Cass. civ., sez. I, sentenza 13/02/2019, n. 04259

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 13/02/2019, n. 04259
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04259
Data del deposito : 13 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

nanza per la liquidazione delle spese di funzionamento del Collegio, poste integralmente a carico dell'Amministrazione comunale. Il lodo arbitrale ha respinto le eccezioni preliminari di difetto di giurisdizione, di inammissibilità delle domande nuove introdotte della Rotice e della produzione documentale effettuata dall'impresa dopo l'espletamento della c.t.u., di decadenza ex art.23 della legge Regione Puglia n.13 del 2001;
quindi, nel merito, ha accolto selettivamente alcune delle pretese azionate dall'impresa, per un totale di C 797.014,14, oltre interessi ed esclusa la rivalutazione monetaria.

2. Il Comune di Noicattaro ha impugnato il lodo con atto notificato il 30/4/2008, deducendo plurimi vizi, attinenti in via preliminare al difetto di giurisdizione arbitrale, all'improcedibilità dell'azione ex art.33 del d.m. 145/2000 e alla decadenza ex art.23 della legge Regione Puglia n.13 del 2001 In subordine e nel merito, il Comune ha dedotto plurime violazioni delle norme in materia di appalti pubblici circa i criteri di iscrizione delle riserve in contabilità, e di quelle in tema di criteri di calcolo, prova e rimborso delle spese generali infruttifere, della lesione dell'utile dell'impresa, degli oneri di guardania, degli oneri per immobilizzo macchinari e personale inattivo per indisponibilità di un'area di cantiere, delle spese di direzione tecnica, delle spese per la sicurezza;
ha lamentato inoltre la violazione delle norme in tema di deliberazione degli arbitri secondo equità e dei principi generali civilistici in tema di risarcimento del danno ed onere della prova. Con sentenza del 20/2/2012, notificata il 3/4/2012, la Corte di appello di Bari ha confermato integralmente la decisione arbitrale, respingendo tutte le eccezioni preliminari e di merito, condannando il Comune alla rifusione delle spese. La Corte di appello di Bari ha ritenuto che la previsione nel bando di gara del divieto di arbitrato fosse solo un refuso scaturito dalla vecchia normativa, comunque superato dalle previsioni in tema di arbitrato introdotte nell'art.27 del contratto e nell'art.56 del capitolato, seppur riferite a forme diverse di arbitrato;
ha disatteso le obiezioni sollevate dal Comune circa la diversa tipologia di arbitrato, non ordinario ma amministrato, minimizzando la portata delle divergenze fra i lineamenti dei due istituti e ritenendole irrilevanti nel caso concreto, sia perché la nomina del Presidente del Collegio da parte del Presidente del Tribunale era comunque resa necessaria dall'intervenuta declaratoria di illegittimità da parte del Consiglio di Stato del comma 3 dell'art.150 del d.P.R. 554/1999, sia per la genericità della contestazione della nomina del consulente tecnico di ufficio da parte del Collegio;ha ritenuto procedibile l'arbitrato dopo il decorso di sei mesi dall'ultimazione dei lavori nell'inerzia dell'Amministrazione;
ha ritenuto inapplicabile ratione temporis la legge della Regione Puglia n.13 del 2001 al capitolato pubblicato 1'8/5/2001;
ha ritenuto che le doglianze del Comune circa le riserve per maggiori oneri per «spese generali», «lesione dell'utile di impresa», spese di guardania (riserve n.1,2,4) fossero state contestate senza dedurre errori dì diritto del lodo;
ha ritenuto infondata l'eccezione di intempestività proposta dal Comune circa le richieste avanzate con la riserva n.8 per «fermo dei macchinari» e «personale inattivo»;
ha respinto le obiezioni del Comune alle richieste di spese per il direttore tecnico e il responsabile della scurezza durante la sospensione dei lavori (riserve n.9 e 10), ravvisando non già una decisione secondo equità, ma un passaggio argomentativo diretto a liquidare equitativamente un danno accertato nell'an debeatur come sussistente;
ha ritenuto che le opere di cui alle riserve n.12,13 e 15, riguardanti maggiori oneri per lavori non previsti in contratto, fossero da remunerare perché imposte dalla Direzione Lavori e utilizzate dal Comune.

3. La sentenza della Corte barese è stata impugnata dal Comune di Noicattaro con ricorso per cassazione notificato il 4/6/2012, con il sostegno di quattro motivi, articolati in plurimi profili di censura. Ha resistito l'impresa Rotice con controricorso notificato il 13/7/2012, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso. In data 18/1/2017 e 20/1/2017 hanno depositato memoria ex art.378 cod.proc.civ., dapprima la Rotice e quindi il Comune.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360 n.3, cod.proc.civ. il Comune ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di legge in relazione a svariate fonti normative: gli artt.4 e 32 della legge n.109 del 1994 (come modificati e integrati dalle leggi n.415 del 18/11/1998, n.80 del 14/5/2005 e n.266 del 23/12/2005);
gli artt.149 e 150 del regolamento di cui al d.P.R. 554/1999 del d.m.398/2000;
gli abrogati artt.43 e seguenti del capitolato generale d'appalto di cui al d.P.R. 1063/1964;
l'art.822 cod.proc.civ.(nel testo previgente alle modifiche apportate dall'art.23, comma 1, d.lgs.40/2006);
i principi giurisprudenziali di cui alla sentenza n.6335 del 2003 del Consiglio di Stato.

