Cass. civ., sez. I, sentenza 09/06/2004, n. 10886
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Non essendo configurabile un intervento necessario o un parere obbligatorio del pubblico ministero nel procedimento, che si svolge nei modi di cui agli artt. 737 e ss. cod. proc. civ., conseguente al ricorso dello straniero, titolare di permesso di soggiorno, avverso il provvedimento della pubblica amministrazione di diniego al nulla osta al ricongiungimento familiare (artt. 29 e 30, comma 6, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e succ. modif.), ed essendo del pari da escludere che l'impugnativa "de qua" riguardi lo stato e la capacità delle persone, deve negarsi al procuratore generale presso la corte d'appello la legittimazione a proporre ricorso per cassazione avverso il decreto reso, in sede di reclamo, dalla corte d'appello.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L G - Presidente -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. F F - rel. Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. G F A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n^. 5566 del Ruolo Generale degli affari civili dell'anno 2003, proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE;
- ricorrente -
contro
M DLL'INTERNO, in persona del Ministro, ex lege rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso questa domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12. - resistente intimato -
e
B X, cittadina cinese, elettivamente domiciliata in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentata e difesa dall'avv. N D S P, per procura in calce al controricorso.
- controricorrente -
avverso il decreto della Corte d'appello di Firenze del 6-11 dicembre 2002. Udita, all'udienza del 12 febbraio 2004, la relazione del Consigliere Dott. F F.
Udito il P.M. Dott. A P, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La domanda al Questore di Firenze della cinese B X dotata di permesso di soggiorno, del nulla osta al ricongiungimento familiare con la figlia e il marito, veniva respinta per non avere l'istante provato la"disponibilità" di un appartamento, essendovi solo la dichiarazione di un connazionale che le offriva ospitalità in un appartamento del quale ella non poteva disporre, come sancito dall'art. 29, comma 3, lett. a, D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286 e successive modifiche. La donna ricorreva contro detto diniego al Tribunale di Firenze in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 30, 6 comma D. Lgs. 286/98 e, con decreto del 1 agosto 2002, il
ricorso era rigettato, ritenendo l'adito giudice che le parole "disponibilità di un alloggio" di cui alla legge imponessero la titolarità d'una situazione soggettiva qualificabile come diritto reale o obbligatorio sull'immobile, che non vi era nel caso, con la mera dichiarazione di ospitalità, non valevole neppure come contratto di comodato.
B X proponeva reclamo alla Corte di appello di Firenze e in detto grado si costituiva la Questura - Ministero dell'Interno, col patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato;l'adita Corte accoglieva il reclamo, negando che la parola "disponibilità" dell'alloggio significasse titolarità di un diritto reale o personale, essendo sufficiente la mera ospitalità, come titolo per il godimento gratuito e a tempo indeterminato d'una abitazione, anche se l'ospitante poteva far cessare ad nutum detta situazione. Per la cassazione di detto decreto ha proposto ricorso ex art. 111 Cost., con due motivi, il P.G. presso la Corte d'appello di Firenze e si è difesa B X con controricorso;il Ministero dell'interno ha depositato atto di resistenza non notificato alle controparti, al solo scopo d'avere comunicazione dell'udienza di discussione per parteciparvi eventualmente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso, notificato al Questore di Firenze, che in secondo grado s'è costituito come organo del Ministero dell'Interno, difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, che nulla ha eccepito sull'identificazione della persona cui il reclamo è stato notificato all'udienza di trattazione, ex art. 4 L. 25 marzo 1958 n. 260, è inammissibile, perché proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Firenze, non legittimato all'impugnazione. Pur essendo nulla la notifica del ricorso presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato, ex artt. 11 R.D. 30 ottobre 1933 n. 1611 e 9, 1^ comma, L. 3 aprile 1979 n. 103, l'atto di resistenza depositato nella Cancelleria di questa Corte il 9 aprile 2003, a nome del Ministro dell'Interno, dall'Avvocatura Generale dello Stato, da questa qualificato come di "costituzione", esclude la necessità di rinnovare la notifica ai sensi del primo comma dell'art. 291 c.p.c. e sana la nullità del contraddittorio di questa fase del giudizio, dovendosi ritenere notificato al Questore come organo periferico di detto Ministero.
Deve però negarsi la legittimazione processuale e sostanziale del Procuratore Generale nel presente giudizio che, anche se relativo all'attuazione del diritto all'unità familiare dello straniero dotato di permesso di soggiorno, ex art. 28 D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286, con i suoi congiunti all'estero, come individuati nel primo
comma dell'art. 29 del citato D. Lgs., non attiene allo "stato" familiare dell'istante o di detti suoi congiunti che è incontestato, ma solo alla ripresa eventuale della loro convivenza. Il giudizio ha infatti ad oggetto il mero diniego del nulla osta al ricongiungimento dell'istante alla sua famiglia e la sussistenza dei presupposti che consentono ai congiunti individuati dalla legge d'essere autorizzati a entrare e a soggiornare in Italia. Data l'espressa riserva di legge dell'art. 69 c.p.c., in difetto di norme speciali che consentano l'azione del P.M. o gli attribuiscano il potere d'intervenire nel processo sul diniego dal Questore del nulla osta al ricongiungimento alla famiglia dello straniero, il parere in fatto espresso dal P.G. nel secondo grado di questo processo non era obbligatorio e deve escludersi l'intervento necessario dell'Ufficio del Pubblico Ministero nella presente causa (sulla posizione di litisconsorte del P.M. nei giudizi in cui deve intervenire cfr. Cass. 19 dicembre 2002 n. 18128). Una volta escluso che si versi in
un'azione riguardante "lo stato e la capacità delle persone" ai sensi del n. 3 dell'art. 70 c.p.c. è da negare pure che il caso configuri una fattispecie di intervento necessario ex artt, 71 e 72 c.p.c.. Non è d'altronde nel caso neppure obbligatorio il parere del P.M., come accade in altri casi di rito camerale, emergendo dall'art. 738, 2 comma, c.p.c. che non sempre in detti casi il P.M. deve essere
obbligatoriamente sentito.
In mancanza di un intervento necessario o di un parere obbligatorio del P.M. nel procedimento svolto nei modi degli artt. 737 e segg. c.p.c., conseguente al ricorso dello straniero al Tribunale contro
gli atti della P.A. che ostacolano il suo ricongiungimento alla famiglia (art. 30, 6^ comma, D. Lgs. 286/98), non può esservi neppure legittimazione del P.G. al ricorso per Cassazione. Invero mancando il potere di reclamo alla Corte d'appello nella materia non attribuito dalla legge ex art. 69 c.p.c. al P.M. presso il Tribunale, l'ufficio corrispondente del P.G. presso la Corte d'appello che innanzi a questa svolge le stesse funzioni, ai sensi degli artt. 69 e 70 del R.d. 30 gennaio 1941 n. 12 (Ordinamento giudiziario), non ha potere d'iniziativa in detta causa, che lo legittimi al ricorso per Cassazione, ai sensi degli artt. 72, 1 comma, e 740, c.p.c..
In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile, perché proposto da soggetto non legittimato all'impugnazione sia sostanzialmente che processualmente, avendo il P.G. espresso solo un parere non obbligatorio innanzi alla Corte d'appello e non essendo stato parte del giudizio di secondo grado.
Nulla deve disporsi per le spese di questa fase del giudizio delle quali non può rispondere il P.G. ricorrente, che ha erroneamente ritenuto di agire nell'esercizio delle sue funzioni.