Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 08/03/2019, n. 06870
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L'assegno per il nucleo familiare, disciplinato dall'art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, conv. con modif. dalla l. n. 153 del 1988, spetta al lavoratore somministrato a tempo indeterminato anche durante gli intervalli in cui, pur non prestando attività lavorativa per l'utilizzatore, percepisce dal somministratore l'indennità di disponibilità ex art. 22, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, atteso che, durante tali periodi non lavorati, il sinallagma funzionale del contratto di lavoro è attivo e permane l'obbligo, a carico del somministratore, di versamento dei contributi assicurativi sull'erogata indennità.
In tema di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, ai sensi dell'art. 20, comma 2, del d.lgs. 276 del 2003, il rapporto di lavoro dipendente intercorre tra il lavoratore somministrato e l'agenzia che lo assume e retribuisce, per cui, sebbene la prestazione venga resa in concreto a beneficio dell'utilizzatore, il legame funzionale tra somministratore e lavoratore permane anche nei periodi tra una missione ed un'altra, ed il lavoratore ha diritto di percepire un compenso, c.d. indennità di disponibilità, prevista dall'art. 22, comma 3, dello stesso decreto, che ha natura retributiva e trova la sua giustificazione causale nella messa a disposizione delle attitudini lavorative del somministrato in attesa di future utilizzazioni.
Sul provvedimento
Testo completo
'AULA 'B' 06870/ 19 - 8 MAR. 2019 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA T F I R D E IN NOME DEL POPOLO ITALIANO T N E S E - L LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE L R. G. N. 5445/2013 O B E Cron.6870 T N SEZIONE LAVORO E S E - E N O Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. I Z A R T S I G E Dott. A MNA Presidente Ud. 18/12/2018 R E T N E S E Consigliere PU Dott. ENRICA D'ANTONIO Consigliere Dott. UMBERTO BNO Dott. ROBERTO RIVERSO Rel. Consigliere Dott. R MNO Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 5445-2013 proposto da: I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;
2018 ricorrente 4397
contro
T B, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA, 2, presso lo studio dell'avvocato S difende unitamente A, che lo rappresenta e all'avvocato M P;
controricorrente - avversO la sentenza n. 557/2012 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 23/11/2012 R.G.N. 84/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA,' che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato VINCENZO STUMPO;
udito l'Avvocato S A. R.G. 5445/2013 FATTI DI CAUSA Con sentenza n. 557/2012 la Corte d'Appello di Brescia rigettava il gravame dell'Inps avverso la sentenza che aveva accertato il diritto di T B a percepire gli assegni per il nucleo familiare (ANF) a partire dal mese di giugno 2009 per tutta l'effettiva durata del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di Lavorint Risorse S.p.A. agenzia di somministrazione di lavoro. A fondamento della sentenza la Corte affermava che il lavoratore assunto a tempo indeterminato dalle agenzie di somministrazione di lavoro avesse diritto agli assegni per il nucleo familiare anche durante i periodi nei quali rimaneva in attesa di assegnazione percependo l'indennità di disponibilità ex articolo 22, comma 3 del decreto legislativo 276 del 2003. Né in contrario poteva rilevare il precedente giurisprudenziale della Corte di Cassazione (sentenza n. 6155/2004), citato dallo stesso Inps (che si riferiva ad altra vicenda relativa alla mancanza di prestazione nel periodo compreso tra definitiva cessazione dell'attività produttiva e dichiarazione di fallimento), secondo cui gli assegni familiari devono essere negati quando la prestazione lavorativa manchi in conseguenza della insussistenza del sinallagma funzionale e del diritto alla retribuzione per difetto della corrispettività;
posto che, invece, nel caso in esame, il sinallagma funzionale del rapporto di lavoro era in essere tra lavoratore e datore di lavoro;
in quanto, da un lato, il lavoratore si obbligava a rimanere a disposizione della agenzia pronto per essere inviato a prestare la propria attività lavorativa presso l'impresa somministrata;
e dall'altro, a fronte di tale obbligazione, l'agenzia si obbligava a corrispondere l'indennità di disponibilità, evidentemente al fine di garantirsi la pronta disponibilità di personale qualificato da inviare quanto prima presso l'utilizzatore. Sussistevano pertanto i presupposti per l'erogazione degli assegni familiari individuati anche dalla giurisprudenza della Cassazione. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps con un motivo al quale ha resistito con controricorso T B. Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.- Con l'unico motivo di ricorso l'Inps deduce la violazione falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 2, comma primo e terzo del decreto legge 69/88, convertito nella legge 153/88, 1, 12 e 59 del d.p.r. 30 maggio 1955 n.797, con 1 R.G. 5445/2013 riferimento agli articoli 20, 22, 23, 25 del decreto legislativo 276/2003, atteso che in base alla normativa citata la corresponsione degli assegni familiari presuppone, secondo l'Inps, da una parte, lo svolgimento della prestazione dato che la misura di essi varia a secondo del lavoro effettivamente prestato;
e dell'altra, presuppone il diritto alla retribuzione;
salvo i casi eccezionali espressamente previsti dalla legge di diritto all'assegno per il nucleo familiare in assenza di effettiva prestazione lavorativa. Inoltre la previsione dell'articolo 22 citato, secondo cui "l'indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge e di contratto collettivo" riguardava anche l'assegno per il nucleo familiare, in quanto modulato sul reddito familiare (art. 2 del d.l. n. 69/1988 conv. in l. 153/1988). 2.- Il ricorso dell'Inps è infondato, sulla scorta delle seguenti premesse.
