Cass. civ., sez. III, sentenza 07/12/2005, n. 27002

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Per la disapplicazione dell'atto amministrativo di classamento di un'unità immobiliare e per la determinazione, in via incidentale e al limitato fine del calcolo del canone locativo, della categoria catastale da attribuire in concreto all'immobile, che non costituisce sconfinamento del giudice ordinario nella sfera di valutazione di merito riservata dalla legge alla P.A., non è necessario che l'atto sia affetto da vizio di violazione di legge, potendo configurarsi un atto di classificazione catastale illegittimo, ovvero "non conforme a legge" ai sensi dell'art. 5 della legge n. 2248 del 1865, all. E, anche per errori di apprezzamento commessi nel procedimento di classificazione, quale l'erronea valutazione delle caratteristiche dell'immobile in relazione ai criteri di massima seguiti dall'ufficio tecnico.

La consulenza tecnica non soggiace al regime delle preclusioni previsto dal rito del lavoro per l'assunzione dei mezzi istruttori, sicché può essere ammessa senza che sia indicata specificamente nel ricorso introduttivo, potendo essere disposta d'ufficio dal giudice in qualsiasi momento ed anche al di fuori dei limiti stabiliti dal cod. civ., quale quello della regola formale di giudizio fondata sull'onere della prova, di cui all'art. 2697 cod. civ. . Il giudizio sulla necessità ed utilità di farvi ricorso e, quindi, sulla deduzione del fatto posto a fondamento della domanda e sull'indispensabilità dell'intervento del consulente per le sue cognizioni tecniche, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, il cui esercizio si sottrae al sindacato di legittimità anche quando difetti un'espressa motivazione al riguardo, dovendo ritenersi implicita nell'ammissione del mezzo istruttorio la valutazione della sua opportunità.

Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (cosiddetto consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (cosiddetto consulente percipiente). Nel secondo caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte di prova, è necessario e sufficiente che la parte interessata deduca il fatto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche. (Nella specie, la S.C., nel respingere il relativo motivo di ricorso, ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza impugnata con la quale era stata ravvisata l'ammissibilità della consulenza tecnica disposta dal giudice di primo grado in una controversia locatizia in cui si era prospettata la necessità di rilevare le caratteristiche tecniche dell'immobile locato e valutarne la conformità, negata dalla parte ricorrente, a quelle richieste dalla categoria catastale attribuita dall'ufficio tecnico).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 07/12/2005, n. 27002
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 27002
Data del deposito : 7 dicembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S F - Presidente -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. P I - Consigliere -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. F N - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
INPDAP - ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELL'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del Presidente e Legale Rappresentante dott. R F, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA CESARE BECCARIA

29, presso lo studio dell'avvocato A M, che lo difende, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
B R, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA BASENTO

57, presso lo studio dell'avvocato V L I, che lo difende unitamente all'avvocato C P, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 316/2001 della Corte d'Appello di ROMA, quarta sezione civile, emessa il 31/01/2001, depositata il 07/03/2001, R.G. 3597/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/10/2005 dal Consigliere Dott. N F;

