Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 27/04/2004, n. 8054
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L'omessa indicazione, nel ricorso introduttivo di una controversia da trattarsi con il rito del lavoro, delle generalità delle persone da interrogare sui capitoli di prova concreta mera irregolarità e non comporta decadenza dalla prova.
L'art. 2112, cod. civ., nel testo modificato dall'art. 47, legge n. 428 del 1990, che ha recepito la direttiva comunitaria 77/187/Cee (successivamente modificato dall'art. 1, D.Lgs. n. 18 del 2001), in applicazione del canone dell'interpretazione adeguatrice della norma di diritto nazionale alla norma di diritto comunitario, ed in considerazione dell'orientamento espresso dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con le sentenze 25 gennaio 2001, C - 172/99, 26 settembre 2000, C - 175/99 e 14 settembre 2000, C - 343/98, deve ritenersi applicabile anche nei casi in cui il trasferimento dell'azienda non derivi dall'esistenza di un contratto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un atto autoritativo della pubblica amministrazione, con conseguente diritto dei dipendenti dell'impresa cedente alla continuazione del rapporto di lavoro subordinato con l'impresa subentrante, purché si accerti l'esistenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto applicabile l'art. 2112 cod. civ. in relazione al trasferimento di un impianto di distribuzione di carburanti, la cui gestione era stata assunta dal nuovo titolare sulla base di concessione di vendita disposta con decreto regionale).
La volontaria cancellazione dall'albo professionale del procuratore costituito non dà luogo all'applicazione dell'art. 301, comma primo, cod. proc. civ., e non determina quindi l'interruzione del processo, in quanto, mentre le ipotesi ivi previste sono accomunate dal fatto di essere indipendenti (almeno in via diretta) dalla volontà del professionista o del cliente, la volontaria cancellazione è assimilabile alle ipotesi indicate nel terzo comma del medesimo articolo (revoca della procura o rinuncia ad essa).
Testo completo
Aula 'B' M REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPRAMA DICAS AZION08 054 70 4 Lavoro Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. G S - Presidente R.G.N. 30455/01 - Cron. 15468 Dott. Paolino DELL'ANNO - Consigliere - Consigliere Dott. R F Rep. Dott. F C Rel. Consigliere Ud.09/01/04 - Dott. S T Consigliere ha pronunciato la seguente SE NTENZA sul ricorso proposto da: R E, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CARLO MIRABELLO 7, presso lo studio dell'avvocato M S, rappresentata e difesa dagli avvocati SALVATORE CIAVOLA, ANTONINO CIAVOLA, giusta delega in atti; - ricorrente - contro MICCOLIS ! domiciliatoMICHELE, in ROMA presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato F F, 2004 giusta delega in atti; 61 controricorrente -1- avverso la sentenza n. 2507/01 del Tribunale di CATANIA, depositata il 06/07/01 R.G.N. 546/99; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/01/04 dal Consigliere Dott. Filippo CURCURUTO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R F G che ha concluso per il rigetto del ricorso. -2- Svolgimento dei giudizio M M ha convenuto in giudizio dinanzi al pretore di Catania L R assumendo di aver lavorato nell'impianto di distribuzione di carburante della convenuta, di esser stato licenziato senza giusta causa o giustificato motivo e per di più in periodo di F malattia, di esser rimasto creditore di somme varie,per trattamento di fine rapporto, tredicesima mensilità del 1992, indennità sostitutiva di ferie non godute, quattordicesima mensilità, retribuzioni maturate dal licenziamento alla scadenza del periodo di comporto. Ha chiesto pertanto che fosse dichiarata l'inefficacia o l'illegittimità del licenziamento e che la Rasera fosse condannata a pagargli la somma di lire 26. 