2.1. Il contratto di somministrazione di lavoro, disciplinato per la prima volta dal d.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003, emanato in attuazione della legge delega del 14 febbraio 2003, n. 30, ed attualmente regolato dagli artt. da 30 a 40 del d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81, rappresenta il più recente approdo dei tentativi effettuati dal legislatore di regolare il fenomeno giuridico della dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro ed utilizzazione della prestazione. Il contratto di somministrazione configura, infatti, un rapporto giuridico caratterizzato dalla presenza di tre soggetti: il somministratore o agenzia, il lavoratore e l'utilizzatore che concludono tra loro due distinti contratti. Il contratto di somministrazione è quello concluso tra l'agenzia e l'utilizzatore per l'invio di lavoratori presso l'utilizzatore che provvederà a dirigerli verso il pagamento di un corrispettivo. Tale contratto può essere a termine o a tempo indeterminato. Diverso contratto è quello di lavoro somministrato, con cui il lavoratore si obbliga nei confronti della agenzia di somministrazione a lavorare alle condizioni previste dai contratti di somministrazione che essa stipulerà. Anche questo contratto può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato. Non v'è dubbio che in base alla legge (l'art. 22,1° comma d.lgs. 276/2003 che viene qui in rilievo, ratione temporis) il rapporto di lavoro dipendente intercorre tra lavoratore ed agenzia che lo assume e lo retribuisce, mentre la prestazione viene in concreto resa a beneficio dell'utilizzatore. Si verifica quindi la scissione tra titolarità del rapporto di lavoro ed esercizio dei poteri direttivi. 2 R.G. 5445/2013 L'articolo 22, 1 c. del decreto legislativo 276 del 2003 stabilisce, inoltre, che i rapporti di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro sono soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile ed alle leggi speciali.
2.2. Il dato legislativo è chiaro: il rapporto di lavoro intercorre tra lavoratore e somministratore, secondo quanto previsto dall'articolo 22, primo e secondo comma ed esso resta in vita anche quando il lavoratore non è inviato in missione ma rimane in attesa di assegnazione. La messa a disposizione di energie lavorative, obbligazione che contrassegna il lavorare alle dipendenze altrui, è presente anche nel periodo di attesa e si colloca nella fase preparatoria dell'adempimento. Rimane altresì la continuità giuridica, caratteristica della subordinazione, pur a fronte della discontinuità della prestazione. Ne deriva che negli intervalli di non lavoro, fra una missione e l'altra, quando il datore di lavoro somministrato non chiede al lavoratore di adempiere, si configura un obbligo a carico del datore i cui effetti sono disciplinati dalla stessa legge con la previsione, tra l'altro, del pagamento di un'indennità di disponibilità che ha natura retributiva e di corrispettivo dell'obbligazione della messa a disposizione del lavoratore.
2.3. L'art. 22, comma 3, d.lgs. 276/2003 prevede che se il prestatore di lavoro è assunto con contratto stipulato a tempo indeterminato, nel medesimo va stabilita la misura della indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei quali il lavoratore stesso rimane in attesa di assegnazione. Attraverso la previsione dell'indennità di disponibilità si materializza quindi la permanenza del legame funzionale tra somministratore e lavoratore, anche nei periodi tra una missione ed un'altra;
sicchè il lavoratore ha diritto di percepire un compenso che trova la