Cass. pen., sez. V, sentenza 03/05/2023, n. 18482
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Testo completo
a seguente: FJ SENTENZA sul ricorso proposto da: F S, nato a Latina, il 12/7/1964;
avverso la sentenza del 3/6/2022 della Corte d'appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. L P;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. G R, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Roma ha confermato la condanna di F S per il reato di bancarotta semplice commesso nella qualità di amministratore e legale rappresentante della società "9 T 9 S.r.l.", fallita nel 2015, per averne aggravato il dissesto omettendo di presentare la relativa richiesta di fallimento nonostante i bilanci di esercizio mostrassero, già dal 2009, uno stato di insolvenza irreversibile. In parziale riforma della pronuncia di primo grado la Corte territoriale ha invece riqualificato il fatto di bancarotta documentale originariamente contestato ai sensi degli artt. art. 216, comma 1 n. 2) e 223 comma 1 legge fall. nel reato previsto dagli artt. 217 comma 2 e 224 della stessa legge, non ritenendo la pur sussistente irregolare tenuta del libro degli inventari e del libro delle decisioni sociali tale da ostacolare la ricostruzione del patrimonio sociale. Conseguentemente, i giudici del gravame hanno provveduto a rideterminate l'entità della pena in dieci mesi di reclusione e ridotto la durata delle sanzioni accessorie fallimentari ad un anno.
2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato articolando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce l'erronea applicazione dell'art. 217, comma 2 legge fall. con riferimento alla fattispecie di irregolare tenuta delle scritture obbligatorie che, se correttamente non giudicata tale da integrare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nemmeno sarebbe in grado di configurare l'ipotesi di bancarotta semplice documentale ritenuta, in quanto quest'ultima, pur non richiedendo che l'inesatta compilazione si ponga in relazione causale con l'impossibilità di ricostruire l'assetto patrimoniale della fallita, neppure si verificherebbe di fronte a qualunque violazione meramente formale dei requisiti di legge. Al contrario, a detta del ricorrente, la fattispecie potrebbe dirsi perfezionata solo nel caso in cui la condotta si riveli concretamente idonea almeno ad ostacolare la ricostruzione della vita economica e patrimoniale dell'impresa, dovendosi infatti evitare una lettura formalistica dell'incriminazione.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizi di motivazione in relazione all'accusa di aver aggravato il dissesto della fallita omettendo di richiederne il fallimento quando dovuto. A detta del ricorrente, infatti, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto del fatto che l'azione omessa non avrebbe potuto essere in alcun modo esigibile dall'amministratore in quanto, non sussistendo i requisiti di fallibilità della società in oggetto con riguardo alla soglia di attivo patrimoniale di cui all'art. 1, comma 2 legge fall., questi non avrebbe potuto tenere una condotta diversa da quella ascrittagli.
2.3 Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge con riguardo al denegato riconoscimento del beneficio
avverso la sentenza del 3/6/2022 della Corte d'appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. L P;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. G R, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Roma ha confermato la condanna di F S per il reato di bancarotta semplice commesso nella qualità di amministratore e legale rappresentante della società "9 T 9 S.r.l.", fallita nel 2015, per averne aggravato il dissesto omettendo di presentare la relativa richiesta di fallimento nonostante i bilanci di esercizio mostrassero, già dal 2009, uno stato di insolvenza irreversibile. In parziale riforma della pronuncia di primo grado la Corte territoriale ha invece riqualificato il fatto di bancarotta documentale originariamente contestato ai sensi degli artt. art. 216, comma 1 n. 2) e 223 comma 1 legge fall. nel reato previsto dagli artt. 217 comma 2 e 224 della stessa legge, non ritenendo la pur sussistente irregolare tenuta del libro degli inventari e del libro delle decisioni sociali tale da ostacolare la ricostruzione del patrimonio sociale. Conseguentemente, i giudici del gravame hanno provveduto a rideterminate l'entità della pena in dieci mesi di reclusione e ridotto la durata delle sanzioni accessorie fallimentari ad un anno.
2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato articolando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce l'erronea applicazione dell'art. 217, comma 2 legge fall. con riferimento alla fattispecie di irregolare tenuta delle scritture obbligatorie che, se correttamente non giudicata tale da integrare il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nemmeno sarebbe in grado di configurare l'ipotesi di bancarotta semplice documentale ritenuta, in quanto quest'ultima, pur non richiedendo che l'inesatta compilazione si ponga in relazione causale con l'impossibilità di ricostruire l'assetto patrimoniale della fallita, neppure si verificherebbe di fronte a qualunque violazione meramente formale dei requisiti di legge. Al contrario, a detta del ricorrente, la fattispecie potrebbe dirsi perfezionata solo nel caso in cui la condotta si riveli concretamente idonea almeno ad ostacolare la ricostruzione della vita economica e patrimoniale dell'impresa, dovendosi infatti evitare una lettura formalistica dell'incriminazione.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizi di motivazione in relazione all'accusa di aver aggravato il dissesto della fallita omettendo di richiederne il fallimento quando dovuto. A detta del ricorrente, infatti, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto del fatto che l'azione omessa non avrebbe potuto essere in alcun modo esigibile dall'amministratore in quanto, non sussistendo i requisiti di fallibilità della società in oggetto con riguardo alla soglia di attivo patrimoniale di cui all'art. 1, comma 2 legge fall., questi non avrebbe potuto tenere una condotta diversa da quella ascrittagli.
2.3 Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge con riguardo al denegato riconoscimento del beneficio
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