Cass. pen., sez. V, sentenza 13/12/2022, n. 47139
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da ARICO' ANGELO nato a MESSINA il 03/12/1965 avverso la sentenza del 22/11/2021 della CORTE di APPELLO di MESSINAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere M T B letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, A V, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con la sentenza impugnata, emessa il 22 novembre 2021, la Corte di appello di Messina ha confermato, nei confronti di A A, la decisione del Tribunale di quella stessa città, che lo aveva dichiarato colpevole di bancarotta fraudolenta documentale perché, in concorso con l'amministratore unico, già giudicato colpevole separatamente, e nella qualità di componente del Consiglio di amministrazione della società EL.AR . A s.r.I., dichiarata fallita il 20 febbraio 2008, omettevano di tenere regolarmente i libri e le altre scritture contabili della società, così rendendo impossibile le ricostruzione del patrimonio e degli affari della società. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore di ufficio, avvocato F S, che svolge quattro motivi. 2.1. Violazione dell'art. 216 L.F. e vizi della motivazione nella affermazione di responsabilità. Si pone in evidenza che la documentazione contabile risultasse regolarmente tenuta fino al 2005, come da relazione del Collegio sindacale del 2006, mentre le carenze contabili, come riconosciuto dalla Corte territoriale, si erano manifestate solo da giugno 2006, nei due anni antecedenti al fallimento: in relazione a tale periodo avrebbe dovuto rispondere solo l'amministratore unico, avendo cessato l'A dalla propria carica di Presidente del CDA a novembre 2006. 2.2. Analoghi vizi vengono dedotti con riguardo alla omessa riqualificazione del fatto ai sensi dell'art. 217 L.F. in mancanza della prova del dolo, neppure potendosi individuare, quale indice di fraudolenza, la circostanza che l'omessa tenuta regolare della contabilità fosse finalizzata alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio, essendo caduta l'accusa per bancarotta fraudolenta patrimoniale. La Corte di appello avrebbe dovuto trarre elementi per la insussistenza del dolo dal verbale di assemblea del 28/10/2006, da cui emerge che il ricorrente aveva proposto di procedere alla dichiarazione di auto-fallimento, poi cessando l'incarico dopo pochi giorni. Si tratta, dunque, secondo la Difesa, al più, di una condotta colposa, riconducibile al paradigma di cui all'art. 217 L.F., in assenza della prova della coscienza e volontà del ricorrente di rendere impossibile la ricostruzione dei movimenti di affari, e non piuttosto di trascurare semplicemente la regolare tenuta della contabilità. 2.3. Violazione degli artt. 216 - 223 L.F. in relazione agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. sostenendosi la mancanza di correlazione tra l'accusa, riguardante la bancarotta fraudolenta documentale "generale" di cui all'art. 216 co. 1 n. 2 cod.pen., e la condanna, avvenuta per l'omessa tenuta della contabilità per danneggiare i creditori, caratterizzata da dolo specifico non contestato. 2.4. Con il quarto motivo si invoca la declaratoria di prescrizione, maturata in data 05 febbraio 2022, calcolate le sospensioni verificatesi nel giudizio di merito. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile. 1.11 primo motivo, oltre ad essere versato in fatto, attingendo il merito della decisione, e manifestamente infondato. La sentenza impugnata ha sottolineato come i primi segni del dissesto fossero emersi nel corso del 2005, e che, fin dal dicembre 2005, fosse stata chiesta una relazione scritta dal Collegio sindacale, che, fino a ottobre 2006, non era stata ancora consegnata. La sentenza evidenzia, inoltre, che dal 12.2.2005 all'8.11.2006 è stato amministratore A, il quale è rimasto socio con una quota del 25% fino al fallimento, e che, dalla riunione del Collegio sindacale del 17 novembre 2006, emerge che il ricorrente avesse consegnato al consulente contabile una documentazione frammentaria da cui i sindaci desumevano una perdita di esercizio superiore al capitale sociale, conseguentemente intimando alla società di convocare l'assemblea straordinaria per ridurre il capitale sociale ai minimi di legge. Emerge, ancora, che il bilancio al 31/12/2006 non è stato redatto e che la contabilità disponibile non ha consentito alla curatela fallimentare una compiuta ricostruzione del volume degli affari ( pg.4.). Cosicchè, del tutto ragionevolmente, la Corte territoriale ha ritenuto accertato che gli amministratori della società, dal 2006, hanno deliberatamente impedito al Collegio sindacale di effettuare le verifiche demandategli;non trasmettendo la documentazione necessaria, in buona parte perché non tenuta. altresì ponendo in evidenza il dato che la documentazione contabile non è stata consegnata alla curatela.
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