Cass. pen., sez. III, sentenza 18/01/2018, n. 01983

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 18/01/2018, n. 01983
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01983
Data del deposito : 18 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: F E, nato a Cinisello Balsamo il 28/06/1940 avverso la sentenza del 22/12/2016 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa A D S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. G P, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del Tribunale di Bergamo del 28.1.2015, F E veniva dichiarato responsabile, nella qualità di amministratore unico della società

STYLEDIL

Spa, dei reati di cui agli art. 234 legge fallimentare- per esercizio di attività di impresa sebbene si trovasse in stato di inabilitazione all'esercizio di impresa commerciale e di incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per anni dieci - e 10 ter d.lvo 74/2000 - per omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale relativa all'anno 2010- e condannato, ritenuta la continuazione tra i reati, alla pena di anni uno di reclusione. Con sentenza del 22.12.2016, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della predetta sentenza, impugnata dal Procuratore Generale e dall'imputato, riteneva ed applicava la contestata recidiva e rideterminava la pena in anni i mesi 6 giorni 20 di reclusione, confermando nel resto.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione F E, per il tramite del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Con il primo motivo lamenta vizio di motivazione in relazione al reato di cui all'art. 234 legge fallimentare, riportandosi ai motivi di appello e deducendo che la condotta posta in essere sarebbe dovuta a mero errore scusabile sulla effettiva durata dell'inabilitazione. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al reato di cui all'art. 10 ter d.lvo 74/2000, deducendo la mancata applicazione dell'art. 45 cod.pen. e dell'ad 27 Cost. ed argomentando di essere subentrato nella gestione della società solo in data 15.12.2011 quando la società già versava in stato di insolvenza per lo stato di crisi strutturale e congiunturale che aveva investito il mercato immobiliare e quello finanziario. Con il terzo motivo si duole dell'applicazione della recidiva contestata, argomentando di non aver riportato condanne penali negli ultimi cinque anni e che, comunque, l'aumento di pena per la recidiva contestata era stato già applicato dal primo giudice.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.Il motivo prospetta deduzioni del tutto generiche, che non si confrontano specificamente con le argomentazioni svolte (p. 4) nella sentenza impugnata (confronto doveroso per l'ammissibilità dell'impugnazione, ex art. 581 c.p.p., perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso: Sez. 6, sent. 20377 dell'11.3- 14.5.2009 e Sez.6, sent. 22445 dell'8 - 28.5.2009). Trova dunque applicazione il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez.2, n.19951 del 15/05/2008, Rv.240109;Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568;
Sez.2, n.11951 del 29/01/2014, Rv.259425). La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 comma 1 lett. c), all'inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473;
Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, B, Rv. 230634;
Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, S, Rv. 236945;
Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
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