Cass. civ., sez. I, sentenza 16/11/2005, n. 23073

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In tema di nullità del matrimonio, allorché la causa giuridica (formale) della nullità risieda nell'errore (essenziale) su qualità personali dell'altro coniuge, "ex" art. 122, secondo e terzo comma, cod. civ., ovvero su altro tipo di qualità cui l'ordinamento canonico (diversamente regolando la materia rispetto alle disposizioni del codice civile) assegni rilievo invalidante e che derivi, quanto alla sua dimostrazione, dalla sentenza ecclesiastica di accertamento della relativa invalidità, il pagamento dell'indennità di cui al primo comma dell'art. 129-bis cod. civ. non è dovuto dal coniuge che sia incorso in un simile errore, atteso che la mala fede, presupposta da quest'ultima norma, risiede nella consapevolezza dell'esistenza di fatti (come le indicate qualità personali) su cui l'errore stesso è caduto ed appare, quindi, riferibile, non al coniuge anzidetto, bensì, eventualmente, al coniuge che in tale errore abbia indotto l'altra parte.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 16/11/2005, n. 23073
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23073
Data del deposito : 16 novembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria G. - Presidente -
Dott. MORELLI Mario Rosario - rel. Consigliere -
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio - Consigliere -
Dott. GIULIANI Paolo - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RU RE elettivamente domiciliata in Roma, Via Barberini n. 86, presso lo studio degli Avv.ti SALVUCCI Franco e Guido Buffarini Guidi che la rappresentano e difendono in forza di procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
DI CI FR elettivamente domiciliato in Roma, Via Leopoldo Nobili n. 11, presso lo studio dell'Avv. MACCHIA Mario che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova n. 1032/2 il 9.10.2002 e pubblicata il 6.11.2002.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19.9.2005 dal Consigliere Dott. Paolo Giuliani.
Uditi i difensori delle parti.
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRAZZINI Orazio il quale ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in data 5.6.1987, FR Di SC chiedeva al Tribunale di Chiavari di pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto il 28.1.1978 con RE RU. Il Giudice adito, mediante sentenza del 12.2/19.3.1991, disponeva in conformità, impartendo altresì le consequenziali statuizioni. Avverso la decisione, proponeva appello la stessa RU. Nel corso del relativo procedimento, la Corte territoriale di Genova, con pronuncia del 18.11.1991, dichiarava l'efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza del Tribunale della Sacra Romana Rota in data 20.12.1989, il quale aveva dichiarato la nullità del matrimonio anzidetto per il ritenuto errore, da parte del Di SC, "qualitate personae di recte et principaliter intenta".
Conseguentemente, il giudizio di appello di cui sopra era definito dalla medesima Corte genovese attraverso la sentenza del 9.6.1992/20.3.1993, in forza della quale veniva dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alle questioni sub indice.
La RU, quindi, previo ricorso ai sensi dell'art. 700 c.p.c. accolto dal Tribunale di Chiavari con decreto dell'8.4.1994, mediante citazione del 16.5.1994 conveniva il Di SC davanti a quest'ultimo Giudice chiedendo: a) che lo stesso Di SC fosse dichiarato tenuto, a norma dell'art. 129 bis c.c., alla corresponsione di una congrua indennità e di un assegno alimentare in misura non inferiore a lire 10.000.000 mensili;

b) che il predetto Di SC, in subordine, fosse obbligato, ai sensi dell'art. 129 c.c., a versare per un periodo di tre anni un assegno mensile da determinare in proporzione alle sostanze ed ai recati di lui ed al tenore di vita goduto dall'attrice in costanza di matrimonio.
Nel contraddittorio delle parti, avendo il Di SC contestato sotto ogni riguardo le pretese avversarie, il Tribunale adito, con sentenza dell' 11.7/22.9.2000, respingeva le domande di cui alla citazione, ritenuta l'inapplicabilità tra le parti della disciplina dettata dai richiamati artt. 129 bis e 129 c.c.. Avverso tale decisione, proponeva appello la RU, riproponendo le istanze già formulate in primo grado.
Resisteva nel grado l'appellato.
La Corte territoriale di Genova, con sentenza in data 9.10/6.11.2002, respingeva il gravame, assumendo:
a) che la causa della dichiarata nullità del matrimonio contratto dal Di SC e dalla RU, la quale esigeva di essere assunta ed apprezzata, ad opera del giudice statuale, nella caratterizzazione ad essa conferita dal giudice ecclesiastico, senza possibilità di alcuna complementare configurazione, modificativa o integrativa, fosse costituita dall'errore ("qualitate personae directe et principaliter intenta") risultante dal fatto che la RU si era rivelata diversa sia nei confronti della AM sia nei confronti del marito, nel senso che, mentre prima era apparsa dolce e affettuosa, durante il matrimonio si era manifestata rigida, severa e fredda;

b) che tale causa di nullità rappresentasse l'unico, esclusivo termine di riferimento di ogni questione e valutazione attinente alla problematica del matrimonio putativo, restando irrilevante qualsiasi altro prospettabile aspetto di anomalia nel matrimonio contrattò dalle parti e dovendosi considerare altrettanto irrilevante qualsiasi questione processuale rimasta interna al giudizio ecclesiastico e superata dalla definitività della decisione, in quella sede emanata, dichiarata efficace nell'ordinamento italiano;

c) che dovesse escludersi, per necessità logica, la possibilità di addebitare alla persona la quale avesse versato in errore l'omessa partecipazione ad altra persona della cognizione di tale sua condizione soggettiva;

d) che, in altri termini, l'annullamento del matrimonio contratto per l'errore sulla qualità dell'altro coniuge non fosse imputabile al coniuge caduto in errore, ma, eventualmente, a chi lo avesse indotto in errore;

e) che, non potendo essere disconosciuta nei confronti della RU una contrapposta situazione di buona fede riferita alla causa di nullità, consistente essenzialmente ed esclusivamente nell'errore del Di SC sulle qualità personali della RU medesima, si configurasse una situazione di sussistenza delle condizioni del matrimonio putativo nei riguardi di entrambi i coniugi, riconducibile all'ipotesi normativa di cui all'art. 129 c.c., rispetto alla quale, tuttavia, non poteva trovare accoglimento la subordinata domanda della RU, intesa ad ottenere il riconoscimento in proprio favore di somme periodiche di denaro secondo quanto previsto dalla citata disposizione, atteso che, pur risultando il triennio di protrazione dell'attribuibilità di tali somme esteso per qualche mese al di là della data di notificazione della citazione introduttiva del giudizio, la stessa RU, nell'anzidetto contesto cronologico, ed anche successivamente, aveva percepito l'assegno determinato in sede di separazione, di entità tutt'altro che modesta. Avverso quest'ultima sentenza, ricorre per Cassazione la RU, deducendo un solo, complesso, motivo di gravame, illustrato da memoria, al quale resiste il Di SC con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo di impugnazione, lamenta la ricorrente violazione ed errata applicazione degli artt. 129 bis, 122 e 2043 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c., assumendo:
a) che la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia della Corte genovese si sostanzia nel rilievo secondo il quale la causa di nullità di cui al giudicato rotale (errore sulla qualità della RU, dolce e affettuosa prima, severa e fredda dopo il matrimonio) rappresenta il solo termine di riferimento di ogni questione, onde, non potendo tale errore, per la sua stessa essenza, venire partecipato alla medesima RU, la condotta di questa è

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