Cass. pen., sez. VI, sentenza 17/05/2023, n. 21113

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 17/05/2023, n. 21113
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21113
Data del deposito : 17 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. TU BE, nato a [...] il [...] 2. RE QU, nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 02/07/2019 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale PE Riccardi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
lette le conclusioni del difensore di TU, avv. Rosavio RE, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi, anche replicando alle conclusioni del Procuratore generale.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Napoli riformava parzialmente - quanto alla pena che riduceva - la sentenza emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli il 9 marzo 2018, con la quale erano stati condannati, all'esito di giudizio abbreviato, gli imputati BE TU e QU RE per i reati di cui ai capi D), E) e G) della rubrica. In particolare, erano stati contestati ai suddetti imputati i seguenti reati: - (capo D) artt. 110, 81, 319, 319-bis e 321 cod. pen., perché TU, quale Direttore amministrativo delle

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Orientale, Parthenope e Federico II, e RE, quale RUP presso le stesse aziende regionali, si erano fatti promettere e consegnare da IE CI (giudicato separatamente), titolare della società Pulitalia, somme di danaro e altri beni per compiere atti contrari ai doveri dei loro uffici, ovvero per affidare a società riconducibili al CI commesse per i servizi presso i suddetti istituti, derogando alla materia in materia di appalti;
- (capo E) artt. 110, 81, 319, 319-bis e 321 cod. pen., perché nelle stesse qualità si erano fatti promettere e consegnare da QU CO (giudicato separatamente), titolare della società Zero 2 Outlet, attraverso la internnediazione del CI, somme di danaro per compiere atti contrari ai doveri dei loro uffici, ovvero per affidare alla suddetta società commesse per i servizi presso i suddetti istituti, derogando alla materia in materia di appalti;
- (capo G) artt. 110, 112, 81, 59, secondo comma, e 353, secondo comma cod. pen., perché nelle stesse qualità in concorso con il CI, TO RI, titolare della Cooperativa SAF Facility Managment, CO RR, titolare della GSN e PE SA, titolare della UT RV (giudicati separatamente) avevano turbato, con collusioni e mezzi fraudolenti, il regolare svolgimento della gara per l'affidamento del servizio di pulizie presso la

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Federico II, pilotandone l'affidamento alla ditta Coop SAF Facility Management.

2. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati TU e RE, denunciando con atti separati i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Ricorso TU.

2.1.1. Vizio di motivazione in relazione alla interpretazione delle conversazioni intercettate e alle dichiarazioni rese da IE CI con riferimento alle imputazioni oggetto di condanna. Quanto alla vicenda di cui al capo D), la Corte di appello ha ritenuto che le intercettazioni venissero a riscontrare le dichiarazioni rese dal CI in ordine al versamento delle tangenti "anche nelle mani" del ricorrente, oltre che di quelle del RE. Peraltro, nessun riscontro si ricava da dette intercettazioni, tenuto viepiù conto che l'unica captazione che vi è stata tra il ricorrente e il CI dimostrava un rapporto formale tra i due e l'intenzione del primo di voler risparmiare sulla spesa pubblica (a fronte di molteplici dialoghi captati tra RE e CI connotati da toni amicali), e le altre si pongono in antinomia logica con il risultato probatorio indicato dalla Corte di appello. In particolare, si richiamano: - la captazione in cui CI affermava di aver versato "il deca" al RE;
- la captazione in cui RE riferiva al CI di essere lui quello che faceva tutte le determine (che TU quindi firmava soltanto). Né poteva fungere da riscontro la captazione in cui CI aveva riferito di versare al RE le somme che LL stesso divideva, in quanto nulla provava sulla effettiva successiva destinazione (soltanto ipoteticamente dedotta) di tali somme a favore del ricorrente. La Corte di appello ha affrontato in modo carente le censure mosse dal ricorrente alla ritenuta partecipazione del medesimo ad incontri tra CI e RE: da una captazione emergeva che il RE semplicemente informava il CI che stava scendendo con il direttore a prendere un caffè e se lo stesso voleva raggiungerli;
da altra che l'BE con cui si doveva parlare era persona diversa dal ricorrente, non avendo senso la frase se riferita a persona presente al dialogo. Resta inesplorato il tema decisivo della legittimità degli atti amministrativi, affrontato dalla difesa con il gravame, secondo la Corte di appello ritenuto superato dal contenuto delle captazioni. In ordine al capo E), la Corte di appello si è limitata a rispondere con un lapidario argomento, tratto dalla captazione tra CI e RE in cui il primo aveva avvertito l'altro che stava per giungere l'offerta Zero 2. Nulla si motiva sul coinvolgimento nel reato del ricorrente, considerata viepiù la fallacia delle argomentazioni di primo grado, basate sulla mera sottoscrizione da parte del ricorrente delle determine in questione e sulla ritenuta consapevolezza degli accordi criminosi portati avanti dal RE nell'interesse di entrambi. Questa conclusione peraltro era basata sulla captazione in cui era stato ritenuto presente il ricorrente, mentre sicuramente si trattava di altra persona. Pertanto, tanto per il capo D) che per quello E) le conclusioni tratte a carico del ricorrente sono meramente congetturali (in definitiva basate sulla sola firma delle determine) e la Corte di appello non ha risolto le illogicità e le aporie segnalate con il gravame. In merito al capo G), ancora una volta la Corte di appello è ricorsa ad un approccio meramente congetturale e deduttivo del coinvolgimento nel reato del ricorrente, attribuendo anche a lui l'operato del RE sol perché era il ricorrente l'affidatario dell'incarico e non potendo il RE rischiare di non ottenere il risultato lasciando all'oscuro il ricorrente. Risulta infatti neutra e non riscontrata l'affermazione del CI dell'essersi messo d'accordo con il RE "d'intesa" con il ricorrente.Va evidenziato come emerge dalle captazioni che RE aveva ampi margini di manovra nell'ufficio e non un ruolo meramente subalterno al ricorrente.

2.2. Ricorso di RE.

2.2.1. Vizio d motivazione in merito alla ritenuta responsabilità del ricorrente. La Corte di appello ha ritenuto come il primo giudice pienamente credibili e attendibili le dichiarazioni del CI. Giudizio che la difesa contesta là dove si afferma che ben poteva il CI assumere il ruolo di

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