegio è composto non solo da alti funzionari dello Stato, ma anche da alti magistrati e da esperti nelle materie di sua competenza, deve escludersi ogni possibilità d'immedesimazione dei suoi componenti effettivi con le amministrazioni che siano parti in giudizio innanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e, quindi, qualsiasi possibilità di condizionamento.
Va, inoltre, rilevato che la Corte costituzionale non ha ravvisato alcuna consequenzialità, per gli effetti di cui all'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, tra la dichiarazione d'illegittimità
della composizione dei Tribunali Regionali e la composizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, onde la disciplina introdotta dal D.L. 24 dicembre 2003, n. 354, secondo cui dal 1 gennaio 2004 anche il Tribunale Superiore prevede tra i suoi componenti, in luogo dei componenti effettivi del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, tre esperti iscritti nell'albo degli ingegneri, deve ritenersi ispirata a criteri d'omogeneità con la nuova composizione dei Tribunali Regionali piuttosto che ad esigenze d'adeguamento della normativa preesistente al dettato costituzionale. Alle considerazioni che precedono conseguono il rigetto del motivo e la declaratoria di manifesta infondatezza della prospettata questione d'illegittimità costituzionale.
Ribadita, dunque, la legittima composizione del collegio giudicante che ha reso la pronunzia impugnata, va esaminato il secondo motivo, con il quale la ricorrente - denunziando violazione dell'art. 132 n. 4 C.P.C. per mancanza od apparenza della motivazione - si duole che,
evidenziatasi al giudice a quo l'illegittimità degli impugnati provvedimenti di revoca del finanziamento e di recupero delle somme anticipate - sotto il profilo sia della contraddittorietà tra la revoca del finanziamento e la persistenza della convenzione non risolta, sia dell'infondatezza della pretesa di restituzione relativamente a somme utilizzate in attività svolta nel rispetto della convenzione - nell'impugnata sentenza non sia stato chiarito se la convenzione fosse da considerare ancora vigente pur dopo la revoca del finanziamento e se al Ministero fosse consentito disporre per atto unilaterale un obbligo di restituzione delle somme anticipate e già pacificamente impiegate nella svolta attività correlato alla sola revoca del finanziamento indipendentemente dalle vicende della convenzione. Il motivo non merita accoglimento.
Dell'adottata decisione sul punto il giudice a quo, pur esponendone gli argomenti salienti in parti diverse della trattazione e tuttavia agevolmente coordinabili, ha, infatti, fornito una giustificazione che non è ne' carente ne' apparente, avendo ritenuto e spiegato come - essendo venuto meno il presupposto della convenzione con la revoca del finanziamento, considerata legittima in presenza delle condizioni di cui alla legge 488/92 e delle disposizioni attuative contenuta nella delibera del

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