Cass. civ., sez. III, sentenza 27/12/2016, n. 27022
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In tema di locazione immobiliare, deve qualificarsi contratto agevolato, previsto dall’art. 2, comma 3, della l. n. 431 del 1998, quello ad uso abitativo non transitorio che rispetti, non solo quanto a canone e durata, ma anche in riferimento ad ogni altra condizione contrattuale, il tipo di cui all’art. 4-bis della medesima legge e l’accordo contrattuale definito in sede locale dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, tale qualificazione (ed i conseguenti benefici fiscali) venendo meno - con conseguente applicazione della disciplina ordinaria - se le parti, pur nel rispetto della durata legale e del canone determinato dagli accordi in sede locale, apportino alle altre condizioni modifiche idonee ad alterare l’assetto dei reciproci interessi, precostituito nel modello concordato, ferme, peraltro, restando le clausole così pattuite.
Sul provvedimento
Testo completo
nto e versam 27 022/ 16 ORIGINALE al ato to u lig trib b b n o o c te l e rren d re ico lterio Oggetto R REPUBBLICA ITALIANA u IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Locazione di immobili LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE adibiti ad uso TERZA SEZIONE CIVILE abitativo legge 9 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: dicembre 1998 n. 431, Dott. ANNAMARIA AMBROSIO Presidente - art. 2, comma terzo. Dott. GIACOMO TRAVAGLINO Consigliere R.G.N. 29085/2014 Dott. GIUSEPPINA LUNA BARRECA - Rel. Consigliere Cron. 27022 Dott. ANTONIETTA SCRIMA Consigliere Rep. Dott. AUGUSTO TATANGELO Consigliere Ud. 19/10/2016 ha pronunciato la seguente PU SENTENZA sul ricorso 29085-2014 proposto da: OL SA, considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato all'avvocato INREMIGIO FIORILLO unitamente FIORILLO giusta procura in calce al ricorso;
ricorrente 201-6 contro 2058 RT IN, considerati AU LU, domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato MASSIMO POSTIGLIONE giusta procura in calce al controricorso;
controricorrenti - avverso la sentenza n. 132/2014 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il 18/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUNA BARRECA;
udito l'Avvocato IN FIORILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso per il rigetto del ricorso, condanna alle spese e statuizione sul C.U. 2 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con atto di citazione notificato il 18 settembre 2007 SA AN esponeva che con contratto del 22 dicembre 2004 aveva concesso in locazione, ad uso abitativo, con decorrenza febbraio 2005, a NC BE e LU RI un 1 ° appartamento di sua proprietà sito in Salerno e che conduttori, avendo la locatrice eseguito lavori a lei non spettanti, tesi а garantire una migliore abitabilità dell'immobile, si erano obbligati а convertire l'impianto di riscaldamento centralizzato in autonomo, nel termine di sei mesi dalla sottoscrizione del contratto. Dato ciò, deducendo che l'obbligazione era cherimasta inadempiuta e del contratto dil'inadempimento era previsto dall'art. locazione come causa di risoluzione del contratto, conveniva in giudizio i conduttori, chiedendo che l'adito Tribunale di Salerno dichiarasse la risoluzione e condannasse i convenuti al rilascio dell'immobile nonché al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede;
con vittoria di spese di lite. Si costituivano i convenuti e, premesso di avere stipulato un contratto di locazione agevolato ai sensi dell'art. 2, comma terzo, della legge n. 431/1998, evidenziavano di avere corrisposto un canone mensile di € 600,00, superiore rispetto a quello previsto dall'accordo territoriale del Comune di Salerno del 4 agosto 1999 e svolgevano domanda riconvenzionale per ottenere la riduzione del canone nei limiti legali e la condanna della parte attrice alla restituzione degli importi a 3 lei corrisposti in eccesso а titolo di canone di locazione, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Quanto alle pretese di controparte, eccepivano la nullità od, in subordine, l'annullabilità della clausola contrattuale dell'art. 9 e resistevano comunque alla domanda di risoluzione, eccependo altresì l'inadempimento della locatrice ai sensi dell'art. 1460 cod. civ. Disposto il mutamento del rito ai sensi dell'art. 426 cod. proc. civ., e svolta l'attività istruttoria, il Tribunale di Salerno rigettava la domanda dell'attrice in accoglimento e, riconvenzionale, determinava in € 350,00 il canone della mensile di locazione e condannava la AN a restituire ai conduttori la somma di € 4.049,10, oltre interessi al tasso legale dalla domanda al soddisfo. 2.- Con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 18 luglio 2014, la Corte di appello di Salerno ha rigettato il gravame proposto dalla AN, confermando la qualificazione del contratto di locazione come contratto concordato ai sensi dell'art. 2, comma terzo, della legge n. 431/1998 e la dichiarazione di nullità della clausola contrattuale di cui delall'art. 9 ;
ha altresì confermato la determinazione canone, tenuto conto degli esiti della consulenza tecnica d'ufficio disposta in primo grado, respingendo perciò tutte le censure dell'appellante AN;
