Cass. civ., sez. I, sentenza 13/07/2005, n. 14708

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In tema di commercio di prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore, il comma 3 dell'art. 11 d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 109 ("Nel caso di impresa che provveda alla distribuzione o alla vendita dei prodotti, sulle cui confezioni non sia indicato il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore, la sede dello stabilimento deve essere completata dall'indirizzo ovvero, in mancanza, da una indicazione che ne agevoli la localizzazione") si riferisce alla sede dello stabilimento del produttore o del confezionatore, e non a quello del distributore o venditore, come risulta evidente dalla collocazione della disposizione e dalle finalità di tutela del consumatore finale perseguite dal decreto legislativo, non assumendo, in relazione a prodotti confezionati, alcuna rilevanza l'indicazione della sede dell'impresa che si occupa della distribuzione o della vendita.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 13/07/2005, n. 14708
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14708
Data del deposito : 13 luglio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

ESENTE REGISTRAZIONE ESENTE BOLL! - FRENTE DIRTY ORIGINALEREPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Oggetto SANZONI AMMINISTRATI SEZIONE PRIMA CIVILE VE RTICHETTE PROD0771 ALIMENTARI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati 0 / Dott. G L Presidente R.G.N. 24441/01 Cron..14708 8 Dott. S S consigliere 0 Consigliere Dott. A R. 7 Consigliere Dott. Salvator DI Ud.14/01/05 - Rel. Consigliere Dott. S P T ha pronunciato la seguente SENT ZA sul ricorso proposto da: P E, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

OSLAVIA

39, presso l'avvocato P C, rappresentato e difeso dall'avvocato F B, giusta procura a margine del ricorso; ricorrente contro COMUNE DI RIVE D'ARCANO, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, P C, presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati CELESTINO PIGANI, P C, giusta mandato a margine del 2005 controricorso;
67 -1- controricorrente - avverso la sentenza n. 208/01 del Tribunale di UDINE, depositata il 19/02/01; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2005 dal Consigliere Dott. Stefano PETITTI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R R che ha concluso per - l'accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito ± il secondo. - -2- Svolgimento del processo Con sentenza in data 29 gennaio - 19 febbraio 2001, il giudice unico del Tribunale di Udine rigettava l'opposizione proposta da P E avverso l'ordinanza con la quale il Sindaco del Comune di Rive d'Arcano gli aveva intimato il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di lire 1.500.000, per violazione dell'art. 3, lettere e) ed f), del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109. Il giudice rilevava che il "frico classico friulano", era stato prodotto e confezionato dal P e venduto alla T s.p.a., nei cui depositi era stato rinvenuto dagli agenti del NAS di Udine l'11 maggio 1999. Rilevava, quindi, che, ai sensi S dell'art. 3, lettera e), del citato d.lgs. n. 109 del 1992, l'etichetta dei prodotti alimentari preconfezionati deve riportare obbligatoriamente "il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea", nonché, ai sensi della successiva lettera f), "la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento". A mente dell'art. 11, poi, “nel caso di impresa che provveda alla distribuzione o alla vendita dei prodotti, sulle cui confezioni non sia indicato il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore, la sede dello stabilimento deve essere completata dall'indirizzo ovvero, in mancanza, da un'indicazione che ne agevoli la localizzazione". Il giudice riteneva pertanto che, poiché con specifico riferimento alla sede dello stabilimento è sufficiente la menzione del Comune, salvo il caso, come quello di specie, di prodotti posti in vendita da soggetti diversi dal confezionatore - ipotesi nella quale la sede dello stabilimento deve essere obbligatoriamente completata con l'indirizzo ovvero con un'indicazione che ne agevoli la localizzazione - l'infrazione accertata risultava sussistente, giacché l'etichetta del "frico friulano" riportava la sola località (Spilimbergo) ove era ubicata la sede della venditrice (T), senza alcuna indicazione dell'indirizzo della sede dello stabilimento di produzione e confezionamento ovvero di solo confezionamento. Da qui, ad avviso del giudice, la assoluta irrilevanza delle argomentazioni difensive dell'opponente circa le dimensioni del grafico T corredato del numero di utenza telefonica e la determinazione del momento della sanzionabilità dell'omissione, in quanto, pur se 3 - * ancora giacente nei depositi della ditta T, il frico era già stato venduto a quest'ultimo dal ricorrente. Per la cassazione di tale sentenza ricorre P E sulla base di due motivi; resiste, con controricorso, il Comune di Rive d'Arcano. Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione agli artt. 1, 3, 11 e 14 del d.lgs. 27 gennaio + 1992, n. 109. La circostanza posta dal giudice a fondamento della sua decisione, e ÷ cioè che "pur se ancora giacente nei depositi della ditta T, il frico in contesto era già stato venduto a quest'ultimo dal ricorrente", lungi dal portare al rigetto dell'opposizione, avrebbe dovuto condurre a conseguenze diametralmente opposte, giacché lo stesso art. 3 del citato decreto legislativo, dopo l'elenco di tutte le indicazioni che devono essere presenti sulle etichette dei prodotti preconfezionati, al terzo comma espressamente prevede che, salvo quanto prescritto da norme specifiche, tali indicazioni debbono figurare sulle confezioni o sulle etichette dei prodotti nel momento in cui questi sono posti in vendita al consumatore. Il prelievo da parte dei NAS era avvenuto presso la ditta T, grossista del settore, mentre non vi è dubbio, essendo la normativa assolutamente chiara sul punto, che per consumatore, ai sensi dell'art. 3, comma 2, lettera e), deve intendersi il "consumatore finale". Ciò del resto, risulterebbe, ad avviso del ricorrente, anche dalle altre disposizioni del citato decreto legislativo. L'art. 14, stabilendo che le indicazioni di cui all'art. 3 devono figurare sull'imballaggio preconfezionato o su una etichetta appostavi o legata al medesimo o su anelli, fascette, dispositivi di chiusura, impone l'osservanza degli obblighi con modalità tali da consentire l'adempimento anche al venditore al dettaglio. Il quinto comma del medesimo art. 14, inoltre, regola esplicitamente il caso dei prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore ma commercializzati in una fase precedente alla vendita al consumatore stesso, stabilendo che, in tal caso, le indicazioni di cui all'art. 3 possono figurare soltanto su + un documento commerciale relativo a detti prodotti, se è garantito che tale documento sia unito ai prodotti cui si riferisce al momento della consegna. E nella specie, nel giudizio di opposizione, era stata fornita la prova che in tutti i rapporti commerciali tra P E e la T s.p.a., quest'ultima avesse ricevuto la merce unitamente a regolare documento di trasporto, nel quale erano evidenziati tutti i dati, compreso l'indirizzo completo di numero civico, relativi alla sede della ditta produttrice P E, avente unico stabilimento nello stesso indirizzo. Del resto, in una legislazione esplicitamente rivolta alla tutela del consumatore finale, la sanzionabilità di un'omissione scatta solo quando, con la vendita al consumatore stesso, si verifica l'obiettivo pericolo che quest'ultimo non venga edotto di quanto ha il diritto di sapere, mentre in tutte le fasi precedenti della - distribuzione del prodotto ci si preoccupa invece di garantire l'individuabilità dei vari soggetti coinvolti. Del tutto illogicamente, pertanto, si era ritenuta sussistente l'infrazione contestagli, anche perché all'analogo verbale di contestazione elevato nei confronti della T non aveva fatto seguito alcuna ingiunzione, avendo anzi il Sindaco di Spilimbergo provveduto all'archiviazione del verbale. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 3, lettere e) ed f), e 11 del d.lgs. n. 109 del 992. Nella specie, osserva il ricorrente, non era ravvisabile alcuna violazione della prescrizione di cui alla lettera e), in quanto le varie indicazioni richieste pongono fra di loro in via alternativa, sicché si deve ritenere completamente soddisfatto l'obbligo con la dicitura "T" seguita dalla precisazione del Comune (Spilimbergo) ove si trova la sede legale di tale ditta, che è senza dubbio un venditore all'ingrosso stabilito nella Comunità economica europea. Per sede, infatti, ai sensi dell'art. 3, si deve intendere la località ove è ubicata l'azienda o lo stabilimento. Quanto poi alla contestata violazione dell'art. 3, lettera f), il ricorrente rileva che la citata disposizione deve essere letta in correlazione all'art. 11 del medesimo decreto legislativo, il quale, al primo comma, lettera a), prevede che l'indicazione della sede dello stabilimento di fabbricazione e confezionamento possa essere omessa nel caso di impresa produttrice o confezionatrice che disponga di un unico stabilimento ubicato allo stesso indirizzo della sede legale o sociale;
