Cass. pen., sez. III, sentenza 01/03/2023, n. 08742
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Testo completo
a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da ND CI, nata in [...] il [...] avverso la sentenza del 20/04/2022 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro Maria Andronio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Cuomo, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 20 aprile 2022, la Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino del 15 novembre 2019, con cui l'imputata era stata condannata - riconosciuti il vincolo della continuazione e le circostanze attenuanti generiche - alla pena, condizionatamente sospesa, di un anno di reclusione e 1.500,00 euro di multa: 1) per il reato di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 204 del 2015, perché, nel suo esercizio commerciale, deteneva per la vendita e A-\ poneva in commercio 49 cosmetici contenenti sostanze dannosi per la salute;
2) per il reato di cui all'art. 348 cod. pen., perché esercitava abusivamente la professione di farmacista, detenendo per la vendita 28 confezioni di medicinali utilizzabili come antibatterici, antinfiammatori, fungicidi;
3) per il reato di cui all'art. 147, comma 2, del d.lgs. n. 219 del 2006, per avere messo in commercio i medicinali del capo precedente senza l'autorizzazione di cui all'art. 6 dello stesso decreto;
4) per il reato di cui all'art. 443 cod. pen., per avere il detenuto per la vendita 5 confezioni di medicinali scaduti di validità.
2. Avverso la sentenza l'imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso per Cassazione, chiedendone l'annullamento.
2.1. Con un primo motivo di impugnazione, si lamenta l'erronea applicazione della legge penale, avendo i giudici d'appello ritenuto sussistente l'elemento soggettivo nonostante, all'esito delle risultanze istruttorie, mancasse o comunque non risultasse sufficientemente provata la componente volitiva dell'imputata in relazione alla vicenda occorsa. Sostiene la difesa che l'imputata non era titolare del negozio e non aveva nessuna autonomia valutativa o decisionale, perché svolgeva le elementari funzioni di tenuta del negozio - sotto le direttive di tale BO - ma non serviva la clientela, in quanto gli scaffali erano a prelievo diretto. I giudici d'appello, quindi, sarebbero incorsi in errore, laddove hanno ritenuto responsabile l'imputata per i reati a lei ascritti affermando che, sebbene effettivamente dipendente presso il negozio di Linus BO"Amy Boutique Linus", ella risultava al contempo titolare di una attività "Amy Boutique" precedentemente esistente e ancora a lei intestata. Infatti, di fronte ad un quadro burocratico trascurato e mal gestito, di fronte ai rapporti in realtà inequivocabili tra la ND e il BO circa il fatto che questi avesse assunto la direzione del negozio e l'imputata vi avesse rinunciato, rimanendo come commessa, la Corte avrebbe valorizzato il solo dato amministrativo formale, non suffragato, peraltro, da nessun elemento da cui emergesse l'effettiva realtà materiale. Lo schema tracciato nella sentenza è, secondo la difesa, quello di una responsabilità presunta e oggettiva: per il solo fatto di apparire ancora come titolare (per di