Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/12/2022, n. 37409

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/12/2022, n. 37409
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 37409
Data del deposito : 21 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 8837/2016R.G. proposto da DE.GA. TOURIST SNC DI G ENNARO DELLA VECCHIA F.LLI, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE ANGELICO,70, presso lo studio dell’avvocato P P (PLMPLA81E08E329D) rappresentato e difeso dall'avvocato P P (PCFPQL61C10E329D), giusta procura speciale in calce al ricorso. -ricorrente-

contro

Oggetto: TARSUCOMUNE DI ISCHIA, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA LUNGOTEVERE DEI MELLINI

17, presso lo studio dell’avvocatoVITOLO GIUSEPPE (VTLGPP68S03H703A) che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del controricorso. -controricorrente- avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 8653/03/15, depositata il 06/10/2015. Udita la relazione svolta dal Consigliere O D M nella pubblica udienza del 15/12/2022 tenuta in camera di consiglio, in difetto di richiesta di discussione orale, secondo la disciplina dettata dagli artt. 23, comma 8-bis, d.l. n. 137 del 2020 e 7, d.l. n. 105 del 2021. Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F S , che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

FATTI DELLA CAUSA

La società DE.GA. TOURIST propone cinqu e motivi di ricorso per la cassazione della suindicata sentenza, con la quale la C ommissione tributaria regionale della Campania, a confermadella prima decisione, ha ritenuto legittimo l'avviso di pagamento perTarsu 2011 notificatole dal Comune di Ischia. La Commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha richiamato , e fatta propria, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), secondo cui “è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime. Infatti la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell'attività, il quale può eventualmente dar luogo all'applicazione di speciali riduzioni d'imposta, rimesse alla discrezionalità dell'ente impositore”. Resiste con controricorso il Comune di Ischia.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la contribuente lamenta , ex art.360, co mma primo , n. 3 c.p.c. , che la CTR non ha rilevato l’inesistenza/nullità dell’avviso di pagamentoimpugnato per violazione e falsa applicazione di norme di diritto, alla luce di quantostabilito con la sentenza n. 37/2015 dalla Corte Costituzionale, in quanto sottoscritto dal dott. Antonio Bernasconi, funzionario responsabile, nominato illegittimamente, essendo stato supera t o il limite di cui all’art. 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001, in quanto il Sindaco, in virtù degli artt. 27, d.lgs. n. 165 del 2001 e 111 TUEL, avrebbe potuto nominare a tempo determinato un numero di dirigenti, da collocare in dotazione organica, non superiore all’8% dei posti dirigenziali previsti e, quindi, stenteil dato percentuale pari a 0,31, non ne avrebbe potuto nominare alcuno.

2. Con il secondo motivo lamenta, ex art.360, comma primo, n.5 e n. 3 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, perchéla CTR non ha considerato che nell’avviso di pagamento impugnato, non preceduto da alcun avviso bonario, non erano stati indicati gli immobili tassati, i mq. considerati, la tariffa applicata, né risultava allegata alcun documento indicante gli elementi necessari per comprendere le ragioni della pretesa tributaria, contrariamente a quanto previsto dall’art. 7, l. n. 212 del 2000 e dagli artt. 23 e 21 septies, l. n. 241 del 1990. 3. Con il terzo motivo lamenta, ex art.360, comma primo, n. 5) e n. 3 c.p.c., omesso esamedi un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, perché la CTR non ha considerato quanto dedotto dalla contribuente in primo ed in secondo grado, e cioè che, per effetto dell’intervenuta abrogazione della TARSU, in assenza di una disciplina che legittimi il prelievo, la debenza della tributonon poteva discendere da un regolamento comunale.Deduce, altresì, parte ricorrente che, in particolare, non esiste una norma di ulteriore proroga del c.d. regime transitorio di cui al d.lgs. n. 22 del 1997, art. 49, anche per gli anni 2010 e 2011, mancando un riferimento alla TARSU nel d.l. n. 225 del 2020,esattamente come era avvenuto precedentemente del d.l. n. 194 del 2009. 4. Con il quarto motivo lamenta, ex art.360, comma primo, n. 5e n. 3 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, violazione e falsa applicazione di norme di diritto,segnatamente, gli artt. 61, d.lgs. n. 507 del 1993, 11, comma 5-ter, d.l. n. 195 del 2009, conv. inl. 26 del 2010, perché la CTR non ha considerato che l’ammontare complessivo della tassarichiesta era superiore al costo complessivo del servizio per cui il Comune non utilizzava i relativi proventi“esclusivamente” per “fronteggiare gli oneri diretti alciclo di gestione dei rifiuti di competenza”.