sicché, ad 5 avviso del ricorrente, la violazione sarebbe insussistente sulla base del rilievo che la P E ha un unico stabilimento che coincide con la sede legale. Ove poi si consideri che, ai sensi dell'art. 11, comma 3, in caso di impresa che provveda alla distribuzione o alla vendita dei prodotti, sulle cui confezioni non sia indicato il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore, la sede dello stabilimento deve essere completata dall'indirizzo ovvero, in mancanza, da una indicazione che ne agevoli la localizzazione, la conclusione non muta, giacché tale disposizione non potrebbe essere interpretata altro che nel senso che la sede, le cui indicazioni devono essere completate, è quella del venditore o distributore, posto che proprio per ipotesi quella del fabbricante o del confezionatore non c'è. Da ultimo, dopo aver ricordato che oltre alla località, era espressamente indicato il numero di telefono, osserva il ricorrente che, pur a voler ritenere tale indicazione carente, la responsabilità sarebbe dovuta ricadere sulla ditta T, più direttamente interessata e più vicina al tutelato consumatore finale. Senza dire che era comunque presente il bollino CEE che, associando un numero ad ogni soggetto, consentiva da solo l'individuazione anche della ditta produttrice. Prima di procedere all'esame nel merito dei motivi di ricorso, appare opportuno procedere alla ricognizione della normativa applicabile. In proposito, giova premettere che, in tema di commercio di prodotti alimentari, il decreto legislativo n. 109 del 1992 ha riordinato in modo organico l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità degli alimenti, correlandola, come osservato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 401 del 1992, alla materia del commercio e alla connessa protezione del consumatore, allo scopo di assicurare trasparenza e adeguata سلا informazione nella vendita dei prodotti (Cass., ord. 12 dicembre 2003, n. 13465), in modo da evitare che l'etichettatura induca in errore l'acquirente, tra l'altro, sul luogo di origine o di provenienza del prodotto (Cass., 6 aprile 2001, n. 5111). Le disposizioni del citato decreto vanno dunque lette e interpretate tenendo presente tale finalità. Ciò premesso, e passando alla ricognizione delle disposizioni rilevanti nel presente giudizio, vengono in considerazione, in primo luogo, le prescrizioni contenute nell'art. 1, il quale, al comma 1, lettera a) stabilisce che per etichettatura si 6 intende "l'insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente sull'imballaggio o su un'etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo, o, in mancanza, in conformità a quanto stabilito negli articoli 14, 16 e 17, sui documenti di accompagnamento del prodotto alimentare";
alla lettera b), che si intende per "prodotto alimentare preconfezionato l'unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore e alle collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall'imballaggio in cui è stato immesso prima di essere posto in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata";
alla lettera e), che per consumatore si intende "il consumatore finale nonché i ristoranti, gli ospedali, le mense ed altre collettività analoghe, denominate in seguito collettività". L'articolo 3, poi, al comma 1, dispone, che, salvo quanto disposto dagli articoli successivi, i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore devono riportare, tra l'altro, le seguenti indicazioni: "e) il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea;
f) la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento";
al comma 3, stabilisce che, "salvo quanto prescritto da norme specifiche, le indicazioni di cui al comma 1 devono figurare sulle confezioni o sulle etichette dei prodotti alimentari nel momento in cui questi sono posti in vendita al consumatore";
