Cass. pen., sez. VI, sentenza 03/05/2023, n. 30147

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Sentenza
3 maggio 2023
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3 maggio 2023

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Massime1

In tema di sospensione condizionale della pena subordinata alla partecipazione dell'imputato agli specifici percorsi di recupero di cui all'art. 165, comma quinto, cod. pen., può essere demandata al giudice della esecuzione, ove non sia contenuta in sentenza, la definizione dei termini e delle modalità attuative dei detti percorsi.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 03/05/2023, n. 30147
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 30147
Data del deposito : 3 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

In caso di diffusione del presente provvedimento 30147-23 omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma d a . 52 d.lgs. 196/03 in quanto: REPUBBLICA ITALIANA ☐ disposto d'ufficio In nome del Popolo Italiano ☐ a richiesta di parte (Imposto dalla legge LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE composta da Sent. n. sez. 582 Presidente - Gaetano De Amicis UP 03/05/2023- Orlando Villoni R.G.N. 44311/2022 Riccardo Amoroso Debora Tripiccione - Relatore - Stefania Riccio ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verbania nei confronti di G.D. nato a [...] omissis avverso la sentenza emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verbania il 22/12/2021 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Stefania Riccio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella De Masellis, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza in parte qua;
udito il difensore della parte civile, Avv. Christian Ferretti, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
udito il difensore dell'imputato, Avv. Barbara Primo, che ha chiesto il rigetto del ricorso, depositando documentazione relativa alla già intrapresa partecipazione dell'imputato a programmi di recupero. RITENUTO IN FATTO 1. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Verbania, con la sentenza in epigrafe, pronunciata in esito a giudizio abbreviato, ha disposto nei confronti di| la condanna alla pena di anni uno e mesi quattroG.D. di reclusione, per il reato di maltrattamenti in famiglia, con il riconoscimento della sospensione condizionale della pena e della non menzione, nonché la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, quantificati in euro 5000,00, oltre spese ed accessori.

2. Ha interposto appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verbania, articolando un unico motivo, sunteggiato nei limiti strettamente necessari alla motivazione ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Deduce la illegalità della pena irrogata, stante l'omessa subordinazione del beneficio della sospensione condizionale alla partecipazione dell'imputato agli specifici.percorsi di recupero previsti dall'art. 165, comma quinto, cod. pen.

3. La Corte di appello di Verbania ha convertito l'appello in ricorso per cassazione e ordinato la trasmissione degli atti a questa Corte, ai sensi dell'art. 568, comma 5, cod. proc. pen., sul rilievo che il processo si è svolto nelle forme del giudizio abbreviato e si è concluso con pronuncia di condanna, che risulta inappellabile dalla parte pubblica. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni qui di seguito illustrate.

2. Va premesso che correttamente è stata disposta dalla Corte territoriale la conversione dell'appello in ricorso per Cassazione. A norma dell'art. 443, comma 3, cod. proc. pen., la sentenza di condanna emessa in esito a giudizio abbreviato è inappellabile salvo il caso - che nella specie non ricorre in cui sia modificativa del titolo di reato. In simmetria con la disposizione dettata per il rito premiale, l'art. 593, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, stabilisce che, salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, stesso codice, il pubblico 2 ministero è legittimato ad appellare le sentenze di condanna solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante a effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. La Relazione al decreto delegato ha tuttavia precisato che la legittimazione al ricorso per cassazione non è stata incisa dalla novella, con la conseguenza che è «il ricorso per cassazione lo strumento, peraltro oggetto di espressa garanzia», ex art. 111 Cost., «utilizzabile dal pubblico ministero anche in funzione diversa da quella propria di parte processuale esclusivamente antagonista, avversaria dell'imputato, tanto nel rito ordinario che in quello abbreviato» (in termini, Sez. 3, n. 31616 del 31/05/2019, Panagiotopulos, Rv. 276047, secondo la quale il pubblico ministero che intenda impugnare la sentenza di condanna resa nel giudizio abbreviato facendo valere il vizio di violazione di legge nella determinazione della pena, è tenuto ad esperire il ricorso diretto per cassazione»). Il Pubblico Ministero era dunque legittimato a proporre ricorso ai sensi dell'art. 608, comma 2, cod. proc. pen., e la Corte territoriale, nel riqualificare l'appello, ha fatto applicazione dell'art. 568, comma 5, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 20140 del 06/05/2015, Perri, Rv. 263672), in conformità ai principî di conservazione dei mezzi giuridici e favor impugnationis.

3. Tanto premesso, il vizio prospettato non è configurabile nei termini indicati dal Pubblico Ministero, non ravvisandosi alcuna illegalità della pena irrogata. In assenza di una chiara norma definitoria, la nozione di pena illegale viene dedotta "in negativo" dal principio di legalità della pena, il quale è cristallizzato nell'art. 25, comma secondo, Cost., letto in relazione al presidio costituzionale del finalismo rieducativo di cui all'art. 27, comma terzo, Cost., ed è ulteriormente garantito, nel sistema multilivello, dall'art. 7, par. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dall'art. 49 della Carta di Nizza e dall'art. 15 del Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, reso esecutivo in Italia con legge 25 ottobre 1977, n. 881; infine, l'art. 1 cod. pen. ne costituisce la proiezione codicistica. Una significativa espansione della categoria della pena illegale ha avuto impulso, negli anni, da alcune pronunce di questa Suprema Corte, nella sua massima espressione nomofilattica, che vi hanno ricondotto entità ontologicamente anche molto diverse, pervenendo a teorizzare, accanto ad una illegalità "genetica", una illegalità "sopravvenuta", legata alla declaratoria di illegittimità costituzionale di norme incidenti sul trattamento sanzionatorio, e ciò sul presupposto logico-giuridico che una norma dichiarata costituzionalmente 3 illegittima sia tamquam non esset e ne vadano rimossi gli effetti (Sez. U, 18821 del 24/10/2013, Ercolano;
Sez. U n. 33040 del 26/2/2015, Jazouli, Rv. 264207; Sez. U, n. 37107 del 26/2/2015, Marcon, Rv. 264857-858-859; Sez. U, 26 febbraio 2015, n. 22471, Sebbar, Rv. 263715; Sez. U n. 47766 del 26/6/2015, Butera, Rv. 265108). In generale, la

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