Cass. pen., sez. IV, sentenza 24/04/2024, n. 19626

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Sentenza
24 aprile 2024
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24 aprile 2024

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Massime1

Le cause di incompatibilità e di incapacità dei periti previste dall'art. 225, comma 3, cod. proc. pen. non trovano applicazione, neanche in via analogica, nei confronti dei consulenti tecnici del pubblico ministero, sicché sono utilizzabili gli accertamenti eventualmente compiuti dai predetti consulenti che si trovino in una delle situazioni di cui all'art. 222 cod. proc. pen. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso l'incompatibilità dell'esperto nominato dal pubblico ministero ed inserito negli organici della stessa azienda sanitaria locale cui faceva capo l'imputato).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 24/04/2024, n. 19626
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19626
Data del deposito : 24 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

19626-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUARTA SEZIONE PENALE Composta da: Sent. n. sez. 645/2024 PATRIZIA PICCIALLI Presidente - UP 24/04/2024 DONATELLA FERRANTI R.G.N. 5561/2024 LUCIA VIGNALE ATTILIO MARI Relatore BRUNO GIORDANO ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: RI IO nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 14/09/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ATTILIO MARI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
letta la memoria depositata dal responsabile civile, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso dell'imputato con revoca delle statuizioni civili;
letta la memoria depositata dalle parti civili, che hanno replicato alle conclusioni del Procuratore Generale. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Salerno, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania il 02/11/2022, con la quale NI IN era stato ritenuto responsabile del reato previsto dagli artt. 41, comma 1 e 589 cod.pen. e condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi sei di reclusione (con beneficio della sospensione condizionale) e, in solido con il responsabile civile Azienda Sanitaria Locale di Salerno, al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, con determinazione di una provvisionale esecutiva.

1.1 Nell'atto di esercizio dell'azione penale era specificamente stato contestato al predetto imputato - nella propria qualità di medico di pronto soccorso in servizio presso l'Ospedale di Vallo della Lucania di avere dimesso la paziente NG FU poche ore dopo il ricovero (avvenuto alle 22,09 del 27/02/2015) nonostante i dati clinici (quali il dolore toracico e l'anamnesi di crisi ipertensiva) e di laboratorio (l'aumento della troponina) facessero ipotizzare un infarto del miocardio, contribuendo quindi (in concorso con i coimputati Giuseppe D'AG e Alfonso RI) a cagionare il decesso della paziente medesima, sopravvenuto il 04/03/2015. 1.2 La Corte territoriale ha premesso la ricostruzione del fatto operata dal giudice di primo grado, rilevando come lo stesso avesse valorizzato le dichiarazioni testimoniali rese dai congiunti della vittima e da una vicina di casa della stessa, nonché le valutazioni compendiate nella perizia d'ufficio disposta dal Tribunale;
ha esposto che, sulla base degli atti, risultava che l'odierno imputato, dopo gli accertamenti strumentali e di laboratorio effettuati nella notte tra il 27 e il 28/02/2015, aveva dimesso la paziente con una diagnosi di "riferito dolore toracico in ipertesa" con indicazione di terapia farmacologica;
che, il 03/03/2015, la paziente si era recata presso il medico di base (poi assolto) in considerazione della permanenza del dolore al torace e che questi, attesa la presenza di un picco glicemico, aveva concordato con la FU un ulteriore ricovero;
che la donna, tornata al domicilio, aveva lamentato dispnea e dolore toracico e che il medico del 118 intervenuto sul posto (pure assolto) aveva attribuito la sintomatologia a uno stato ansioso dopo avere appreso del pregresso accesso ospedaliero e della relativa dimissione;
che, alle ore 20,14 del 03/03/2015, paziente si era recata presso lo stesso pronto soccorso, attesa la persistenza dei sintomi, dove era quindi deceduta dopo la diagnosi di sindrome coronarica acuta per asistolia refrattaria- - alle manovre di ECP. 2 1.3 La Corte ha quindi rilevato che il Tribunale aveva dato conto delle conclusioni esposte dai consulenti del p.m. e delle parti civili, dalle quali era emerso che gli esami disposti in occasione del primo accesso presso pronto soccorso erano univocamente indicativi di un problema cardiaco, a fronte dei quali l'imputato avrebbe dovuto disporre la ripetizione degli esami attinenti al valore della troponina;
esponendo, altresì, che il perito nominato d'ufficio aveva censurato la scelta di non effettuare un ecocardiogramma e di non ripetere il dosaggio delle troponine sieriche, nonostante il valore risultasse di tre volte superiore a quello normale, ponendo tali omissioni in diretto rapporto causale con il successivo decesso. La Corte territoriale ha quindi dichiarato infondato il motivo di appello inerente a una dedotta incompatibilità del consulente del p.m., attesa la non applicabilità neanche in via analogica della disposizione contenuta nell'art.225, comma 3, cod.proc.pen., nonché l'eccezione relativa all'omessa notifica dell'inizio delle operazioni peritali. In punto di merito, ha ritenuto infondate le censure dell'appellante inerenti all'effettiva causa ultima del decesso della paziente e tanto anche in assenza dell'espletamento di un'autopsia; ha rilevato che, sulla base delle osservazioni del perito, in presenza di dolore toracico era assolutamente necessario procedere a una diagnosi differenziale tra patologie in grado di determinare un esito letale e che un corretto approccio avrebbe imposto l'effettuazione di un ecocardiogramma e la ripetizione del dosaggio delle proteine sieriche, tanto in adesione alle linee guida applicabili nel caso concreto nella gestione delle sindromi coronariche acute (SCA); in tal modo essendosi determinato per effetto di tale omissione un - - ritardo diagnostico che aveva favorito la progressione della patologia sino all'esito finale. La Corte ha altresì ritenuto infondata l'argomentazione difensiva in base alla quale gli effetti dell'omissione ascrivibile all'imputato sarebbero stati neutralizzati, nella loro efficienza causale, dalle successive omissioni riscontrabili in capo agli altri sanitari poi intervenuti, peraltro assolti da parte del giudice di primo grado.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NI IN, tramite il proprio difensore, articolando sei motivi di impugnazione.