5. Con il quinto motivo lamenta, ex art.360, comma primo, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto,e deduce la nullità della sentenza impugnata, perché la CTR ha escluso la illegittimità della tariffa stabilita per gli alberghi stabilita in misura assolutamente sproporzionata rispetto alle abitazioni, nella specie, ben cinque volte superiore, in contrasto con il principio comunitario “chi inquina paga”. La prima censura è inammissibileper novità della domanda . La società ricorrente propon e , per la prima volta in sede di legittimità, la questione del l’invalidità dell’avviso di pagamento impugnato perché sottoscritto da soggetto che non era dipendente pubblico e neppure vincitore di concorso, assumendo che l a conseguente inesistenza/nullità dell’atto è semprerilevabile d’ufficio. Il carattere impugnatorio del processo tributario , tuttavia, è logicamente incompatibile con la proponibilità di eccezioni nuove n el corso di giudizio (come tali inammissibili) e gli specifici motivi dedotti nel ricorso introduttivo del contribuente , che ne delineano il thema decidendum, possono essere integrati con motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 24, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, soltanto in presenza di determinati presuppostie nel rispetto di determinate modalità, mentre sulle eccezioni in senso tecnico, che costitu iscon o lo strumento processuale attraverso il quale si fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa od estintiva della pretesa, il giudice non può pronunciarsi inmancanza dell'allegazione ad opera di una delle parti in causa. Va, al riguardo, ribadi to che il seguente princi pio: “ In tema di contenzioso tributario, è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione con cui si denunci un vizio dell'atto impugnato diverso da quelli originariamente allegati, censurando, altresì, l'omesso rilievo d'ufficio della nullità, atteso che nel giudizio tributario, in conseguenza della sua struttura impugnatoria, opera il principio generale di conversione dei motivi di nullità dell'atto tributario in motivi di gravame, sicché l'invalidità non può essere rilevata di ufficio, né può essere fatta valere per la prima volta in sede di legittimità. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso, con cui si è dedotta la nullità dei gradi di merito e delle relative pronunce per effetto della sentenza della Corte cost. n. 37 del 2015, non essendo stata rilevata d'ufficio la nullità degli atti impositivi per carenza di potere del sottoscrittore).” ( Cass. n. 22810/2015 e n. 19929/2020). La seconda censura è infondata. La contribuente lamenta il fatto che la CTR h a escluso la dedotta mancanza di motivazione dell’avviso di pagamento oggetto d’impugnazione senza considerare che esso non era statopreceduto da alcun avviso bonario e che quest’ul t imo, contrariamente a quant o riportato nell’atto impugnato , n eppure era stat o allegato, con conseguente lesione del diritto di difesa. Va, anzitutto, ricordata la differenza fra l'omessa pronuncia di cui all'art. 112 c.p.c. e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che, “mentre nella prima l'omesso esame concerne direttamente una domanda od un'eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d'appello, uno dei fatti costitutivi della "domanda" di appello), nella seconda ipotesi l'attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l'eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un'eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia.” (Cass. n. 1539/2018;
n. 25761/2014). Peraltro,lo iato esistente tra pronuncia di rigetto e mancato esame del motivo, a lla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell'art. 111, comma 2, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 c.p.c., può essere colmato dalla Corte di Cassazione che “può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l'inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto.”(Cass. n. n. 16171/2017 ) . Ad ogni buon conto, laddove l’odierna parte ricorrente , nel formulare il motivo d’impugnazione, abbia inteso ravvisar e nella sentenza della CTR campana una implicita statuizione di rigetto del motivo di gravame,ancorché non specificamente motivata, decisione - in tesi - fallace per ché trascur a un fatto decisivo – ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico - in quanto idoneo a determinare un diverso esito del giudizio, il “fatto storico” pretermesso dovrebbe allora consistere nella circostanza che solo nell’avviso bonario sarebbero stati indicati elementi sufficient i per comprendere la pretesa tributaria,che tale atto non risultava allegato all’avviso di pagamento (n. 108 /Ord. - 2011 ) e che neppure era stato precedentemente notificato alla società contribuente. Nella sentenza n. 10356/2014 della CTP di Napoli , che il controricorrente Comunedi Ischia ha deposita to in uno con la busta di spedizione,si legge che “l’amministrazione convenuta (…) ha allegato l’avviso bonario e l’avviso di pagamento che indicano correttamente i criteri di applicazione dell’imposta dovuta e il suo importo”, sia pure conmotivazione "per relationem". La censura in esame non si confronta con quest a ricostruzione della fattispecie che, evidentemente , giudice di secondo grado ha considerato veritier a e condiviso né , per contrastarla , l’odierna ricorrentesi premura di indicare al la Corte contrari elementi di giudizio , al fine di consentire la verifica del la corrett ezz a della censura che, peraltro, nontiene affatto conto della finalità “riscossiva” dell’avviso di pagamentoe pretende di estendere a d esso , in maniera pedissequa, il rispetto di obblighi valevoli per altri tipi di atti. La debenza del tributo, infatti, trova la sua fonte primaria nella citata l. n. 147 del 2013, al verificarsi dei previsti presupposti impositivi, e le modalità di versamento dello stesso trovano la propria disciplina nell’art. 1, commi 688 e ss.gg., l. n. 147 del 2013, oltre che nelle disposizioni contenute nei regolamenti comunali. Questa Corte si è più volte pronunciata nel senso di ammettere la possibilità ma non l'obbligo d'impugnare quegli atti che pur non rientrando nel novero di quelli elencati dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e, perciò, non in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l'interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili (Cass. n. 16952/2016;
