Cass. pen., sez. V, sentenza 30/03/2021, n. 12069
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da L C A P, nato a Castelvetrano il 04/06/1974 avverso la sentenza del 26/11/2019 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere M R;lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P F, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;lette le richieste del difensore del ricorrente, avv. F C, che ha chiesto che sia dichiarata la nullità del decreto che dispone il giudizio o che sia annullata l'ordinanza del 20 ottobre 2017 ed in ogni caso l'annullamento della sentenza impugnata;RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato la sentenza del 24 maggio 2018 del Tribunale di Novara che ha affermato la penale responsabilità di A P L C - imputato del delitto di falso ideologico continuato in atto pubblico - di un unico delitto di falso ideologico, aggravato perché commesso nella redazione di atto pubblico facente fede fino a querela di falso, e applicate le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante, lo ha condannato alla pena di giustizia, assolvendo il predetto dalla residua imputazione. In particolare, il Tribunale ha condannato A P L C per avere, quale ufficiale di polizia giudiziaria presso la Tenenza dei Carabinieri di Borgomanero, formato un verbale di arresto ideologicamente falso in occasione della cattura in data 1 marzo 2007, di tale L per il delitto di detenzione e cessione di un chilogrammo di cocaina omettendo di riferire che l'arresto era stato possibile grazie a G M che, d'intesa con le forze dell'ordine, aveva condotto le trattative per l'acquisto della sostanza stupefacente ed aveva operato in modo da consentire ai carabinieri di procedere all'arresto degli spacciatori. Il Tribunale ha invece assolto il L Causi dall'imputazione di falso ideologico in atto pubblico in occasione della redazione del verbale dell'arresto, in data 24 settembre 2008, di G O. Anche in questa occasione nel verbale di arresto non è stata menzionata la circostanza che era stato il M che si era rivolto all'O per acquistare un chilogrammo di hashish e poi, poco prima della cessione, aveva avvertito i Carabinieri appostatisi nelle vicinanze che avevano proceduto all'arresto. La Corte di appello, decidendo sugli appelli del Pubblico ministero e dell'imputato, ha dichiarato non doversi procedere per il reato per il quale era stata pronunciata condanna perché estinto per prescrizione e ha condannato il L Causi per il delitto di falso ideologico per il quale egli era stato assolto in primo grado, condannandolo, con le circostanze attenuanti prevalenti sull'aggravante contestata, alla pena di giustizia. 2. Avverso detta sentenza propone ricorso A P L C, a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento ed affidandosi a dieci motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., violazione dell'art. 141-bis cod. proc. pen. e vizio di motivazione. All'udienza preliminare il difensore, invocando la disposizione sopra citata, ha eccepito l'assoluta inutilizzabilità del verbale di interrogatorio di G M del 12 dicembre 2012. Con la memoria del 5 aprile 20018, al contenuto della quale il ricorrente rinvia per relationem, il difensore aveva prodotto la trascrizione integrale dell'interrogatorio ed aveva segnalato che la reale durata dello stesso non corrispondeva a quanto indicato nel verbale riassuntivo e che si erano verificate anche quattro interruzioni della registrazione che non avevano consentito di ascoltare quasi un'ora di dichiarazioni;l'ultima interruzione non aveva consentito di ascoltare la fase terminale dell'interrogatorio, quella in cui il M avrebbe rivolto al L Causi le accuse più infamanti. Il Giudice per l'udienza preliminare, motivando in seno al decreto di citazione a giudizio, non aveva accolto l'eccezione sostenendo che la questione doveva essere posta al giudice del dibattimento. Il Tribunale, con ordinanza del 20 luglio 2017, aveva accolto parzialmente l'eccezione, dichiarando inutilizzabile la parte finale dell'interrogatorio, contenente le dichiarazioni del M verbalizzate ma non registrate. Con l'atto di appello il L Causi aveva reiterato l'eccezione, sia dolendosi della decisione del Giudice per l'udienza preliminare, sia impugnando l'ordinanza sopra indicata, ma la Corte di appello aveva rigettato l'impugnazione con una motivazione inconferente rispetto ai motivi di censura e comunque illogica. Il L Causi non aveva inteso impugnare il decreto di citazione a giudizio e si era limitato ad osservare che laddove il Giudice per l'udienza preliminare avesse dichiarato immediatamente l'inutilizzabilità dell'interrogatorio, egli avrebbe potuto optare per un rito abbreviato. Neppure era condivisibile la decisione adottata dal Tribunale. La Corte di appello ha rigettato l'eccezione facendo riferimento all'indisponibilità dell'atto, alla non sottoposizione dell'interrogato a custodia cautelare