Cass. pen., sez. V trib., sentenza 16/05/2018, n. 21672

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 16/05/2018, n. 21672
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21672
Data del deposito : 16 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DI CIANO ANTONIO nato il 04/11/1956 a LANCIANO avverso la sentenza del 22/06/2016 della CORTE APPELLO di L'AQUILAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere

IRENE SCORDAMAGLIA

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore M G F che ha concluso per Il Proc. Gen. conclude per l'annullamento con rinvio al giudice civile per le statuizioni civili;
rigetto nel resto. Udito il difensore rkWe' o/v1/4.2pvexivo i M"( 1-mktv.£5 nm- i Lk n jt_v il difensore presente si riporta ai motivi. À

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 luglio 2014, il Tribunale di Lanciano assolveva D C A, imputato del reato di cui agli artt. 81 cpv. cod.pen. e 2621 cod.civ., per avete, nella qualità di legale rappresentante pro-tempore della

DND

Immobiliare S.r.l., con l'intenzione di ingannare i soci e il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, omesso di indicare nei bilanci della società relativi agli anni di esercizio fino al 2010, informazioni imposte dalla legge circa la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, così da indurre in errore i destinatari delle predette comunicazioni societarie: segnatamente per non avere riportato nel conto d'ordine in calce allo stato patrimoniale, alla voce 'fondo rischi e vari', l'importo di Euro 1.106.389,00, corrispondente al prezzo complessivo della vendita di appartamenti, effettuata negli anni dal 2000 al 2004, in relazione alla quale - in ciascuno dei contratti stipulati - la società aveva assunto l'impegno di prestare tutte le garanzie di legge, compresa la garanzia per evizione e il risarcimento dei danni di qualsiasi natura e specie, da escutere nell'ipotesi in cui la controversia pendente al cospetto del giudice amministrativo avente ad oggetto la legittimità del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Lanciano, si fosse conclusa con l'annullamento del titolo e con la demolizione del manufatto in cui erano collocate le singole unità immobiliari. A suffragio della pronuncia liberatoria per insussistenza del fatto, il giudice assumeva che la garanzia prestata dalla società nei confronti degli acquirenti non rientrasse tra quelle indicate dall'art. 2424, comma 3, cod. civ. - per le quali è previsto l'obbligo di appostazione nel conto d'ordine in calce allo stato patrimoniale -, venendo in rilievo, piuttosto, la garanzia per evizione che il venditore assume normalmente nei confronti del compratore, ai sensi degli artt. 1476, n. 3 e 1483 cod. civ., per l'ipotesi che un terzo faccia valere diritti sulla cosa compravenduta;
così come escludeva che vi fosse un obbligo di iscrizione dell'importo del prezzo complessivo degli appartamenti discendente dalla norma di cui all'art. 2424-bis, comma 3, cod. civ. - che impone l'esposizione nello stato patrimoniale degli accantonamenti per rischi e oneri -, atteso che la pendenza di un giudizio di impugnazione avverso la sentenza del TAR che aveva annullato la concessione edilizia e la sospensione dell'efficacia della sentenza di annullamento adottata dal Consiglio di Stato non consentissero di ravvisare nella fattispecie una perdita o un debito certi di natura determinata o, comunque, di esistenza certa o probabile, che soli legittimano l'iscrizione dell'accantonamento in vista della loro copertura.