2.1 Con il primo motivo ha dedotto -in relazione all'art. 606, comma 1, lett.b) la violazione degli artt. 222, 359 e 360 cod.proc.pen. in e c), cod.proc.pen.- merito alla dedotta incompatibilità del dott. Adamo Maiese, quale consulente del p.m., nonché l'omessa o insufficiente motivazione sul punto, in relazione all'art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen.. 3 Ha dedotto che il suddetto consulente, in quanto inquadrato negli organici dell'Azienda Sanitaria Locale Salerno n.3, avrebbe dovuto astenersi dall'accettare l'incarico atteso che i medici coinvolti nel processo appartenevano alla stessa struttura, con conseguente inutilizzabilità delle relative risultanze peritali.

2.2 Con il secondo motivo ha dedotto - ai sensi dell'art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. la violazione degli artt. 222, 359 e 360 cod. proc.pen., per non - avere il consulente tecnico comunicato l'inizio delle operazioni e la violazione dell'art. 192, cod. proc.pen. e dell'art.111 Cost. in relazione al libero convincimento del giudice e al principio del contraddittorio nonché in relazione all'art.606, comma 1, lett.e), cod. proc.pen. - l'omissione della motivazione sul punto. Ha dedotto che, al momento dell'inizio delle operazioni svolte dal consulente tecnico, il ricorrente era stato già iscritto nel registro degli indagati, ragione per la quale era dovuto il relativo avviso dell'inizio delle operazioni;
esponendo come il giudice di primo grado si fosse pronunciato sulla relativa eccezione senza avere conoscenza degli esiti e delle modalità della disposta consulenza tecnica e, quindi, senza essere a conoscenza del carattere ripetibile o meno dei relativi accertamenti (elementi di fatto posti a base di istanza di ricusazione, dichiarata inammissibile dalla Corte d'appello).

2.3 Con il terzo motivo ha dedotto -ai sensi dell'art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. l'omessa motivazione in ordine alla preferenza accordata dai - giudici di merito alle conclusioni espresse dal perito nominato d'ufficio e la contraddittorietà della sentenza di primo grado in relazione agli esiti della perizia suddetta nonché l'omessa motivazione in ordine alla esclusione, a fini decisori, delle conclusioni espresse a opera dei consulenti di parte e l'omessa motivazione in ordine alle conclusioni degli ausiliari in punto di mancata prova del nesso di causalità tra la patologia diagnosticata il 27/02/2015 e quella che aveva causato la morte della paziente, nonché l'omessa verifica di altre possibili cause in ordine al decesso. Ha dedotto che tutti gli ausiliari erano stati concordi nel ritenere che, senza il rilievo autoptico, non fosse possibile stabile se la paziente avesse già avuto un infarto nei giorni precedenti e la sua eventuale incidenza;
avendo lo stesso perito d'ufficio ritenuto come non si potesse escludere che la paziente fosse deceduta per un evento patologico autonomo;
avendo pure gli stessi ausiliari ritenuto che l'alto valore della troponina era compatibile con altra infezione o patologia quale quella bronchiale da cui era affetta la FU;
esponendo come il giudice di primo grado - in tanto confermato dalla Corte d'appello non avesse ravvisato responsabilità in capo al sanitario intervenuto il 03/03/2015 a bordo dell'ambulanza e di quelli intervenuti lo stesso giorno presso il nosocomio, pure avendo gli stessi potuto 4 adottare scelte terapeutiche diverse;
ha quindi dedotto come non fosse emersa la prova del nesso causale tra la condotta del ricorrente e il decesso.

2.4 Con il quarto motivo ha dedotto - in relazione all'art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. - la violazione dell'art.468, comma 4, cod. proc.pen. nonché dell'art.507 cod.proc.pen.; ha dedotto che il giudice di primo grado avrebbe violato le suddette disposizioni non ammettendo l'escussione a prova contraria di un teste (individuato come ES LI) che avrebbe dovuto confermare la circostanza in base alla quale la FU si sarebbe volontariamente allontanata dal pronto soccorso nella notte tra

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