Cass. pen., sez. IV, sentenza 13/03/2023, n. 10423
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: LIGRESTI GIULIA MARIA nata a MILANO il 30/01/1968 avverso l'ordinanza del 05/11/2021 della CORTE APPELLO di MILANOudita la relazione svolta dal Consigliere L V;lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso;RITENUTO IN FATTO 1. Essendo stata prosciolta per insussistenza del fatto, a seguito di revisione, dalle imputazioni di cui agli artt. 110 cod. pen., 2622 cod. civ. e 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 in relazione alle quali, con sentenza del 3 settembre 2013, il G.u.p. di Torino le aveva applicato ex art. 444 cod. proc. pen. la pena di anni due, mesi otto di reclusione ed C 20.000 di multa, con istanza depositata il 4 dicembre 2020, G M L ha chiesto la riparazione dell'errore giudiziario. L'istanza - certamente tempestiva perché proposta il 4 dicembre 2020 a fronte di una sentenza di proscioglimento pronunciata il 1° aprile 2019 e divenuta irrevocabile il 6 settembre 2019 - è stata formulata ai sensi dell'art. 643 cod. proc. pen. È stato chiesto perciò un indennizzo commisurato, non soltanto alla durata dell'espiazione della pena e delle misure cautelari subite (dal 17 luglio 2013 al 27 agosto 2013 custodia cautelare in carcere;dal 28 agosto 2013 al 19 settembre 2013 arresti donniciliari;dal 19 ottobre 2018 a 7 novembre 2018 espiazione pena), ma anche alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna. 2. Con ordinanza in data 5 novembre 2021, la Corte di appello di Milano ha respinto l'istanza, così come formulata. I giudici di merito osservano che la sentenza di proscioglimento per insussistenza del fatto è stata pronunciata, previa revoca di una sentenza di "patteggiamento", a seguito di un giudizio di revisione incentrato su un contrasto di giudicati, ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen. (tre degli originari coimputati sono stati assolti per insussistenza del fatto dalle medesime imputazioni per le quali il "patteggiamento" è avvenuto). L'ordinanza impugnata sostiene che, avendo formulato istanza di applicazione della pena, la Ligresti ha dato causa alla condanna con un comportamento doloso e ciò osta al riconoscimento del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario. La Corte territoriale ha ritenuto tuttavia che, riguardo alla detenzione sofferta prima della richiesta di applicazione della pena, la domanda di riparazione di errore giudiziario potesse essere "riqualificata" come domanda di riparazione per ingiusta detenzione ex art. 314 cod. proc. pen. e ha rilevato: che nel periodo compreso tra il 17 luglio e il 1 agosto 2013, la Ligresti fu detenuta in forza di un'ordinanza applicativa di misura cautelare;che non emergono dagli atti del processo comportamenti dolosi o gravemente colposi che possano aver dato causa all'applicazione della misura cautelare;che, pertanto, pur dovendosi escludere il diritto alla riparazione dell'errore giudiziario, in questo caso, resta aperta «la possibilità di riconoscere uno spazio all'ingiusta detenzione». Muovendo da queste premesse, la Corte di appello di Milano ha liquidato un indennizzo per la custodia cautelare in carcere sofferta dal 17 luglio al 2 agosto 2013 (data di presentazione dell'istanza di applicazione della pena) e - al dichiarato fine di conciliare «il criterio aritmetico con quello equitativo» - ha determinato tale indennizzo nella misura di C 1.000,00 al giorno, per complessivi C 16.000,00 (pag. 16 dell'ordinanza). 3. Tramite i difensori di fiducia, muniti di procura speciale, G M L ha proposto ricorso contro l'ordinanza della Corte di appello articolandolo in tre motivi. Col primo motivo, la ricorrente lamenta erronea applicazione dell'art. 643 cod. proc. pen. per essere stata considerata condotta dolosa causa dell'errore giudiziario la presentazione dell'istanza di applicazione della pena. Col secondo subordinato motivo, la difesa - dopo aver sottolineato che la Corte si è pronunciata su una istanza di riparazione per ingiusta detenzione mai formulata - deduce erronea applicazione dell'art. 314 cod. proc. pen. Osserva che l'ordinanza impugnata ha irragionevolmente considerato quale condotta dolosa ostativa all'indennizzo la richiesta di patteggiamento avanzata il 2 agosto 2013. Rileva che nessuna efficacia causale o concausale rispetto al protrarsi della privazione della libertà personale (proseguita fino al 19 settembre 2013) può essere attribuita a una richiesta che era stata avanzata proprio nella speranza (rimasta delusa) di poter ottenere la remissione in libertà. Col terzo motivo, la difesa si duole della quantificazione dell'indennizzo che, in violazione degli artt. 643 cod. proc. pen. e 1226 cod. civ., non ha tenuto nel debito conto le conseguenze personali, familiari e i gravi pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali che derivarono dalla condanna e dall'ingiusta privazione della libertà personale. 3.1. Con memoria in data 24 gennaio 2023 i difensori della ricorrente hanno proposto un quarto motivo, integrativo del terzo. Dopo aver sottolineato che l'istanza formulata aveva ad oggetto la riparazione dell'errore giudiziario (e perciò teneva conto, «oltre che della durata del periodo di detenzione in carcere, sia in forma preventiva che in forma di espiazione della pena, di tutte le conseguenze personali, familiari, professionali e sociali derivate dalla condanna»), la difesa lamenta che l'indennizzo ex art. 314 cod. proc. pen. è stato determinato nella misura di C 1.000,00 al giorno senza adeguata motivazione. 4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il primo motivo di ricorso è fondato e tutti gli altri sono assorbiti. 2. La domanda di riparazione dell'errore giudiziario formulata da Maria Giulia Ligresti è stata proposta a seguito del positivo esito di un giudizio di revisione avente ad oggetto una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. La richiesta di revisione, formulata ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., è stata accolta perché si è ritenuto che vi fosse inconciliabilità tra l'accertamento dei fatti posto a fondamento della sentenza di applicazione della pena e l'accertamento dei medesimi fatti emerso all'esito del giudizio nei confronti di altri imputati per i quali si era proceduto separatamente. Questa premessa consente di delineare con chiarezza la questione che, col primo motivo di ricorso, è stata posta all'attenzione di questa Corte di legittimità, cui si chiede di valutare se il diritto alla riparazione dell'errore giudiziario sancito dall'art. 643 cod. proc. pen. sia compatibile con un giudizio di revisione che ha comportato la revoca di una sentenza di applicazione della pena. Con l'ordinanza impugnata, infatti, la Corte di appello di Milano ha ritenuto che la richiesta di "patteggiamento", quale «manifestazione di volontà direttamente causale rispetto alla sentenza di applicazione della pena [...] e dunque all'atto in cui si concretizza l'errore giudiziario» integri una «condotta dolosa» ostativa al riconoscimento del diritto. Secondo l'ordinanza impugnata, ancorché, per espressa previsione di legge, la richiesta di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. non sia incompatibile col rimedio straordinario previsto dall'art. 629 del codice di rito, vi sarebbe una incompatibilità strutturale tra la richiesta di patteggiamento e il diritto alla riparazione dell'errore giudiziario che spetta a «chi è stato prosciolto in sede di revisione» se non ha dato causa all'errore per dolo o colpa grave. I giudici di merito hanno ritenuto, infatti, che l'istanza di patteggiamento integri un comportamento doloso causalmente rilevante dell'errore ed è evidente che, se questa impostazione fosse corretta, quando il proscioglimento in sede di revisione segue alla revoca di una sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. il diritto alla riparazione dovrebbe sempre essere escluso.
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