al comma 5, precisa infine che "per sede si intende la località ove è ubicata l'azienda o lo stabilimento". Ai sensi dell'art. 11, comma 1, peraltro, l'indicazione della sede dello stabilimento di fabbricazione o di confezionamento, di cui all'art. 3, comma 1, lettera f), può essere omessa, tra l'altro, nel caso di "stabilimento ubicato nello stesso luogo della sede già indicata in etichetta, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera e)". Il medesimo art. 11, al comma 3, dispone inoltre che "nel caso di impresa che provveda alla distribuzione o alla vendita dei prodotti, sulle cui confezioni non sia indicato il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore, la sede dello stabilimento deve essere completata dall'indirizzo ovvero, in mancanza, da una indicazione che ne agevoli la localizzazione". L'art. 14, a sua volta, sotto la rubrica 7 "Modalità di indicazione delle menzioni obbligatorie dei prodotti preconfezionati", prevede, al comma 4, che “le indicazioni di cui all'articolo 3 devono figurare sull'imballaggio preconfezionato o su un'etichetta appostavi o legata al medesimo o su anelli, fascette, dispositivi di chiusura e devono essere menzionate in un punto evidente in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili ed indelebili;
esse non devono in alcun modo essere dissimulate o deformate", e, al comma 5, che "per i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore ma commercializzati in una fase precedente alla vendita al consumatore stesso, le indicazioni di cui all'art. 3 possono figurare soltanto su un documento commerciale relativo a detti prodotti, se è garantito che tale documento sia unito ai prodotti cui si riferisce al momento della consegna oppure sia stato inviato prima della consegna o contemporaneamente a questa, fatto salvo quanto previsto dal comma 7". Quest'ultima disposizione prescrive che "nel caso in cui le indicazioni di cui all'art. 3 figurino, ai sensi dei commi 5 e 6, sui documenti commerciali, le indicazioni di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), d), ed e), devono figurare anche sull'imballaggio globale in cui i prodotti alimentari sono posti per la commercializzazione". Per completezza, si ricorda che l'art. 14, comma 6, stabilisce che “le disposizioni di cui al comma 5 si applicano anche ai prodotti alimentari preconfezionati destinati alle collettività per esservi preparati o trasformati o frazionati o somministrati". Significative sono poi le disposizioni di cui all'art. 17, commi 1 e 2, i quali rispettivamente, prevedono che "i prodotti alimentari destinati all'industria, agli utilizzatori commerciali intermedi ed agli artigiani per i loro usi professionali ovvero per essere sottoposti ad ulteriori lavorazioni nonché i semilavorati non destinati al consumatore devono riportare le menzioni di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), c), e) Ju ed h)", e che “le indicazioni di cui al comma 1 possono essere riportate sull'imballaggio o sul recipiente o sulla confezione o su una etichetta appostavi o sui documenti commerciali". Così ricostruito il quadro normativo occorre ora procedere all'esame dei due motivi di ricorso. Dalla sentenza impugnata emerge che la sanzione amministrativa è stata comminata al ricorrente in relazione alle ipotesi di illecito delineate dall'art. 3, comma 1, lettere e) ed f), del decreto legislativo n. 109 del 1992, e cioè per avere 008 venduto un prodotto alimentare preconfezionato privo della indicazione del nome o della ragione sociale o del marchio depositato e della sede o del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea (lettera e), e della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento (lettera f). In particolare, nella stessa sentenza, si rileva che il "frico friulano classico" è stato prodotto e confezionato dal ricorrente P e venduto alla T s.p.a., nei cui depositi è stato rinvenuto. Il Giudice del merito ha quindi ritenuto che, in applicazione dell'art. 3, comma 1, lettere e) ed f), e dell'art. 11, comma 3, del decreto legislativo n. 109 del 1992, risultasse integrato l'illecito amministrativo contestato, poiché i prodotti oggetto dell'accertamento non recavano l'indicazione della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento, interpretando quindi l'art. 11, comma 3, nel senso che, nella fattispecie ivi descritta (e cioè quella dell'impresa che provveda alla distribuzione o alla vendita dei prodotti, sulle cui confezioni non sia indicato il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore), la necessaria integrazione con l'indirizzo ovvero con altri dati che ne agevolino la localizzazione deve intendersi riferita allo stabilimento del produttore o del confezionatore. L'etichetta del frico friulano riportava, infatti, la sola località ove era ubicata la sede della venditrice, senza alcuna