Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 17/07/2024, n. 19681

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L'indennità di servizio all'estero di cui agli artt. 170 e 171 del d.P.R. n. 18 del 1967, per il personale dipendente dall'Amministrazione degli affari esteri, non ha natura retributiva, in quanto finalizzata a sopperire agli oneri derivanti dalla permanenza nella sede straniera, sicché la stessa non concorre a determinare il danno patrimoniale subito dal dipendente illegittimamente richiamato presso la sede centrale.

Il dirigente del Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale non appartenente alla carriera diplomatica che sia stato destinato a un posto funzione in una sede estera non ha un diritto soggettivo a rimanervi per il tempo indicato nell'art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 e nell'art. 20 del c.c.n.l. Area I Dirigenza del 21 aprile 2006, potendo essere richiamato in Italia per esigenze di servizio dalla P.A. datrice di lavoro con decreto ex art. 34 del d.P.R. n. 18 del 1967 ratione temporis applicabile, il quale può essere contestato in giudizio dal lavoratore, in particolare in caso di violazione di diritti riconosciuti dalla normativa o dalla contrattazione collettiva vigenti e nelle ipotesi in cui esso non sia fondato su esigenze di servizio, oppure sia basato su motivazione assolutamente illogica o su travisamento dei fatti, o abbia natura discriminatoria o ritorsiva, in quest'ultima evenienza gravando sul dipendente l'onere di dimostrare tale natura.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 17/07/2024, n. 19681
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19681
Data del deposito : 17 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Numero registro generale 32218/2019 Numero sezionale 2067/2024 Numero di raccolta generale 19681/2024 Data pubblicazione 17/07/2024 REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati: Oggetto PUBBLICO L T Presidente IMPIEGO- SEDE A Z Consigliere ESTERA- I T Consigliere SPOSTAMENTO IN S C Consigliere ITALIA D C Consigliere-Rel. R.G.N. 32218/2019 CC 07/05/2024 Aula B ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso n. 32218/2019 proposto da: Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;
-ricorrente-