ha condannato quest'ultima al pagamento delle spese del grado nei confronti 4 degli appellati BE e RI, con distrazione in favore del procuratore antistatario. 3.- La sentenza è impugnata da SA AN con tre motivi, illustrati da memoria. NC BE e LU RI si difendono con controricorso e memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo motivo si denuncia, ai sensi dell'art. 360, 1.- 1°, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2, comma comma 3, e 4 bis della legge n. 431/1998. La ricorrente espone che le parti, nel redigere il contratto, non hanno utilizzato lo schema predisposto dalle organizzazioni di categoria ex art. 4 bis della legge n. 431/1998, bensì uno schema libero, che conterrebbe clausole in tutto difformi da quelle dello schema legale. Sostiene che detta legge ha previsto per le locazioni ad uso abitativo (non transitorie) due distinte tipologie contrattuali, di modo che i contratti ordinari (contratti c.d. liberi) costituirebbero il genus, al cui interno i contratti c.d. concordati darebbero luogo ad una categoria speciale, caratterizzata da un canone non libero e da una durata contrattuale minima di tre anni più due di rinnovo, oltre che da notevolissimi vantaggi fiscali soprattutto per il locatore. Con la conseguenza, secondo la ricorrente, che, se un contratto non possa essere qualificato come concordato, dovrebbe essere qualificato come ordinario. 5 Assume, quindi, che gli elementi identificativi dei contratti concordati sarebbero dati non solo dalla durata e dal canone ma anche da tutte le ulteriori condizioni contrattuali stabilite inderogabilmente dagli accordi tra le associazioni di categoria, in quanto il legislatore avrebbe imposto che l'intero contenuto del contratto sia predeterminato da questi ultimi affinché le parti si possano avvalere dei corrispondenti benefici fiscali. Censura quindi la decisione, perché i giudici hanno ritenuto che i contraenti, al fine di stipulare un contratto concordato, non sarebbero vincolati ai contratti-tipo definiti dalle associazioni di categoria, in quanto potrebbero pattuire -così come hanno pattuito nel caso di specie- delle clausole difformi da quelle contrattate in sede sindacale ovvero eliminarne alcune invece previste, senza perciò mutare la qualificazione del contratto ai sensi dell'art. 2, comma terzo, della legge n. 431/1998. Sostiene che invece il giudice possibilità di sindacare le clausole non avrebbe alcuna ad esse rilevanza ai fini della difformi attribuendo qualificazione del contratto, a seconda se siano più o meno incidenti sull'assetto precostituito di interessi;
piuttosto, a detta della ricorrente, qualunque variazione da tale assetto farebbe venire meno la qualificazione di contratto c.d. concordato e si dovrebbe applicare la disciplina dei contratti c.d. liberi. 6 Poste a confronto le clausole del contratto-tipo applicabile nella specie e le clausole del contratto stipulato dalle parti, la ricorrente svolge infine considerazioni volte а sostenere che 10 scostamento di queste ultime dalle altre sarebbe assai significativo>> e che perciò avrebbe errato il giudice a non ritenere applicabile la disciplina ordinaria del contratto di locazione ad uso abitativo. 1.1. .- Il motivo non merita di essere accolto. L'art. 2 della legge dicembre 1998 n. 431 prevede due modelli di stipula dei contratti di locazione ad uso abitativo: un modello ordinario, che rimette alla volontà delle parti la determinazione del canone, fissando però imperativamente la durata minima, con rinnovazione automatica alla prima scadenza, salva facoltà di diniego del rinnovo in casi tassativi;
un modello alternativo, oggetto del presente ricorso. Quest'ultimo è disciplinato dal terzo comma dell'art. 2, in alternativa>> al modello ordinario disciplinato dal primo comma, ed è caratterizzato da una durata per legge non inferiore ai tre anni (con proroga biennale, di diritto, alla prima scadenza), nonché dalla determinazione del valore del canone e dell'ulteriore contenuto negoziale in base a quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni conduttori maggiormente rappresentative>>.dei A fronte dei benefici riconosciuti al conduttore, quanto alla durata ed alla misura calmierata del canone, vi sono notevoli benefici 7 fiscali previsti, soprattutto per il locatore, dall'art. 8 della stessa legge n. 431/1998. E' quindi corretto l'assunto della ricorrente secondo cui contratti di locazione ad uso abitativo, non transitorio, sono soltanto di due tipi, in modo che se un contratto non stipulato ai sensi dell'art. 2, comma terzo, e dell'art. 4 bis della legge n. 431/1998, è soggetto alla disciplina ordinaria, quale risultante dalle altre disposizioni della stessa legge dettate per le locazioni abitative di natura non transitoria, nonché dalle disposizioni residuali della legge 27 luglio 1978 n. 392 e del codice civile. -1.2. Quanto agli elementi identificativi dei contratti c.d. concordati, indiscussa essendo la rilevanza attribuita alla regolamentazione normativa della durata ed alla misura del canone calcolata secondo parametri prefissati а livello nazionale, occorre delibare la rilevanza degli accordi tra le associazioni di categoria in merito alle altre condizioni contrattuali>>, che, per legge, ne sono oggetto. In proposito, va ricordato che la legge 8 gennaio 2002 n. 2 (applicabile al caso di specie, in quanto il contratto di locazione de quo è stato stipulato il 22 dicembre 2004) ha modificato il comma terzo dell'art. 2, nonché l'art. 4 della legge n. 431/1998 ed ha introdotto il già citato articolo 4 bis. Dal combinato disposto di tali norme