Cass. pen., sez. IV, sentenza 21/04/2022, n. 15500

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 21/04/2022, n. 15500
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15500
Data del deposito : 21 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: S M, nato a Martina Franca il 24/02/1962, difeso di fiducia dall'Avv. F M G;
avverso l'ordinanza del 10/12/2020 della Corte di appello di Roma;
udita la relazione svolta dal Consigliere F A;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale presso la Corte di cassazione A R S, che ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso;
letta la memoria dell'Avvocature Generale dello Stato, in persona dell'Avv. F T, che ha concluso nel senso dell'inammissibilità o, in subordine, del rigetto del ricorso;

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza del 4 luglio 2008 il G.i.p. del Tribunale di Roma ha disposto nei confronti di M S la misura cautelare della custodia in carcere poiché gravemente indiziato (anche) di fare parte, mettendo a disposizione la società

DAFA

Consulenze, di un'associazione di tipo mafioso ex 416-bis cod. pen., nella specie, «camorra», operante nel settore delle attività commerciali della comunità cinese, principalmente concentrate nella zona del quartiere Esquilino di Roma.

2. All'esito del giudizio di primo grado S è stato assolto dal reato associativo, oltre che dai reati fine, «perché il fatto non sussiste», con statuizione confermata dalla Corte d'appello di Roma (con sentenza divenuta irrevocabile nei suoi confronti il 26 febbraio 2018). Quest'ultima, poi, quale giudice della riparazione ex art. 314 cod. proc. pen., con l'ordinanza indicata in epigrafe ha rigettato l'istanza dell'attuale ricorrente avente ad oggetto il riconoscimento di un equo indennizzo per l'ingiusta detenzione patita in forza della citata misura cautelare.

3. In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che l'incolpazione cautelare è stata prevalentemente fondata sulle dichiarazioni auto ed etero-indizianti rese dal «collaboratore di giustizia» Salvatore G, relative al suo progetto di rivitalizzare il proprio clan nel quartiere Esquilino di Roma anche tramite S (suo factotum, organicamente inserito nell'associazione criminale). Nel dettaglio, si è trattato di dichiarazioni ritenute riscontrate (anche): da dichiarazioni rese da altri collaboratori di giustizia;
da accertamenti di polizia giudiziaria;
da elementi acquisiti nel procedimento n. 42804/06 incardinato a Napoli nei confronti, tra gli altri, di S, F e A e da attività di intercettazione di conversazioni tra presenti e telefoniche (su utenze anche in uso a S). Premesso ciò, la Corte d'appello ha accertato che S ha concorso a dare causa alla custodia cautelare subita con colpa grave per aver tenuto, «con imperdonabile leggerezza», atteggiamenti idonei a far ritenere esistente un suo inserimento nel sodalizio criminale e, quindi, a «indurre l'Autorità giudiziaria a ritenere opportuno un intervento coercitivo». Il nesso sinergico tra la condotta del richiedente l'equa riparazione e l'ordinanza cautelare è stato nella specie ravvisato nelle circostanze, rappresentate dallo stesso incolpato in sede di interrogatorio di garanzia, dell'aver S accolto G nel proprio ufficio, nell'averlo raggiunto per strada, dopo essere stato sollecitato tramite citofono, e i nell'aver, in qualche occasione, mangiato in compagnia del detto G e di i l F e A, considerati diretti referenti di G e, il primo, operante in seno all'organizzazione proprio tramite la società
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