Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 26/11/2020, n. 26966

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 26/11/2020, n. 26966
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26966
Data del deposito : 26 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 16922/2013 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende - ricorrente- tuS

contro

EUROVITA ASSICURAZIONI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale in atti, dalli Avv. F F, con domicilio eletto G-P presso lo studiob quest'ultimo, Legaltax Studi legale e tributario, in Roma, via Fl minia, n. 13,51CAtu - controricorrente- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 71/22/13, depositata il 4 marzo 2013 e notificata 1'8 maggio 2013. r.g.n. 16922/2013 1 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell'8 settembre 2020 dal Consigliere dott. M C;
Rilevato che:

1. Eurovita Assicurazioni s.p.a., esercente attività di assicurazione e riassicurazione, nell' anno d'imposta 2003, ha alienato obbligazioni che aveva acquistato nel 1998, conseguendo una minusvalenza civilistica ed una minusvalenza fiscale ( data dalla differenza tra l'ultimo costo fiscalmente riconosciuto delle obbligazioni negoziate ed il prezzo di cessione delle stesse). Nel Modello Unico 2004, relativo alla dichiarazione dei redditi del 2003, la società non deduceva tale minusvalenza fiscale e quindi non la considerava (nei limiti della differenza tra quella fiscale e quella civilistica) al fine della diminuzione dell'imponibile dell'Irpeg e della determinazione del valore della produzione per il computo dell' Irap. Riteneva la contribuente che, ove avesse invece computato la predetta minusvalenza, ne sarebbe derivato a suo favore, relativamente all'anno d'imposta 2003, un maggior credito sia Irpeg che Irap , oltre che un minor utilizzo di perdite fiscali pregresse, che la contribuente avrebbe potuto portare a nuovo e scomputare dall'imponibile dell'anno d'imposta successivo (il 2004), quale liquidato nella dichiarazione Modello Unico 2005. Non essendo più nei termini per la dichiarazione rettificativa, la società presentava quindi due istanze di rimborso, una relativa al maggior credito Irpeg ed Irap, che le sarebbe spettato per le predette ragioni per l'anno d'imposta 2003, oltre agli interessi;
l'altra avente ad oggetto la restituzione della somma versata in eccesso, per i suddetti motivi, rispetto alla minor imposta Ires dovuta sull'imponibile di cui all'anno d'imposta 2004. Non avendo l'Agenzia provveduto sulle due istanze, la contribuente, per quanto qui interessa, ha proposto ricorso dinnanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma avverso il silenzio-rifiuto r.g.n. 16922/2013 2 maturato sulla domanda di rimborso della maggior Ires versata, ma non dovuta, relativamente all'anno d'imposta 2004. L'adita CTP ha accolto il ricorso.

2.L'Ufficio ha impugnato la sentenza di primo grado e l'adita Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza n. 71/22/13, depositata il 4 marzo 2013, ha rigettato l'appello.

3.L'Ufficio ha allora proposto ricorso, affidato ad un motivo, per la cassazione della predetta sentenza d'appello.

4.La società contribuente si è costituita con controricorso ed ha depositato una memoria tardiva e quindi inammissibile.

Considerato che:

1.Con l'unico motivo l'Ufficio ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc.. civ., la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1, comma 4, di. 24 settembre 2002, n. 209, convertito con modificazioni dalla legge .22 novembre 2002, n. 265. Secondo l'Agenzia, infatti, il giudice a quo (come già quello di primo grado) avrebbe errato nell'escludere che la deducibilità fiscale della minusvalenza in questione fosse preclusa dalla mancata comunicazione della stessa da parte della contribuente, come imponeva invece il predetto art. 1, comma 4, d.l. n. 209 del 2002, il quale così dispone: « Relativamente alle minusvalenze di ammontare complessivo superiore a cinque milioni di euro, derivanti da cessioni di partecipazioni che costituisconolmmobilizzazioni finanziarie realizzate, anche a seguito di più atti di disposizione, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, il contribuente comunica all'Agenzia delle entrate i dati e le notizie necessari al fine di consentire l'accertamento della conformità dell'operazione di cessione con le disposizioni dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, r.g.n. 16922/2013 3 sono stabiliti i dati e le notizie oggetto di comunicazione, nonché' le procedure e i termini della stessa. In caso di comunicazione omessa, incompleta o infedele, la minusvalenza realizzata è fiscalmente indeducibile. [...]». A sua volta, l'art. 1, comma 1, del conseguente provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 22 maggio 2003 così statuisce: « Con riferimento alle cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie e alle operazioni ad esse equiparabili effettuate, anche a seguito di più atti di disposizione, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto- legge 24 settembre 2002, n. 209, il contribuente che intende dedurre le relative minusvalenze di ammontare complessivo superiore a 5 milioni di euro comunica i dati e le notizie di cui al successivo comma 3, nonché' i documenti di cui al successivo comma 4, alla direzione regionale competente in relazione al proprio domicilio fiscale mediante consegna o spedizione a mezzo del servizio postale in plico raccomandato e con avviso di ricevimento.». Secondo l'Ufficio ricorrente, per effetto di tali disposizioni, l'obbligo di comunicazione, al fine della deducibilità, riguarderebbe non soltanto le minusvalenze derivanti dalla cessione di «partecipazioni» che costituiscono immobilizzazioni finanziarie realizzate, ma anche le minusvalenze conseguenti (come nel caso di specie) alla cessione di obbligazioni. Non sarebbe decisiva, secondo l'Amministrazione ricorrente, la differenza civilistica, valorizzata dalla CTR, tra il concetto di "partecipazione" e quello di "obbligazione", rilevando piuttosto il riferimento, contenuto nell' art. 1, comma 4, d.l. n. 209 del 2002, alle «immobilizzazioni finanziarie realizzate», categoria nella quale, ai fini fiscali, andrebbero iscritte anche le obbligazioni. Le quali, aggiunge l'Ufficio, sono infatti comprese, quali «crediti» o «altri titoli», r.g.n. 16922/2013 4 unitamente alle «partecipazioni», dall'art. 2424 cod. civ. nella voce «Immobilizzazioni finanziarie» dello stato patrimoniale. Premessa dunque l'estensione dell'obbligo di comunicazione, secondo l'Agenzia ricorrente, anche alle minusvalenze derivanti dalla cessione di obbligazioni, ed essendo incontestata l'omissione di tale adempimento da parte della società, con conseguente indeducibilità della componente negativa non comunicata preventivamente all'Ufficio, il giudice a quo avrebbe dovuto accogliere l'appello erariale e, in riforma della sentenza di primo grado, rigettare nel merito il ricorso introduttivo della contribuente, non sussistendo il diritto di credito oggetto della domanda di rimborso di quest'ultima.
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