contro

A V, rappresentato e difeso dall'Avv. G V, presso cui è elettivamente domiciliato in Roma, via Grotta di Gregna 153;
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della Corte d'appello di Roma, n. 2424/2019, pubblicata il 24 giugno 2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/05/2024 dal Consigliere D C. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1 Numero registro generale 32218/2019 Numero sezionale 2067/2024 Numero di raccolta generale 19681/2024 Con ricorso depositato il 18 dicembre 2013 A V, console generale Data pubblicazione 17/07/2024 d'Italia a Porto Alegre, con qualifica di dirigente, ha convenuto, davanti al Tribunale di Roma, il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (da ora MAECI), chiedendo: la declaratoria di nullità, illegittimità e inefficacia dei provvedimenti disciplinari impugnati (sospensione dal servizio e dalla retribuzione e successivo trasferimento in Italia);
la condanna della P.A. a corrispondere gli emolumenti non pagati e a restituire il periodo di anzianità;
la condanna della P.A. a risarcire il danno subito;
il riconoscimento dell'applicabilità dell'art. 147 del d.P.R. n. 18 del 1967;
la declaratoria del suo diritto a recuperare le ore prestate in più rispetto all'orario di lavoro. Il Tribunale di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 2424/2019, ha rigettato il ricorso. A V ha proposto appello che la Corte d'appello di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 2424/2019, ha accolto limitatamente all'illegittimità del provvedimento di rientro in Italia, condannando la P.A. a risarcire il danno nella misura di € 246.010,00. Il MAECI ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. A V si è difeso con controricorso, ha proposto ricorso incidentale sulla base di 17 motivi e ha depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1) Con il primo e il secondo motivo che, per ragione di connessione, vanno trattati insieme, il MAECI contesta la violazione e falsa applicazione dell'art. 34 del d.P.R. n. 18 del 1967, in combinato disposto con l'art. 110 del d.P.R. n. 18 del 1967 e dell'art. 2697 c.c. 2 Numero registro generale 32218/2019 Numero sezionale 2067/2024 Numero di raccolta generale 19681/2024 Il MAECI lamenta che la corte territoriale avrebbe errato nell'affermare che la Data pubblicazione 17/07/2024 revoca dell'incarico del controricorrente non avrebbe rispettato l'art. 34 menzionato, in quanto il relativo provvedimento non conterrebbe l'indicazione di specifiche esigenze di servizio le quali, poi, non sarebbero state provate in giudizio. In particolare, non sarebbe stata condivisibile l'affermazione del carattere sanzionatorio della revoca in esame, ritenuta alla luce della contiguità di essa rispetto alla sospensione del servizio inflitta al dipendente e della mancanza di una valida motivazione del provvedimento contestato. Il giudice di secondo grado non avrebbe valutato che, nella specie, non sarebbe venuto in rilievo il conferimento di un incarico, ma solo la movimentazione di personale per esigenze di servizio, con l'effetto che non avrebbe potuto parlarsi di una revoca di siffatto incarico. Neppure avrebbe potuto ipotizzarsi un rientro anticipato, atteso che il d.P.R. n. 18 del 1967 stabiliva, per le destinazioni all'estero dei funzionari diplomatici, un periodo minimo di due e massimo di quattro anni prima dell'avvicendamento e che il controricorrente era rimasto in Brasile per tre anni. Il fenomeno in questione sarebbe consistito in una semplice movimentazione del personale, consentita dal d.P.R. n. 18 del 1967 per esigenze di servizio. Detta movimentazione sarebbe avvenuta con decreto, per il quale non sarebbe stato previsto dalla legge un obbligo di specifica motivazione, essendo sufficiente il rinvio alle menzionate esigenze di servizio, in quanto l'avvicendamento de quo sarebbe stato espressione di un potere discrezionale del datore di lavoro, che avrebbe dovuto tenere conto di ogni aspetto dell'attività di servizio nell'ambito di un sistema più generale, alla luce della periodica riorganizzazione dei movimenti di personale su scala mondiale. La stessa giurisprudenza amministrativa in materia avrebbe chiarito che l'obbligo di motivazione dei provvedimenti in questione sarebbe stato da considerare attenuato, riducendosi il sindacato giurisdizionale al riscontro della manifesta illogicità o del travisamento dei fatti. Non vi sarebbe stato nessun diritto del controricorrente a restare all'estero per quattro anni e la corte territoriale avrebbe dovuto tenere conto che egli aveva 3 Numero registro generale 32218/2019 Numero sezionale 2067/2024 Numero di raccolta generale 19681/2024 prestato servizio all'estero in via continuativa per un totale di sette anni, a fronte Data pubblicazione 17/07/2024 di una durata massima di otto anni consentita dalla legge. La Corte d'appello di Roma avrebbe errato a dare rilievo al fatto che i consoli precedenti fossero rimasti in carica per quattro anni, trattandosi di circostanza priva di valore, e ad invertire l'onere della prova, poiché sarebbe stato il dipendente a dovere dimostrare che avrebbe avuto un diritto soggettivo a permanere nella sede di Porto Alegre e che il richiamo a Roma sarebbe stato illegittimo o irragionevole. D'altronde, in tema di atti ritorsivi nell'ambito lavorativo, l'onere della prova della natura di tali atti sarebbe gravato sul lavoratore, il quale sarebbe stato tenuto a provare l'intento di rappresaglia del datore e che questo sarebbe stato il solo motivo alla base del provvedimento. La corte territoriale non avrebbe, poi, nulla detto in ordine alla motivazione della sentenza di primo grado, che avrebbe rilevato come la P.A. avesse spiegato le ragioni del ritorno del controricorrente a Roma, desumibili da una missiva del 29 maggio 2013 dell'Ambasciatore italiano in Brasile, mentre, invece, il dipendente non avrebbe dimostrato il carattere ritorsivo o sanzionatorio del provvedimento. Le doglianze meritano accoglimento. In ordine all'inquadramento normativo della vicenda, si osserva quanto segue. La P.A. ricorrente sostiene che la fattispecie sarebbe regolata dagli artt. 34 e 110 d.P.R. n. 18 del 1967, i quali contengono le seguenti prescrizioni: Art. 34, commi 1 e 2, d.P.R. n. 18 del 1967, intitolato destinazioni e accreditamenti: “I movimenti del personale sono disposti per esigenze di servizio. Salvo quanto previsto dall'art. 36 per la nomina dei capi delle rappresentanze diplomatiche, la destinazione all'estero, il trasferimento da sede a sede e il richiamo al Ministero del personale sono disposti con decreto del Ministro”. 4 Numero registro generale 32218/2019 Numero sezionale 2067/2024 Numero di raccolta generale 19681/2024 Art. 110 d.P.R. n. 18 del 1967, intitolato “Avvicendamenti”: Data pubblicazione 17/07/2024 “I funzionari diplomatici vengono destinati ad ogni sede estera per un periodo minimo di due anni e uno massimo di quattro anni, salva la facoltà dell'amministrazione di disporre l'esecuzione del provvedimento di destinazione entro i sessanta giorni successivi. I funzionari diplomatici non possono rimanere in servizio all'estero per più di otto anni consecutivi, detratte le interruzioni di servizio fra sede e sede, salva la facoltà dell'amministrazione di prevedere proroghe nella misura massima di trenta giorni per consentire una ordinata gestione dei movimenti. Successivamente al periodo di servizio all'estero, essi prestano servizio a Roma per un periodo non inferiore a due anni. (…)”. Si rileva che la sentenza di primo grado ha affermato (ciò si ricava da pagina 3 della sentenza di appello) che il controricorrente è un dirigente amministrativo appartenente ai ruoli MAECI, che ha ricoperto un posto funzione presso una sede estera, e che alla sua posizione si applica il d.P.R. n. 18 del 1967. La decisione di appello, invece, ha ritenuto applicabile l'art. 34 del d.P.R. n. 18 del 1967 e ha stabilito in quattro anni il termine di durata massima dell'incarico attribuito al controricorrente, ai sensi dell'art. 5 del d.m. n. 71 del 2007. Il lavoratore, che espone di non avere mai stipulato un contratto per l'assegnazione dell'incarico a Porto Alegre, precisa nel suo controricorso che l'art. 110 citato non si applicherebbe, in quanto riguarderebbe solo il personale della carriera diplomatica, mentre egli sarebbe un dirigente amministrativo al quale sarebbe stato conferito un posto funzione all'estero in virtù del d.P.R. n. 368 del 2000. Egli contesta pure l'applicabilità del d.m. n. 71 del 2007 in quanto, a suo avviso, la fattispecie sarebbe regolata dall'art. 19 d.lgs. n. 165 del 2001 e dall'art. 20 CCNL. La sua ricostruzione è che esisterebbe una posizione di dirigente presso il Consolato a Porto Alegre e che il relativo incarico dovrebbe avere una durata 5 Numero registro generale 32218/2019 Numero sezionale 2067/2024 Numero di raccolta generale 19681/2024 minima di tre e massima di cinque anni, ai sensi delle disposizioni appena Data pubblicazione 17/07/2024 menzionate. In particolare, non essendo stata determinata una durata di detto incarico fin dall'inizio, questa dovrebbe ritenersi pari a cinque anni. Le affermazioni del dipendente non sono condivisibili. L'art. 93 del d.P.R. n. 18 del

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