udito l'Avvocato M A;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. S C, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Roberto B, conduttrice di appartamento di proprietà dell'INPDAP, deducendo che all'immobile era stata erroneamente attribuita la categoria catastale A/2, anziché la categoria A/3, ha agito in giudizio per la determinazione del canone legale e per la condanna dell'Istituto locatore alla restituzione delle somme a tale titolo illegittimamente versate.
Il Pretore ha accolto la domanda riconoscendo l'applicabilità della categoria catastale A/3 e la Corte d'appello ha rigettato l'impugnazione dell'INPDAP.
Avverso quest'ultima decisione l'Istituto ha proposto ricorso per Cassazione affidandolo a quattro motivi.
L'intimato ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo (violazione dell'art. 414 c.p.c., n. 4) il ricorrente ha dedotto la nullità e la conseguente inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per mancata esposizione dei fatti e degli elementi di diritto a base della domanda, non contenendo l'atto ne' la descrizione, ne' alcuna indicazione delle caratteristiche dell'alloggio da cui poter desumere l'erroneità nell'attribuzione della categoria catastale, ma unicamente la menzione dei criteri di massima asseritamente redatti dall'UTE di Roma per il classamento degli immobili. Ha altresì dedotto l'omessa pronuncia o, comunque, l'insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere il giudice d'appello esaminato l'eccezione di nullità e inammissibilità del ricorso sollevata anche sotto tale aspetto.
Le censure sono infondate.
Nel rito del lavoro la nullità del ricorso introduttivo per mancanza del requisito di cui all'art. 414 c.p.c. n. 4 è insanabile e rilevabile d'ufficio, e quindi deducibile per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione (Cass. n. 7089/99). Ne discende che non può non essere irrilevante l'omesso esame della relativa eccezione da parte del giudice di merito, potendo e dovendo il giudice di legittimità, ritualmente investitone, statuire sulla questione. Dall'esame diretto del ricorso introduttivo, cui deve procedere la Corte trattandosi di error in procedendo (ancora Cass. n. 7089/1999), non risulta la denunciata mancanza del requisito, costituendo di per sè un fatto specifico, giustificativo della richiesta determinazione del canone legale, la non rispondenza, espressamente o implicitamente affermata, delle caratteristiche dell'alloggio ai criteri seguiti, analiticamente indicati, siano o meno stati, tali criteri, redatti dall'UTE, come asserito nell'atto, o da ordine professionale, come sostenuto dal ricorrente.
Col secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 414 c.p.c., n. 5, art. 2697 c.c., art. 115, 191 c.p.c., nonché
illogicità e contraddittorietà della motivazione) il ricorrente ha dedotto che la Corte d'appello ha errato, senza peraltro adeguatamente motivare, nel ritenere l'ammissibilità della consulenza tecnica disposta dal giudice di primo grado e nel respingere l'eccezione in contrario formulata nell'atto di appello, essendo stata disposta, su istanza del B, nonostante la medesima non avesse ne' dedotto i fatti da provare, ne' indicato mezzi di prova, ne' fornito in concreto alcuna prova dei fatti stessi, sicché la consulenza si era risolta in un mezzo di accertamento e non di controllo e valutazione di dati già acquisiti o accertati, ossia in un inammissibile mezzo di prova, con sostituzione del giudice alla parte e con "stravolgimento delle regole che governano il processo in generale e il rito locativo in particolare".
Le censure sono infondate e inammissibili insieme.
Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente). Nel secondo caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (Cass. S.U. n. 9522/1996;
Cass. n. 10871/1999). Ed è il caso di specie, in cui l'intervento del consulente è stato ritenuto necessario per rilevare le caratteristiche tecniche dell'immobile locato e valutarne la conformità, negata dalla parte, a quelle richieste dalla categoria catastale attribuita dall'ufficio tecnico. La consulenza tecnica non soggiace al regime delle preclusioni previsto dal rito del lavoro per l'assunzione di mezzi istruttoria sicché può essere ammessa senza che sia indicata specificamente nel ricorso introduttivo (Cass. n. 11169/1993;
Cass. n. 3650 e n. 5702/1985);
può essere disposta d'ufficio dal giudice in qualsiasi momento, ed anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, quale quello della regola formale di giudizio fondata sull'onere della prova, di cui all'art. 2697 c.c. (art. 421 c.p.c., comma 2, e art. 424 c.p.c., Cass. n. 310/1998);
il giudizio sulla necessità ed
utilità di farvi ricorso e, quindi, sulla deduzione del fatto posto a fondamento della domanda e sulla necessità dell'intervento del consulente per le sue cognizioni tecniche, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, il cui esercizio si sottrae al sindacato di legittimità anche quando manchi un'espressa motivazione al riguardo, dovendo ritenersi implicita nell'ammissione del mezzo istruttorio la valutazione della sua opportunità (Cass. n. 10739/1996 e 10658/1999 sul potere del giudice del lavoro, in genere, di ammettere mezzi di prova in deroga;
Cass. S.U. n. 10127/1994 in tema di acquisizione di un documento da parte dello stesso giudice). D'altra parte, la motivazione della sentenza impugnata, secondo la quale il giudice del lavoro deve accertare la fondatezza della domanda anche alla stregua del materiale probatorio che egli è in grado di acquisire, pur al di fuori dell'iniziativa della parte, e può fare ricorso alla consulenza tecnica sia su istanza della parte che d'ufficio ai sensi dell'art. 421 c.p.c, non è, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente.