ad al superamento della questione in seguito all'esame dibattimentale dell'interrogato. La questione viene ulteriormente reiterata in questa sede, osservando che questa Corte di cassazione ha affermato che la riproduzione fonografica o audiovisiva dell'interrogatorio della persona detenuta, svolto fuori dell'udienza, è prescritta dall'art. 141-bis cod. proc. pen. anche con riferimento alla documentazione delle dichiarazioni rese erga alios, a pena di inutilizzabilità delle stesse sia nei confronti del dichiarante, sia nei confronti dei terzi (Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, De brio, Rv. 244326). Peraltro, l'interrogatorio era stato condotto da due ufficiali di polizia giudiziaria e non dal Pubblico ministero, come invece prescritto dall'art. 370 cod. proc. pen.. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione e travisamento di prova dichiarativa in relazione alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale disposta su richiesta del Pubblico ministero per assumere una prova non decisiva. La Corte di appello ha ribaltato l'esito del giudizio di primo grado condannando il L Causi per un reato per il quale egli era stato assolto dal Tribunale. A tal fine la Corte di appello ha rinnovato solo l'esame del teste G M, ritenendo che la sua deposizione avesse avuto una rilevanza decisiva ai fini dell'assoluzione pronunciata dal Tribunale;in realtà, la sua deposizione non aveva avuto rilevanza decisiva poiché la decisione del Tribunale si fondava esclusivamente sulle deposizioni di altri soggetti. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., vizio di motivazione e violazione dell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen.. Il difensore dell'imputato si era opposto alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, ma il Presidente della Corte territoriale aveva replicato che, avendo il Pubblico ministero proposto appello, la rinnovazione era imposta dall'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen.;in realtà, la rinnovazione può essere disposta, anche in caso di impugnazione del pubblico ministero, solo se le prove indicate dall'appellante siano decisive. La Corte di appello aveva ritenuto la deposizione del M non solo prova decisiva, ma anche attendibile, senza motivare adeguatamente in ordine alla credibilità del teste. L'inattendibilità del M emergeva dalla deposizione del teste G, appartenente all'Arma dei Carabinieri, il quale aveva riferito che le dichiarazioni rese nel corso delle indagini dal M presentavano diverse incongruenze e che egli aveva preparato un elenco dei punti da «aggiustare» per rendere più coerente e credibile il racconto del M;tali «aggiustamenti» erano poi culminati nell'interrogatorio del M di cui si lamenta l'inutilizzabilità. Inoltre, la Corte di appello non ha chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto credibile il M, sebbene questi fosse stato giudicato inattendibile prima dal Giudice per le indagini preliminari, che aveva emesso ordinanza con la quale aveva rigettato la richiesta di applicazione di misura cautelare personale al L Causi, e poi dal Tribunale del riesame, che aveva rigettato l'impugnazione del Pubblico ministero avverso detta ordinanza, ed infine dal Tribunale, all'esito del giudizio di primo grado. La Corte di appello non si confronta con le motivazioni di tali provvedimenti. 2.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., vizio di motivazione e violazione dell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen.. 2.4.1. La Corte di appello ha fondato la sua decisione esclusivamente sulla esistenza di un accordo tra il M e l'imputato, ponendo in secondo piano l'oggetto dell'imputazione, ossia la falsificazione del verbale di arresto;esistendo detto accordo, il verbale di arresto doveva necessariamente ritenersi ideologicamente falso. Se fosse realmente esistito tale accordo, il L causi avrebbe dovuto essere imputato anche di altri delitti, stante la sussistenza di un rapporto criminale tra lo stesso ed il M. Nel corso del giudizio, il L Causi aveva ritenuto di doversi difendere solo dalle imputazioni di falso, mentre la sentenza giunge ad affermare un accordo criminale tra i due dal quale viene fatta discendere la falsità del verbale. Assume, quindi, il ricorrente che risulta violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza di cui all'art. 521 cod. proc. pen.. L'esistenza di un accordo tra il L causi ed il M era un tema che non aveva mai costituito oggetto di contraddittorio e sul quale l'imputato, in difetto di contestazione, non era mai stato posto in condizione di difendersi. 2.4.2. In secondo luogo, la Corte di appello non ha affatto motivato indicando le ragioni per le quali ha ritenuto dimostrata l'esistenza dell'accordo tra il M ed il L Causi, limitandosi a prestare fede alle dichiarazioni del primo, sebbene inattendibile.
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