Cass. civ., sez. III, ordinanza 10/02/2023, n. 04232
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Testo completo
la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 35419/2019 R.G. proposto da: COMUNE DI LEPORANO, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall'avv. L Q, ed elettivamente domiciliato presso Alfredo Placidi, in Roma, alla via Barnaba Tortolini, n. 30 - ricorrente -contro ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE - intimato - avverso la sentenza della Corte d'Appello di Lecce - Sezione Distaccata di Taranto - n. 210/2019, pubblicata in data 15 aprile 2019;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 dicembre 2022 dal Consigliere dott.ssa P A P C F di causa 1. L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha proposto appello avverso la sentenza n. 1752/2016 emessa dal Tribunale di Taranto, con la quale, in accoglimento della domanda subordinata avanzata dal Comune di Leporano, era stato dichiarato estinto per prescrizione il credito di euro 42.450,96, oltre interessi, derivante da contratto di mutuo originariamente acceso con l'Inpdap. 2. La Corte d'Appello di Lecce - Sezione Distaccata di Taranto - respingendo la domanda di accertamento negativo proposta dal Comune di Leporano e accogliendo quella riconvenzionale avanzata dall'Inpdap, ha condannato l'Ente locale al pagamento della complessiva somma di euro 42.450,98, oltre interessi, dalla scadenza delle singole rate di ammortamento. ._./ In particolare, i giudici di secondo grado hanno osservato, facendo espresso riferimento all'orientamento giurisprudenziale di questa Corte, che nel contratto di mutuo la prescrizione decennale del diritto al rimborso della somma mutuata iniziava a decorrere dalla scadenza dell'ultima rata, configurando il pagamento dei singoli ratei un'obbligazione unica e non determinando la rateizzazione in più versamenti periodici il frazionamento in distinti rapporti obbligatori. Hanno poi rilevato che l'Inpdap aveva interrotto la prescrizione con note del 31 marzo 1995, n. 125217 e del 19 agosto 1999, n. 125248, nonché, dopo la scadenza del piano di ammortamento, del 30 ottobre 2006, n. 9691, del 9 gennaio 2009, n. 16765 e del 1° marzo 2010, n. 18555, cosicché il credito non poteva ritenersi prescritto, specificando che nella nota contabile di «accertamento morosità» n. 18555 del 10 marzo 2010, l'Ente previdenziale aveva quantificato in euro 42.450,98 l'importo dovuto alla data del 31 dicembre 1999. 3. Avverso la suddetta decisione il Comune di Leporano ricorre per cassazione, con tre motivi. L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale non ha svolto attività difensiva in questa sede. 4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1. cod. proc civ. Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero. La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso il Comune ricorrente deduce che la Corte territoriale, accogliendo la domanda riconvenzionale proposta dall'Ente mutuante, ha violato l'art. 2935 cod. civ., che fa decorrere il termine prescrizionale «dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere», e sostiene che, nel caso di specie, il diritto al rimborso dei ratei del mutuo, scaduti negli anni 1981, 1982 e 1983, ben avrebbe potuto essere fatto valere sin dalla data della relativa scadenza, senza dover attendere la scadenza dell'ultima rata del mutuo. A supporto di tale tesi difensiva evidenzia che, sebbene sia stata prevista la scadenza integrale del pagamento dell'ultima rata del mutuo al 31 dicembre 1999, l'Inpdap aveva già diffidato il Comune al pagamento delle rate scadute relative all'anno 1983 con nota prot. 125217 in data 31 marzo 1995 e con nota prot. 12548 in data 19 agosto 1999, senza attendere la scadenza dell'ultima rata di mutuo. Aggiunge che la regola prevista dall'art. 2935 cod. civ. prescinde dalla natura delle obbligazioni e si incentra esclusivamente sulla circostanza che il diritto (alla prestazione) possa essere o meno azionato, facendo decorrere il termine prescrizionale dal momento in cui tale diritto può essere validamente esercitato, a nulla rilevando che si tratti di un'obbligazione unica o periodica. Risultando accertato e non contestato, con riguardo ai ratei del mutuo scaduti negli anni dal 1981 al 1983, che le diffide di pagamento erano tutte intervenute con ritardo, ben oltre il termine prescrizionale decennale, decorrente dalla loro scadenza ed esigibilità, ad avviso del ricorrente, la sentenza impugnata deve essere riformata sia nella parte in cui fa decorrere il termine di prescrizione «dall'ultima rata prevista dal piano di ammortamento, cioè dal 31.12.1999», sia nella parte in cui non ha considerato l'inefficacia, quale atto interruttivo, della nota ministeriale del 19 ottobre 1992. Facendo rilevare che l'orientamento giurisprudenziale sulla questione prospettata non è univoco, chiede la rimessione della stessa alle Sezioni Unite. 2. Con il secondo motivo, censurando la decisione impugnata per violazione ed errata applicazione dell'art. 2948, n. 4, cod. proc. civ., il Comune ricorrente lamenta che i giudici d'appello hanno ritenuto applicabile il termine decennale di prescrizione, non soltanto al debito derivante dal rimborso delle rate del mutuo, ma anche a quello relativo al pagamento degli interessi (compensativi e moratori) previsti nello stesso contratto. Evidenzia, al riguardo, che se, da un lato, nel contratto di mutuo non è insita la periodicità della prestazione, prevista dal citato art. 2948 cod. civ., dall'altro la stessa disposizione normativa distingue al n. 4 «gli interessi» da «tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi», facendo in tal modo intendere che il debito per interessi non richiede, ai fini dell'applicabilità della norma sul termine breve di prescrizione, che l'obbligazione da cui dipende sia periodica, poiché, una volta sorto e maturato, acquista una propria autonomia, anche se non deriva da un'obbligazione che deve essere adempiuta «periodicamente ad anno o in termini più brevi». Sostiene, pertanto, che del tutto correttamente, il giudice di primo grado aveva ritenuto estinto per prescrizione il debito per interessi, dopo aver accertato - sempre escludendo che fosse stata provata la trasmissione al debitore della nota ministeriale in data 19 ottobre 1992 - che potessero avere valore interruttivo soltanto le note del 31 marzo 1995 e del 19 agosto 1999, rispetto alle quali le successive diffide del 30 ottobre 2006, del 9 novembre 2009 e del 1° marzo 2010 risultavano tardive, perché intervenute oltre il termine di prescrizione quinquennale previsto dal richiamato art. 2948, n. 4, cod. civ.
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