Cass. civ., sez. I, sentenza 22/07/2005, n. 15497

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Massime1

La disciplina relativa ai tassi di interesse sui mutui introdotta dalla legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura - e quindi anche quella dettata dall'art. 1 del d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in legge 28 febbraio 2001, n. 24, di interpretazione autentica della precedente - non può essere applicata a rapporti completamente esauriti prima della sua entrata in vigore, senza che rilevi, in senso contrario, la pendenza di una controversia sulle obbligazioni derivanti dal contratto e rimaste inadempiute, le quali non implicano che il rapporto contrattuale sia ancora in atto, ma solo che la sua conclusione ha lasciato in capo alle parti, o ad una di esse, delle ragioni di credito.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 22/07/2005, n. 15497
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15497
Data del deposito : 22 luglio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D M R - Presidente -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. C A - rel. Consigliere -
Dott. D C C - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
T E, elettivamente domiciliato in

ROMA VIALE DELLE MILIZIE

34, presso l'avvocato A B, rappresentato e difeso dall'Avvocato M S, giusta procura in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
F S, in persona del legale rappresentante pro temporis, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA MONTE ZEBIO

30, presso l'avvocato C G, che la rappresenta e difenda unitamente all'avvocato R P, giusta procura in calce al controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 1168/01 della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositata il 29/12/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2005 dal Consigliere Dott. A C;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. D A U che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 31 agosto 1989, il signor E T chiamò il giudizio, davanti al Tribunale di Bologna, la Patrofina Petroniana Finanziaria s.r.l., chiedendone la condanna alla restituzione della somma di L. 6.400.000, oltre agli accessori, trattenuta della convenuta a titolo di fondo di garanzia nella misura del 10% dell'importo nominale degli effetti cambiari per complessive L. 64.000.000, scontati all'attore in base ad un contratto concluso nel 1983, somma non restituita nonostante l'intervenuta definizione del rapporto.
La convenuta resistette all'azione, deducendo che il fondo di garanzia era stato interamente assorbito dagli interessi maturati, a carico del T, su titoli insoluti o pagati in ritardo, per complessive L.

6.515.000 alla data del 18 aprile 1989, e che residuava un debito dell'attore per L.

8.250.000 per titoli scontati sia non onorati. La convenuta chiese in - via riconvenzionale la condanna dell'attore al pagamento della somma di L.

8.250.000 per titoli insoluti, oltre a L. 115.000 per residui interessi, oltre agli interessi convenzionali e alla commissione di mora nella misura del 5% del massimo scoperto per ogni mese o frazione di esso, con decorrenza dal 18 aprile 1988 al saldo.
In sede di precisazione delle conclusioni, l'attore chiese dichiararsi la nullità del contratto di "mutuo" posto in essere dalle parti il 21 settembre 1983, con le conseguenze di legge. Con sentenza in data 22 dicembre 1998, il Tribunale di Bologna dichiarò l'inammissibilità della domanda proposta dall'attore in sede di conclusioni, e sulla quale la convenuta non aveva accettato il contraddittorio. Nel merito, il tribunale rilevò la nullità della clausola relativa al pagamento della commissione di mora del 5% sul massimo scoperto per ogni mese o frazione di esso, sebbene la fattispecie fosse maturata anteriormente alla legge 7 marzo 1996 n. 108 e fosse quindi soggetta alla legge anteriore, stanti la
rilevabilità d'ufficio delle nullità contrattuali, la contrarietà all'ordine pubblico della pattuizione degli interessi usurari, penalmente punita, e il carattere usurario - pur in mancanza degli ulteriori elementi richiesti dall'art. 644 c.p. (stato di bisogno, approfittamento) - della clausola che prevedeva un interesse ulteriore, rispetto a quello del 3% sui titoli insoluti, del 5% per ogni mese o frazione di mese di ritardo nel pagamento considerò che la nullità di tale ultima clausola, di cui non era mai stata chiesta l'applicazione, non si estendeva all'intero contratto, che il fondo di garanzia - accantonato per un'operazione di sconto anteriore a quelle da ultimo effettuate tra le parti - era stato trattenuto per le operazioni di sconto successive, e che risultava a favore della società un credito di L.

8.250.000 per effetti insoluti, nonché un ulteriore credito per interessi passivi maturati di L.