n. 10987/2011). La CTR, quindi, non ha sbagliato nel riconoscere la ricorribilità degli avvisi di pagamento e nell’escludere, in buona sostanza, per essi il rispetto di obblighi valevoli per altri tipi di atti. D’altro canto, non èsuperfluo ricordare che , i n tema di riscossione della TARSU,“l'art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993 attribuisce ai Comuni la facoltà eccezionale, non suscettibile di applicazioni estensive, di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo secondo i ruoli dell'anno precedente, purché sulla base di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, sicché, salvo il caso di omessa denuncia o incompleta dichiarazione da parte del contribuente, non occorre la preventiva notifica di un atto di accertamento” (Cass. n. 37006/2021;
n. 22248/2015). La terza censura è infondata. La società ricorrente, in particolare, si duole del fatto che che i giudici di merito abbiano ritenuto legittimal'imposizione della Tarsu per gli anni 2010 esoprattutto per il 2011, in quanto il regime transitorio non avrebbe avuto più ragione d'essere dopo l'emanazione deld.lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente) il quale prevedeva, all'art. 238, comma 6, l'e manazione di un regolamento di attuazione , che non risulta essere stato emanato, mentre i regimi di proroga sono stati previstifino all'anno 2009. Vanno ribadite, sul punto,le ragioni che hanno condotto l a Corte , rispetto alle quali il motivo di ricorso non presenta argomenti nuovi , ad affermare il principio secondo cui , “ In tema di tassa sui rifiuti, l'art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006, nell'istituire la tariffa di igiene ambientale, cd. TIA 2, ha abrogato, a decorrere dalla sua entrata in vigore, la cd. TIA 1, introdotta dal d.lgs. n. 22 del 1997, prevedendo, al comma 11, che, sino all'emanazione delle relative norme attuative, i Comuni possono continuare ad applicare la cd. TIA 1 se prevista da apposita delibera ex art. 49, comma 6, dello stesso d.lgs. n. 22 del 1997: ne deriva che la delibera dell'ente territoriale istitutiva della cd. TIA 1, dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006, è illegittima, in quanto relativa ad una tariffaabrogata.” (Cass. n. 31286/2018;
v. anche Cass. n. 23244/2029e n. 3428572019).Infondata è anche l'eccezione di violazione del principio di cui all'art. 23 Cost., in quanto la proroga del regime normativo antecedentemente vigente al Codice dell'ambiente, introdotto appunto dal d.lgs. n. 152 del 2006, risulta disposta per legge , né tantomeno “risulta lesivo del principio costituzionale sopra richiamato che l'attuale regime effettui per la sua applicazione un rinvio a norme regolamentari”, per cui “ i (C) omuni che applicavano la T ARSU correttamentehanno continuato ad applicare la disciplina prevista per tale imposta sulla base della proroga del regime transitorio, mentre i comuni cheapplicavano la TIA cd. 1, prevista dal d.lgs. n. 22 del 1997, hanno continuato ad applicare il regime impositivo da tale provvedimentoprevisto.” (Cass. n. 23244/2019). La quarta censura è infondata. In merito alla detta doglianz a , centrata sulla dedotta violazione degli artt. 61, d.lgs. n. 507 del 1993 e 11, comma 5-ter, d.l. n. 195 del 2009, conv. in l. 26 del 2010,nel senso che il gettito complessivo del tributo non può superare il costo del servizio, appare sufficiente richiamare la giurisprudenza della Corte secondo cui “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il principio, stabilito dall'art. 61 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, di corrispondenza tra gettito complessivo della tassa e costo di esercizio del servizio di smaltimento dei rifiuti riguarda il limite di importo complessivo annuale al quale devono soggiacere le tariffe determinate dal Comune (e quindi le scelte gestionali delle amministrazioni comunali), mentre non ha alcuna incidenza sulla singola obbligazione tributaria di ciascun contribuente” (Cass. n. 21719/2004). Ne consegue che è legittima la pretesa del Comune di Ischianei confronti del singolo contribuente, soggetto passivo del tributo, perché al presupposto impositivo risulta estraneo il limite stabilito dalla legge.La quinta censura è infondata. Questa Corte ha ripetutamenteaffermato, a proposito della TARSU, che “è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell'attività, il quale può eventualmente dar luogo all'applicazione di speciali riduzioni d'imposta, rimesse alla discrezionalità dell'ente impositore;
i rapporti tra le tariffe, indicati dall'art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d'altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica.” (tra le altre, Cass. n. 16175/2016;
n. 302/2010;
n. 8308/2018;
n. 23244/2019). Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
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