indicazione dell'indirizzo della sede dello stabilimento di produzione e confezionamento ovvero di solo confezionamento. Da qui, ha poi osservato il Tribunale, la irrilevanza delle ragioni dell'opposizione, sia con riferimento alle dimensioni del grafico della ditta venditrice, sia al momento della sanzionabilità dell'omissione, giacché ciò che rilevava era il fatto che il frico, pur se ancora giacente nei depositi della ditta venditrice, era già stato venduto a quest'ultima dal P. Il ricorrente censura tale pronuncia, deducendo, con il primo motivo, che le prescrizioni richieste dall'art. 3, comma 1, e quindi anche quelle di cui alle lettere e) ed f), operano, a sensi del comma 3 del medesimo articolo, solo nel momento in cui i prodotti sono posti in vendita al consumatore, da intendersi, ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera e), quale consumatore finale;
e, poiché la ditta ove i prodotti sono stati rinvenuti operava da grossista del settore, non potevano ritenersi operanti le prescrizioni oggetto di contestazione, né poteva ritenersi applicabile la relativa sanzione. Troverebbe applicazione, invece, nella specie, la disposizione di cui all'art. 9 14, comma 5, in base alla quale, nel caso di prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore ma commercializzati in una fase precedente alla vendita al consumatore stesso, le indicazioni di cui all'art. 3 possono figurare soltanto su un documento commerciale relativo a detti prodotti, se è garantito che tale documento sia unito ai prodotti a cui si riferisce al momento della consegna. Il primo motivo di ricorso è infondato in entrambi i profili in cui si articola. Quanto al primo, occorre rilevare che se è verso che le disposizioni del decreto legislativo n. 109 del 1992 sono finalizzate a tutelare il consumatore finale, è altresì vero che a tal fine esse dettano prescrizioni indirizzate al produttore o al confezionatore dei prodotti alimentari posti in commercio, la cui osservanza rende possibile al consumatore finale la individuazione del luogo di produzione o di confezionamento dei prodotti stessi. Tra queste, particolare rilievo assumono quelle di cui all'art. 3, lettere e) ed f), giacché le indicazioni da tali disposizioni prescritte assicurano, appunto, la possibilità, per il consumatore finale, di essere informato su chi sia il produttore o il confezionatore del prodotto e su quale sia il luogo di fabbricazione o di confezionamento. Nella specie, il Giudice del merito ha dato atto nella sentenza impugnata che il frico friulano era stato prodotto e confezionato dal ricorrente, e che le dette confezioni recavano unicamente l'indicazione della località ove era ubica la ditta venditrice. Una tale affermazione presuppone che la ditta T, e cioè quella presso la quale sono stati rinvenuti i prodotti privi delle prescritte indicazioni, non fosse, come sostenuto dal ricorrente, incaricata solo della distribuzione dei prodotti stessi, ma anche della loro vendita, senza alcuna limitazione alla vendita all'ingrosso, con esclusione di quella al dettaglio, e quindi al consumatore finale. Ulteriore conferma di tale apprezzamento del giudice del merito si coglie nella parte finale della motivazione laddove la censura del ricorrente, concernente la individuazione del momento della sanzionabilità della condotta, viene superata sulla base del rilievo che, “pur se ancora giacente nei depositi della ditta Tosni, il frico in contesto era già stato venduto a quest'ultimo al ricorrente";
con il che, deve intendersi, il prodotto era già stato posto in commercio, senza le prescritte indicazioni. Del resto, non può non sottacersi il fatto che l'illecito contestato al ricorrente era la violazione dell'art. 3, lettere e) ed f), del decreto legislativo n. 109 del 1992, e 10 non anche quella, diversa, di cui all'art. 14, comma 5, che si riferisce alla commercializzazione di prodotti alimentari preconfezionati in una fase precedente alla vendita al consumatore stesso. Le considerazioni sin qui svolte conducono alla reiezione anche del secondo profilo del primo motivo di ricorso, giacché, come detto, la situazione sanzionata era non già quella della omessa indicazione degli elementi prescritti nella fase precedente alla vendita al consumatore finale, ma quella della vendita a quest'ultimo. Si può, peraltro, aggiungere, che il comma 5 dell'art. 14 del decreto legislativo n. 109 del 1992, nel consentire che le indicazioni prescritte siano contenute nel documento commerciale relativo ai prodotti commercializzati in una fase antecedente alla vendita al consumatore finale, fa salva l'applicazione delle disposizioni di cui al successivo comma 7, il quale richiede che le indicazioni di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), d) ed e), devono figurare anche sull'imballaggio globale in cui i prodotti alimentari sono posti per la commercializzazione. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, nelle ipotesi considerate dall'art. 11, comma 3, le ulteriori indicazioni richieste dalla norma dovrebbero riferirsi alla sede dello stabilimento della impresa che provvede alla distribuzione o alla vendita del prodotto e non anche a quella del produttore o del confezionatore. E poiché, nella specie, erano presenti sufficienti indicazioni per la identificazione della sede dello stabilimento della impresa incaricata della distribuzione o della vendita, l'illecito non sarebbe stato integrato. Un simile assunto, peraltro, non può essere condiviso, perché contrario alla Jun ! lettera e alla ratio della norma. L'art. 11, invero, sotto la rubrica "Sede dello stabilimento", consente che sui prodotti confezionati la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento non venga indicata, tra l'altro, nel caso di stabilimento ubicato nello stesso luogo della sede già indicata in etichetta, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera e), del medesimo decreto legislativo. Lo stesso articolo 11 prevede poi, al secondo comma, che nel caso in cui l'impresa (da intendersi quale impresa di fabbricazione o di confezionamento) disponga di più stabilimenti, è consentito indicare sull'etichetta tutti gli stabilimenti purché quello effettivo venga evidenziato mediante punzonatura o altro segno. Il comma 3, infine, contiene la 11 disposizione rilevante nel caso di specie, che, come detto, si riferisce alla ipotesi della impresa che provvede alla distribuzione o alla vendita dei prodotti, sulle cui confezioni non siano indicati né il nome (o la ragione sociale o il marchio depositato) né la sede del fabbricante o del confezionatore;
in tal caso, prescrive l'art. 11, comma 3, la sede dello stabilimento deve essere completata dall'indirizzo ovvero, in mancanza, da un'indicazione che ne agevoli la localizzazione. Risulta evidente, per la collocazione della disposizione e per le finalità di tutela del consumatore finale perseguite dal decreto legislativo n. 109 del 1992, che la sede dello stabilimento considerata dal comma 3 dell'art. 11 non può essere altra che quella di fabbricazione o di confezionamento. Infatti, nella logica del decreto legislativo n. 109 del 1992 e dell'art. 11, in particolare, ciò che rileva sono le indicazioni relative al produttore o al confezionatore. L'art. 3 richiede che di tali soggetti vengano indicate il nome (o la ragione sociale o il marchio depositato) e la sede, nonché la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;
l'art. 11, comma 3, nel derogare alla esplicita prescrizione dell'art. 3, lettera f), che richiede l'indicazione della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento, allorquando prescrive le indicazioni necessarie alla individuazione della sede dello stabilimento, non può non riferirsi altro che alla sede dello stabilimento del produttore o del confezionatore, non assumendo, in relazione a prodotti preconfezionati, alcuna rilevanza l'indicazione della sede dell'impresa che si occupa della distribuzione o della vendita. Le considerazioni sin qui svolte consentono anche di ritenere infondato l'ulteriore profilo dedotto con il secondo motivo di ricorso, secondo cui l'illecito contestato non avrebbe potuto essere ritenuto integrato sulla base del rilievo che, prescrivendo l'art. 3, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 109 del 1992, in via alternativa, l'indicazione del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea, sulle confezioni oggetto dell'accertamento era comunque presente l'indicazione della ditta T, che è certamente un venditore stabilito nella Comunità economica europea. Tale indicazione, infatti, non fa venir meno la necessità della indicazione dello stabilimento di produzione o di confezionamento, richiesta dall'art. 3, comma 1, 12 lettera f), che certamente non di identifica con la sede del venditore stabilito nella Comunità economica europea. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, perché infondato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.

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