Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/08/2012, n. 14172
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L'irrevocabilità della sentenza emessa dal Consiglio Nazionale Forense, che dispone l'annullamento per motivi formali (nella specie, per difetto di sottoscrizione) della decisione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati che abbia irrogato la sanzione disciplinare, non si traduce in una preclusione comportante l'impossibilità di riesaminare i fatti posti a fondamento degli addebiti, e quindi in una consumazione del potere disciplinare, poiché il giudicato si riferisce al solo accertamento della nullità, la quale non si propaga agli atti precedenti a quello dichiarato invalido.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Primo Presidente f.f. -
Dott. M C F - Presidente Sez. -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. P L - rel. Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. I A - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5732-2012 proposto da:
P G C, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTO FIORENTINO 41, presso lo studio dell'avvocato F C F, che lo rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI CALTANISSETTA, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI GELA, PROCURATORTE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI GELA;
- intimati -
avverso la decisione n. 36/2011 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 16/03/2011;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2012 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;
udito l'Avvocato C. Fabrizio FERRARA;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Gela con provvedimento del 10.7.07 irrogò all'avvocato Giulio Cesare P, imputato e poi condannato in sede penale per falso e patrocinio infedele, la sanzione disciplinare della cancellazione dall'Albo, per aver costruito un ordine di cancellazione di un pignoramento onde ottenerne l'annotazione ed al fine di ricevere il compenso dal cliente, e per aver percepito un compenso per la proposizione di un ricorso, mai proposto, contro una sentenza del G.d.P.. Tale provvedimento, impugnato dall'incolpato, venne annullato, per mancanza di sottoscrizione del segretario, dal Consiglio Nazionale Forense, con decisione del 30.12.08, ritrasmettendo gli atti al C.O.A. di Gela, che il 30.6.2009 reiterò la cancellazione. Il nuovo ricorso del P venne respinto dal C.N.F. con decisione del 24.2.12, sulla base delle seguenti essenziali argomentazioni:
a) non sussisteva alcuna preclusione da giudicato, essendo stato il primo provvedimento annullato per motivi formali, senza esame del merito;
b) i due procedimenti disciplinari, in seguito riuniti, erano stati regolarmente aperti, sospesi e riaperti, dopo la definizione di quelli penali per i rispettivi corrispondenti fatti, ed i provvedimenti di sospensione, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente non comportavano la caducazione degli atti precedentemente compiuti, riprendendo i procedimenti già sospesi, dopo la cessazione delle relative cause, nello stato in cui si trovavano, non essendo infine previsto alcun termine riassuntivo;
c) i termini di prescrizione quinquennale, decorrenti dalle date di passaggio in giudicato delle sentenze penali, 14.1.04 e 30.9.00, non erano ancora trascorsi all'atto delle aperture dei rispettivi procedimenti disciplinari, disposte con provvedimenti notificati, l'uno, in data 11.1.06, l'altro, il 16.9.04, seguiti da successivi e tempestivi atti interruttivi;
d) la sanzione risultava adeguatamente motivata, in relazione alla gravità dei fatti contestati. Contro tale decisione l'avv. P ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Non ha resistito il CO.A di Gela.
MOTIVI DELLA DECISIONE
p. 1. Con il primo motivo vengono dedotte violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies;artt. 354, 161 c.p.c., censurandosi la reiezione da parte del C.N.F. dell'eccezione di preclusione derivante dal passaggio in giudicato della precedente decisione del 31.12.2008. Il mezzo d'impugnazione si sviluppa in due gradati ordini di censure, riassumibili nei termini di seguito indicati.
1) La natura di organi amministrativi dei C.O.A., riconosciuta fin dal 1985 dal Consiglio di Stato e comportante l'applicazione delle regole contenute nella L. n. 241 del 1990 al procedimento disciplinare, comportavano, da un canto, la non giurisdizionalità di quest'ultimo e la non qualificabilità, in termini di sentenza, dei provvedimenti adottati, dall'altro, la qualità di parte, sia pure pubblicaci siffatti organismi nell'ambito del procedimento impugnatorio svolgentesi davanti al giudice speciale, il C.N.F., comportante il conseguente onere di impugnare le decisioni sfavorevoli. Ne deriverebbe nel caso di specie che, in mancanza del previsto ricorso a queste S.S.U.U. avverso la prima decisione de C.N.F., caducatoria del primo provvedimento del C.O.A., tale effetto sarebbe divenuto irrevocabile.
2) Nella gradata ed "assurda" ipotesi che il provvedimento del C.O.A fosse da equipararsi ad una sentenza, con conseguente ruolo del C.N.F. di giudice d'appello quest'ultimo non avrebbe potuto adottare la "abnorme" statuizione di "rinvio" al primo "giudice", in ritenuta applicabilità dell'art. 354 c.p.c., non ricorrendo alcuna delle tassative ipotesi previste da tale articolo, do vendo semmai provvederla seguito del rilievo della nullità, direttamente nel merito, il che non era avvenuto.
Le censure sono prive di fondamento.
L'irrevocabilità della sentenza caducatoria del primo provvedimento del C.O.A., irrogante la sanzione disciplinare, non si è tradotta in una preclusione da "giudicato" comportante l'impossibilità di riesame dei fatti posti a fondamento degli addebiti, essendo stato l'annullamento pronunziato dal C.N.F. motivato da ragioni di mera rilevanza formale, inficianti il solo atto conclusivo di quel procedimento.
La mancata impugnazione di tale decisione da parte del C.O.A ha dato luogo al passaggio in giudicato del solo accertamento di nullità, per difetto di sottoscrizione, della deliberazione in data 10.7.2007, ma non anche alla "consumazione" del potere disciplinare, relativo agli illeciti in questione, ancora spettante all'organismo forense locale, che ben avrebbe potuto, anche a prescindere dal "rinvio" non assimilabile a quello di cui all'art. 354 c.p.c., attesa la natura non giurisdizionale del procedimento svolgentesi innanzi al C.O.A. - disposto dal C.N.F., procedere nuovamente nei confronti dell'incolpato, sulla scorta degli atti restituitigli o di quelli già in suo possesso, ed adottare un nuovo atto conclusivo valido, in luogo di quello precedente, la cui accertata invalidità non si era propagata a quelli che l'avevano preceduto. Superato dalle suesposte argomentazioni il primo e principale profilo di censura contenuto nel mezzo d'impugnazione, ne resta assorbito il secondo e subordinato, presupponente l'impropria attribuzione, sopra esclusa in considerazione della natura amministrativa del procedimento disciplinare davanti al C.O.A., della qualità di giudice di primo grado a quest'ultimo e di quello di appello al C.N.F.. p.