5.565.634. Su questa premesse, il tribunale condannò l'attore - operata la compensazione con il fondo di garanzia - a pagare alla convenuta la somma di L. 7.415.634, oltre ad interessi al tasso del 3% mensile decorrenti dal 19 aprile 1988 al saldo.
Il T propose appello. Resistendo al gravame, la Fintermal s.p.a., che nelle more del giudizio di primo grado ave incorporato per fusione la società convenuta, chiese, in via subordinata d'appello incidentale, di escludersi a norma di contratto la compensazione del suo credito con il residuo del fondo di garanzia. Con sentenza 29 dicembre 2001, la Corta d'appello di Bologna respinse l'appello principale accolse l'appello incidentale e, in parziale modifica della sentenza impugnata, condannò il T al pagamento della scorna di L. 8.250.000, con gli interessi come già accertati in primo grado.
La corte premise che il contenuto della memoria di replica dell'appellante incidentale poteva essere esaminato solo limitatamente alla difesa, in essa svolta, dalle osservazioni contenute nella comparsa conclusionale avversaria, non potendosi posporre alla sede della memoria di replica l'esposizione generale delle difese, che doveva essere svolta nella conclusione (nella quale la Fintermal si era invece limitata ad un generico rinvio agli scritti e alle difese precedenti). La corte considerò, inoltre, che la qualificazione del contratto intercorso tra le parti come contratto di sconto, affermata nella sentenza di primo grado, non era stata impugnata e doveva considerasi pertanto un punto fermo, con la conseguente irrilevanza della questione di costituzionalità della legge n. 24/2001, prospettata dal T in conclusionale sul presupposto della sua applicabilità alla fattispecie qualificabile come mutuo;
le norme applicabili erano esclusivamente gli artt. 1418, secondo comma e 1346 c.c., e l'art. 644 c.p. nella sua formulazione originaria (con tutti gli elementi richiesti da quella disposizione per la configurabilità del reato;
elementi, la ricorrenza dai quali, nel caso di specie, era stata espressamente esclusa dal primo giudice).
Nel merito, quanto all'appello principale la corte ritenne che, pur dovendosi convenire sulla necessità di una salutazione complessiva delle clausola del contratto, in difetto degli elementi del reato, la supposta natura usuraria degli interessi e degli altri vantaggi - contrattualmente previsti dal contratto a favore della società finanziaria a fronte dello sconto dai titoli - non sarebbe bastata da sola ad affermare la illiceità, della pattuizioni richiamata dalla società;
e che l'appello incidentale - con cui si contastava la compensazione operata dal primo giudice - era fondato sull'art. 5 del contratto di sconto, che prevedeva la restituzione del fondo di garanzia solo alla cessazione d'ogni ragiona di credito della società "per capitala, interessi, spesa e accessori". Per la cassazione della sentenza, non notificata, ricorre il T, con atto notificato il 19 aprila 2002, affidato a sai motivi. La società intimata resiste con controricorso notificato il 29 maggio 2002.
MOTIVI DELLA DECISIONE
con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 352 e 190 c.p.c;
si deduce che la riconosciuta inammissibilità della memoria di replica della società FINTERMAL non avrebbe consentito alla corte d'appello di esaminarla, sia pure nella sola parte in cui aveva un contenuto propriamente di replica alla conclusionale dell'appellante principale, stante l'inscindibilità dell'atto ex art. 159 cpv. C.P.C.. Il motivo, ancor prima che infondato (in Corsa dello stesso art. 159 c.p.c. richiamato, per il quale la nullità di una parte dell'atto
non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti), è inammissibile nei termini nei quali è proposto, perché la supposta violazione non giustificherebbe l'affermazione della conseguente nullità della sentenza o dell'intero procedimento, a norma dell'art. 360, primo comma n. 4 c.p.c..
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 329 comma secondo c.p.c;
si censura l'affermazione della corte territoriale, che la qualificazione del contratto data dal primo giudice come contratto di sconto non era stata censurata;
si deduce che nell'atto d'appello la censura sul punto, pur non formulata in modo espresso, ora stata
inequivocabilmente sollevata, seppure in termini dubbiosi, e si riportano i brani dell'atto d'appello in cui essa sarebbe contenuta. Con il terzo motivo di ricorso si deduce che, secondo la giurisprudenza formatasi dopo l'entrata in vigore della legge n. 108/1996, quella disciplina, pur non essendo retroattiva, era
d'immediata applicazione nei rapporti ancora in corso, come si verificherebbe nel presente caso per la richiesta della società finanziaria in relazione a titoli scontati e non onorati per L.

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