nè illogica ne' contraddittoria.
Col terzo motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 16, dell'intera disciplina di cui al R.D.L. n. 652 del 1939, del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 44, 61 e ss., della L. n. 2248 del 1865, artt. 4, 5, all. E, nonché motivazione illogica e
contraddittoria sull'individuazione della categoria catastale) il ricorrente ha dedotto che sia dalla relazione di consulenza, che dalle sentenze di primo e di secondo grado non è dato desumere ne' da quale vizio di legittimità fosse affetto l'atto amministrativo di classamento, tale da giustificarne la disapplicazione, ne' se TUTE avesse o meno osservato, nell'attribuzione della categoria catastale, il procedimento a tal fine previsto dal R.D.L. n. 652 del 1939 e dal regolamento di cui al D.P.R. n. 1142 del 1949;
che il consulente, nel procedere all'autonoma valutazione delle caratteristiche dell'immobile ha finito per sconfinare, e con lui i giudici che lo hanno seguito, nel merito di una valutazione riservata all'organo tecnico amministrativo;
che il consulente ha fatto riferimento a criteri contenuti in una pubblicazione del lontano 1939, curata dal collegio dei geometri della provincia di Roma, quindi non provenienti dall'ufficio tecnico erariale, ne' da questo mai adottati nonostante le contrarie affermazioni contenute nella consulenza e nelle sentenze;
che il consulente ha omesso di procedere alla comparazione delle caratteristiche dell'immobile con quelle delle unità tipo della stessa zona censuaria, classificate in A/2;
che, infine, le conclusioni del consulente, recepite dai giudici di primo e secondo grado, non possono essere in ogni caso condivise perché, contrariamente a quanto dal medesimo ritenuto, l'immobile presenta caratteristiche proprie delle costruzioni di tipo civile classificate in A/2.
Anche tali censure sono infondate e inammissibili.
Per la disapplicazione dell'atto amministrativo di classamento di un'unita immobiliare e per la determinazione, in via incidentale e al limitato fine del calcolo del canone locativo, della categoria catastale da attribuire in concreto all'immobile, che non costituisce sconfinamento del giudice ordinario nella sfera di valutazione di merito riservata dalla legge alla pubblica amministrazione (Cass. S.U. n. 11938/1998 e n. 2666/1997), non è necessario che l'atto sia affetto da vizio di violazione di legge, potendo aversi atto di classificazione catastale illegittimo, "non conforme a legge" ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E, anche per errori di apprezzamento commessi nel procedimento di classificazione, quale l'erronea valutazione delle caratteristiche dell'immobile in relazione ai criteri di massima seguiti dall'ufficio tecnico. Oggetto di censura in sede di legittimità è la sola decisione di appello che abbia recepito le conclusioni del consulente tecnico, non anche le valutazioni del consulente medesimo e la decisione di primo grado che le abbia fatte anch'essa proprie. E lo è, nel caso in cui la consulenza sia stata disposta ed espletata in primo grado, solo sotto il profilo dell'omessa o insufficiente motivazione sulle contestazioni mosse nell'atto di appello all'operato dell'ausiliare, e quando le stesse siano specifiche puntuali e potenzialmente idonee ad incidere sulla decisione della controversia. Quando, invece, non vi siano rilievi critici, o questi non abbiano i caratteri indicati, e quando, altresì, come nella specie, la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, la sua valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità.
La decisione del giudice del merito, che riconosca convincenti e condivisibili le valutazioni del consulente circa l'adozione, da parte dell'UTE, di determinati criteri di massima nella classificazione degli immobili (peraltro non contestata nel precedente grado di giudizio, come si desume dalla sentenza, sicché il rilievo attuale è sotto tale aspetto anche nuovo e inammissibile) nonché circa la non conformità delle caratteristiche oggettive dell'immobile locato a quei criteri, si risolve in un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità quando la motivazione e da ritenere, come nella specie, esauriente e immune da vizi logici o giuridici.
Col quarto motivo il ricorrente ha dedotto che il giudice d'appello ha omesso di prendere in esame e comunque di motivare adeguatamente in ordine ai rilievi critici, riassunti nel terzo motivo, mossi alla consulenza tecnica e alla sentenza di primo grado che l'aveva acriticamente recepita.
Quest'ultima censura è da respingere sia perché generica, sia perché di alcuni rilievi, e precisamente di quelli non presi in esame nella sentenza, non risulta, in mancanza di adeguata segnalazione contenuta nel ricorso, la tempestiva proposizione dinanzi al giudice del merito, sia infine perché si è spesso trattato di mere affermazioni e non di critiche precise e circostanziate, tali da portare a conclusioni diverse da quelle contenute nella consulenza d'ufficio, quali il riferimento a criteri di massima contenuti in una pubblicazione del lontano 1939, non proveniente dall'ufficio tecnico erariale ma da un ordine professionale e la comparazione delle caratteristiche dell'immobile con quelle indicate in detti criteri e non con quelle delle unità tipo della stessa zona censuaria, classificate in A/2. Il ricorso va dunque respinto.
Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.

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