658.991 per i titoli anzidetti. La Rasera costituitasi in giudizio ha contestato, per quanto ancora rileva, la sussistenza del rapporto di lavoro deducendo di aver rilevato, quale concessionaria, l'azienda di distribuzione di carburante del defunto genitore, per il quale effettivamente il M aveva lavorato, e di aver intimato il licenziamento, in qualità di erede, proprio a causa della intervenuta cessazione dell'attività. Il pretore ha accolto la domanda e il tribunale di Catania ha rigettato il gravame proposto dalla Rasera. Secondo il giudice d'appello legittimamente non vi era stata interruzione del processo, ancorché il difensore della Rasera si fosse volontariamente cancellato dall'albo, tale vicenda non essendo equiparabile alla morte, radiazione o sospensione, ma piuttosto alla revoca del mandato o alla rinunzia allo stesso. La mancata indicazione dei testi non comportava alcuna decadenza, e costituiva una mera irregolarità sanabile. Quanto al merito, vi era stato un vero e proprio trasferimento di azienda, con conseguente salvezza dei diritti maturati dal M. Di questa sentenza la Rasera chiede la cassazione sulla base di tre motivi. L'intimato resiste con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso denunziando violazione e falsa applicazione dell'articolo 301 cod. procedura civile la ricorrente addebita alla sentenza impugnata di non essersi attenuta al principio per cui la cancellazione dall'albo professionale da parte del procuratore costituito, anche se volontaria, determina, al pari della morte, della sospensione della radiazione del dissenso, l'interruzione del processo. Il motivo è infondato. 1 In fatto risulta che il difensore della Rasera nel corso del processo si è cancellato volontariamente dall'albo degli avvocati del foro di Catania per iscriversi in altro foro nell'albo speciale degli avvocati degli enti pubblici. Tale situazione, benché il contrario sia stato ritenuto di recente da questa Corte (con la sentenza 5 ottobre 2001, n. 12294) non da luogo all'applicazione dell'art. 301, comma 1, c.p.c., dovendo ritenersi che le ipotesi ivi previste abbiano tutte il comune denominatore della loro indipendenza ( almeno diretta) dalla volontà . Q del professionista o del cliente, e che essa sia invece assimilabile, per la ragione simmetricamente opposta, a quelle indicate nel terzo comma del medesimo articolo, così come ritenuto in varie occasioni da questa Corte (v. per tutte, Cass. 27 novembre 1999, n. 13282). Con il secondo motivo di ricorso denunziando violazione e falsa applicazione dell'articolo 404 (1) cod. procedura civile, nonché carente e contraddittoria motivazione, la ricorrente addebita alla sentenza impugnata di aver erroneamente rigettato l'eccezione di tardività formulata con riferimento alla non tempestiva richiesta di prova per testi da parte del M ritenendo erroneamente che questi avesse chiesto fin dal ricorso introduttivo la prova testimoniale, mentre si era riservato di chiederla, e considerando quindi la questione dell'avvenuta indicazione delle generalità delle persone da interrogare, sull'erroneo presupposto che la prova fosse stata articolata. Il motivo deve esser disatteso. Il giudice d'appello, come già il P, ha ritenuto che le circostanze oggetto della prova fossero state dedotte e che mancasse l'indicazione delle persone da escutere, così intendendo il senso della "riserva" di prova all'esito dell'interrogatorio formale. E' esatto quindi il riferimento, contenuto nella sentenza, al principio per cui l'omessa indicazione nel ricorso introduttivo della causa da trattarsi con il rito del lavoro delle generalità delle persone da interrogare sui capitoli di prova concreta mera irregolarità e non comporta decadenza (Cass. S:U: 13 gennaio 1997, n. 262;e in senso conforme Cass.26 novembre 1998, n. 12019;23 agosto 2000, n. 11024;7 novembre 2000, n. 14465). Sulla base di tale principio il motivo va dunque giudicato privo di fondamento. Con il terzo motivo di ricorso, denunziando omessa motivazione in relazione al rigetto (2) dell'eccezione di difetto di legittimazione passiva, la ricorrente addebita alla impugnata di non aver considerato che fra la due gestioni aziendali non vi era una continuità avendo la Rasera (1) legger": "416" fly " leppes (2) coole Sentenza 2 thur iniziato ex novo la sua attività con una nuova concessione di vendita sulla base del decreto regionale prodotto in atti, contenente nuova concessione e non voltura. Il motivo è infondato. La giurisprudenza di questa Corte è orientata a ritenere che, in generale, II trasferimento d'azienda in qualunque forma realizzato e quindi ad es. anche, - indirettamente, attraverso la restituzione