1.1. Sotto un primo angolo visuale, il Comune ricorrente fa leva sul fatto che il bando di gara escludeva radicalmente e tassativamente la competenza arbitrale [lett.o) del paragrafo 15] e sostiene che tale disposizione, accettata dall'Impresa Rotice all'atto della partecipazione alla gara, doveva prevalere su quelle difformi del contratto e del capitolato speciale (che invece prevedevano forme diverse di arbitrato), con la conseguente nullità del lodo per difetto di giurisdizione del Collegio adito.

1.2. L'assunto del ricorrente non può essere condiviso. Occorre preliminarmente precisare che anche prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 40 del 2006, doveva ritenersi che l'attività degli arbitri rituali avesse natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza e non di giurisdizione (Sez. 6, 12/11/2015, n. 23176;
Sez. un., 25/10/2013, n. 24153). La Corte di appello nella sentenza impugnata ha ritenuto che l'esclusione dell'arbitrato nel testo del bando di gara fosse il frutto di un recepimento, presumibilmente erroneo, del divieto contenuto nella versione originaria dell'art.2 della legge n.109 del 1994, e che tale esclusione fosse stata comunque superata dal capitolato speciale e dal contratto che includevano invece una clausola compromissoria, sia pur di diverso contenuto, e non ha mancato di sottolineare come fosse stato proprio il Comune a formare tali atti negoziali, poi sottoposti alla parte privata per l'approvazione in forma immodificabile, così implicitamente, ma inequivocabilmente, imputando all'Ente Pubblico di essere venuto contra factum pro prium. Argomentazione, quest'ultima, formulata incidentalmente, ma sfuggita a specifiche censure del ricorrente. In ogni caso, non merita consenso la tesi della prevalenza del bando di gara sui successivi atti negoziali, su cui insiste il ricorrente. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, successivamente alla aggiudicazione definitiva dell'appalto pubblico deve negarsi all'aggiudicatario, vincolato dall'offerta formulata nell'ambito della gara, la facoltà di chiedere una modificazione delle condizioni previste dal bando;
parimenti è legittimo il rifiuto opposto dall'aggiudicatario all'iniziativa dell'amministrazione di introdurre nel contratto nuove condizioni, che comportino una modificazione sostanziale del contenuto contrattuale. Ciò tuttavia non significa che, ove abbia accettato le modifiche, l'aggiudicatario possa poi pretendere di sottrarsi all'applicazione delle nuove condizioni, invocando l'efficacia vincolante del verbale di aggiudicazione, in contrasto con il contenuto del contratto nel frattempo stipulato. La sottoscrizione del contratto determina infatti il passaggio dalla fase amministrativa preordinata alla scelta del contraente, disciplinata dalle regole della evidenza pubblica, a quella privatistica attinente alla esecuzione dell'appalto, sottoposta alle norme di diritto comune, in virtù delle quali il rapporto tra l'appaltatore e l'amministrazione committente resta assoggettato esclusivamente alle condizioni risultanti dal contratto sottoscritto dalle parti, non potendosi attribuire alcuna rilevanza al bando di gara, il cui contenuto deve ritenersi definitivamente superato per effetto dell'esaurimento della sua funzione. Ai fini della individuazione degli obblighi dell'appaltatore occorre quindi fare riferimento al contratto e ai documenti a esso allegati (Sez. 1, Sent. n. 21592 del 13/10/2014, Rv. 632540 - 01). A maggior ragione al tenore degli atti contrattuali non può pretendere di sottrarsi proprio l'Amministrazione che abbia formato, introdotto e comunque approvato le clausole modificative di quelle del bando di gara. La stessa giurisprudenza amministrativa citata (Consiglio di Stato n.235 del 15/4/2009 e n.6826 del 10/11/2005) non soccorre la tesi del ricorrente perché assegna al bando di gara la precipua funzione di regolare il procedimento di aggiudicazione e non già, come gli strumenti negoziali stipulati a valle dell'aggiudicazione, il rapporto contrattuale fra la Pubblica Amministrazione e il privato;
tesi questa che appare tanto più convincente, ove si consideri che la clausola contrastante nel caso concreto non atteneva neppure al contenuto sostanziale di diritti e obblighi della stazione appaltante e dell'impresa appaltatrice, ma riguardava l'aspetto processuale e i mezzi di tutela giurisdizionale, dimodoché non veniva ad incidere sulla par condicio dei partecipanti alla gara, neppure in via indiretta. V'è da aggiungere che la diversa opinione porterebbe, del tutto irrazionalmente, a negare la possibilità delle parti, pubblica e privata, anche la facoltà di pattuire successivamente un accordo compromissorio di una controversia scaturita dalla dinamica contrattuale.
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