2. Con sentenza del 22 giugno 2016, la Corte di appello di L'Aquila, pronunciandosi sulle impugnazioni proposte dal Pubblico Ministero e dalle parti civili, in riforma della sentenza appellata, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine al reato ascrittogli perché estinto per prescrizione e lo condannava al risarcimento del danno in favore delle parti civili concludenti - da liquidarsi in separata sede - con concessione in favore di Geta A e di Ciancio F G E di una provvisionale di Euro 137.000,00, corrispondente al prezzo dell'appartamento acquistato dalla DND S.r.l.. A fondamento della propria decisione, il giudice distrettuale rilevava come sussistesse in capo all'amministratore l'obbligo di iscrizione dell'importo del ricavato della vendita degli appartamenti, sia ai sensi dell'art. 2424, comma 3, cod. civ. che a norma dell'art. 2424-bis cod. civ.;
e questo perché: 1) la garanzia che la società si era impegnata a prestare nei confronti degli acquirenti all'atto della sottoscrizione dei contratti di compravendita non era quella per evizione tipica - prevista dagli artt. 1476 n. 3 e 1483 cod. civ. -, ma una atipica e ulteriore, assimilabile allèbgaranzie prese in considerazione dall'art. 2424, comma 3, cod. civ., posto che il diritto sugli appartamenti compravenduti acquisito dal Comune di Lanciano a seguito di espropriazione degli stessi per inottemperanza all'ordine di demolizione, adottato a seguito di accertamento definitivo della illegittimità della concessione edilizia non era assimilabile a quello che consente la rivendicazione della cosa in senso tecnico;
2) l'impegno contrattualmente assunto dalla società venditrice per l'ipotesi che gli acquirenti avessero subito lo spossessamento dei beni immobili acquistati era, in ogni caso, rilevante ai sensi dell'art. 2424-bis, comma 3, cod. civ., posto che prudentemente l'amministratore avrebbe dovuto iscrivere nello stato patrimoniale l'ammontare complessivo del prezzo degli appartamenti sotto la voce 'accantonamenti per rischi e oneri', dal momento che la perdita che la società avrebbe potuto subire a seguito dell'accertamento definitivo della illegittimità della concessione e dell'ordine di demolizione del manufatto, con conseguente attivazione delle garanzie prestate in favore dei singoli acquirenti, doveva ritenersi se non certa almeno probabile atteso l'iter del contenzioso amministrativo. Evidenziava, in aggiunta, che l'omissione di tale dato contabile era tale da integrare una informazione dolosamente taciuta soprattutto al pubblico, poiché si sottraeva alla conoscenza da parte di esso un elemento negativo rilevante della situazione patrimoniale della società.

3. Con ricorso per cassazione sottoscritto dai suoi difensori, Avv. Giuliano Milia e Avv. Marco Di Domenico, l'imputato articolava quattro motivi di censura e formulava istanza di sospensione dell'esecuzione della condanna ad effetti civili, nei limiti della concessa provvisionale alle parti civili Geta e Cancio.

3.1. Il primo motivo denunciava il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 576 e 538, comma 1, cod. proc. pen. e 157 e 81 cpv. cod. pen., ed eccepiva che il giudice di appello non avesse il potere di pronunciarsi sulla domanda civile poiché il reato ascritto all'imputato si era estinto per prescrizione in data anteriore alla pronuncia di primo grado. All'uopo evidenziava che la contravvenzione di cui all'art. 2621 cod. civ. - applicabile in quanto norma più favorevole in riferimento al fenomeno di successione normativa verificatosi per effetto della legge n. 69 del 2015 - dovesse considerarsi un reato istantaneo, suscettibile di consumarsi in relazione a ciascun esercizio al momento del deposito del bilancio (e quindi entro il 30 aprile dell'anno successivo rispetto a quello cui si riferisce il bilancio), con la conseguenza che, poiché le vendite avevano avuto luogo sino al 2004, l'ultimo dei fatti in contestazione si era consumato al più tardi il 30 aprile 2005. Nondimeno, sempre con riferimento al dies a quo del corso della prescrizione, rammentava che, per affermata giurisprudenza di questa Corte, quando la comunicazione societaria assume forma scritta, il reato di falso in bilancio si consuma, appunto, nel momento in cui i documenti che la incorporano sono depositati ai sensi di legge, con la conseguenza che successive dichiarazioni di conferma della comunicazione falsa non integrano nuova violazione della medesima disposizione di legge, né, tantomeno, rilevano agli effetti della continuazione o della permanenza (Sez. 5, n. 191 del 19/10/2000 - dep. 10/01/2001, Mattioli F. P. ed altri): donde la reiterazione delle omissioni contestate nei bilanci relativi agli anni di esercizio successivi doveva considerarsi inidonea ai fini della consumazione di ulteriori reati di cui all'art. 2621 cod.civ.. Osservava, infine, che, sia che si considerasse applicabile - in riferimento al profilo del tempo necessario a prescrivere - la norma di cui all'art. 157 cod. pen., nella formulazione anteriore alla legge n. 251 del 2005, in quanto più favorevole, che la stessa disposizione nella versione vigente, doveva prendersi atto che il reato si era estinto in data antecedente alla pronuncia della sentenza di primo grado.
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