dei beni aziendali dall'imprenditore affittuario al proprietario e la cessione in affitto da questo ad altro datore di lavoro - fa si' che il rapporto prosegua con l'acquirente e che il lavoratore conservi tutti i diritti derivanti( v. Cass. 6 marzo 1998, n. 2521;21 maggio 2002, n. 7458). In talune pronunzie (v.ad es. Cass. Cass. 25 luglio 2000, n. 9764;v. anche Cass.30 agosto 2000, n. 11423) il principio è stato ritenuto non applicabile quando il trasferimento d'azienda derivi non da attivita' negoziale dei privati ma avvenga in forza di provvedimento autoritativo. Peraltro a favore di tale tesi si sono fatti valere elementi non riscontrabili nella fattispecie in esame, quali la difficile conciliabilità con gli interessi di natura pubblicistica degli obblighi posti a carico del cessionario di continuazione del rapporto e di mantenimento del trattamento economico e normativo dei lavoratori e si è ritenuto che tale interpretazione fosse avvalorata dalla esistenza di numerose norme (art. 5 legge 22 settembre 1960 n. 1054, art. 4 legge 10 novembre 1973 n. 755, art. 13 legge 6 dicembre 1962 n. 1643, art. 7 legge 19 maggio 1975 n. 169, art. 209 DPR 29 marzo 1973 n.156, art. 72 legge 6 ottobre 1978 n. 295, art. 68 legge 22 ottobre 1986 n. 742, art. 12 legge 5 gennaio 1994 n. 36, art. 19 D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80) le quali prevedono l'applicazione dell'art. 2112 cod. civ. ai trasferimenti d'azienda regolati da provvedimenti amministrativi nell'ambito della gestione dei pubblici servizi, di cui non vi sarebbe necessita' ove la norma si applicasse automaticamente anche in quei casi. Vale mettere in rilievo che nel caso deciso dalla cit. Cass. 25 luglio 2000, n. 9764 (relativo trasferimento del servizio di nettezza urbana del Comune di Roma dalla gestione in economia, da parte del Comune, alla gestione affidata alla azienda municipalizzata AMNU - ora AMA - in applicazione di apposito atto amministrativo) è stato anche affermato che l'interpretazione accolta non sarebbe entrata in conflitto con la Direttiva comunitaria 77/187 che si applica "ai trasferimenti di imprese in seguito a cessione b contrattuale o a fusione" (stante, fra l'altro, anche l'esistenza di una proposta di Direttiva che estende le disposizioni ai trasferimenti attuati tramite provvedimento amministrativo). 3 Con un più recente orientamento, al quale la Corte intende qui dare continuità, si è tuttavia precisato che l'art. 2112, cod. civ., nel testo modificato dall'art. 47, legge n. 428 del 1990, che ha recepito la direttiva comunitaria 77/187/Cee (successivamente modificato dall'art. 1, D.Lgs. n. 18 del 2001), in applicazione del canone dell'interpretazione adeguatrice della ६ norma di diritto nazionale alla norma di diritto comunitario, ed in considerazione dell'orientamento espresso dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee con le sentenze 25 gennaio 2001, C-172/99, 26 settembre 2000, C-175/99 e 14 settembre 2000, C-343/98, deve ritenersi applicabile anche nei casi in cui il trasferimento dell'azienda non derivi dall'esistenza di un contratto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile ad un atto autoritativo della pubblica amministrazione, con conseguente diritto dei dipendenti dell'impresa cedente alla continuazione del rapporto di lavoro subordinato con l'impresa subentrante, purche' si accerti l'esistenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese (Cass. 20 settembre 2003, n. 13949, che nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto inapplicabile l'art. 2112, cod. civ., ai dipendenti della Polesine Bus spa, sciolta e messa in liquidazione, alla quale era stata revocata la concessione per l'esercizio del trasporto pubblico, ma la cui attivita' era stata proseguita dalla Cooperativa Trasporti Rovigo srl, che aveva preso in comodato e, successivamente in affitto i mezzi gia' utilizzati dalla prima societa'). Poiché nella specie è indiscusso che la gestione della attuale ricorrente e quella del suo genitore si riferiscono allo stesso compendio aziendale, l'applicazione del principio enunciato priva di fondamento il motivo in ogni sua parte. G In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente alle spese di lite, I V O liquidate in dispositivo. T G I E N I I D S L