Cass. civ., sez. III, sentenza 14/06/2021, n. 16743
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In tema di locazione di immobili ad uso abitativo, integra abuso del diritto la condotta del locatore, il quale, dopo aver manifestato assoluta inerzia, per un periodo di tempo assai considerevole in relazione alla durata del contratto, rispetto alla facoltà di escutere il conduttore per ottenerne il pagamento del canone dovutogli, così ingenerando nella controparte il ragionevole ed apprezzabile affidamento nella remissione del debito "per facta concludentia", formuli un'improvvisa richiesta di integrale pagamento del corrispettivo maturato; ciò in quanto, anche nell'esecuzione di un contratto a prestazioni corrispettive e ad esecuzione continuata, trova applicazione il principio di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., quale canone generale di solidarietà integrativo della prestazione contrattualmente dovuta, che opera a prescindere da specifici vincoli contrattuali nonchè dal dovere negativo di "neminem laedere" e che impegna ciascuna delle parti a preservare l'interesse dell'altra nei limiti del proprio apprezzabile sacrificio.
Sul provvedimento
Testo completo
16743/2 1 ORIGINALE eveer Oggetto e REPUBBLICA ITALIANA v e R LOCAZIONE IN NOME DEL POPOLO ITALIANO ABITATIVA LA CORTE SUPREMA DI MANCATA RICHIESTA DEI CASSAZIONE CANONI TERZA SEZIONE CIVILE RISPETTO DEGLI OBBLIGHI DI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: BUONA FEDE NEI RAPPORTI AD Dott. C GSI Presidente ESECUZIONE CONTINUATA Rel. Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI -LIMITI- R. G. N. 33968/2018 Dott. ANTONIETTA SMA Consigliere Cron. 16743 Dott. E I Consigliere Rep. Dott. MARCO DELL'UTRI Consigliere Ud. 02/02/2021 ha pronunciato la seguente PU SENTENZA sul ricorso 33968-2018 proposto da: B M, C S, elettivamente REGOLOdomiciliati in ROMA, VIA ATTILIO 12/D, presso lo studio dell'avvocato ZOSIMA VECCHIO, che li 2021 rappresenta e difende unitamente all'avvocato M M;
350 - ricorrenti 1
contro
B C F, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell'avvocato G M P, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati M P e ALBERTO BUCOLO;
- controricorrente e ricorrente incidentale
contro
C S, con avv. M M e avv. Z V del foro di MILANO - controricorrente all'incidentale nonché
contro
B M;
- intimato avverso la sentenza n. 3067/2018 della CORTE di MILANO, depositata il D'APPELLO 20/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO PEPE 2 Svolgimento in fatto La società C S.r.I. ricorre per cassazione unitamente a M B avverso la sentenza n. 3067-2018 della Corte d'appello di Milano, depositata il 20 luglio 2018, con la quale, in accoglimento parziale dell'appello, l'impugnante C F. Bellini (ex socio della società e figlio di M B) è stato condannato a pagare alla società C s.r.l. la minor somma di € 63.375,00 per canoni di locazione e di € 19.125,00 per spese e oneri, oltre interessi legali, riducendo in parte la richiesta della società locatrice e respingendo, per il resto, gli ulteriori motivi di appello riferiti alle domande proposte da C F B nei confronti di M B. Il ricorso della società C S.r.l. è affidato a cinque motivi, mentre quello di M B è affidato a un motivo, illustrati da successiva memoria. C F B resiste con controricorso notificato e propone ricorso incidentale, affidato a due motivi, illustrato da memoria. La società C ha notificato controricorso in risposta al ricorso incidentale. Per quanto interessa in questo giudizio, la società ricorrente ha agito in via monitoria per il recupero del credito per canoni di locazione scaduti e non pagati dal conduttore C F B, figlio di M B, in relazione a un immobile ad uso abitativo sito in Milano, Via Borgonuovo 19, il tutto per la somma complessiva di € 242.413,28 a titolo di canoni di locazione, maturati dal 2004 a fine 2013, e spese. Nell'opporsi al pagamento il conduttore ha agito in via riconvenzionale per far valere la natura gratuita del contratto anche nei confronti del padre M B, in ragione della asserita violazione del patto con cui questi avrebbe dovuto consentire il godimento gratuito dell'abitazione al figlio, acquisito dopo il frazionamento dell'immobile familiare avvenuto in seguito alla morte della madre, Giovanna Agrati, chiedendo in subordine il risarcimento dei danni. Il Tribunale ha accolto la richiesta della società limitatamente alla somma di € 222.322,10, a titolo di canoni di locazione scaduti e mai versati e di spese, queste ultime maturate dal 2009 a fine 2013, respingendo la domanda di 3 risarcimento svolta dal figlio C F B nei confronti del padre Mario Bellini. In seguito all' impugnazione di C F B, la Corte d'appello di Milano, dopo aver esperito un infruttuoso tentativo di conciliazione, ha rilevato che per il contratto di locazione, formalizzato nel 2004 tra la società di famiglia C s.r.l. e C F B, anch'esso divenuto all'epoca socio per successione nella quota materna, non vi era stata mai da parte della società locatrice richiesta del pagamento del canone trimestrale pattuito e delle spese, se non in seguito al divorzio intervenuto tra C F B e la moglie, avvenuto il 30 maggio 2007, che aveva dato luogo all'assegnazione della casa coniugale alla ex moglie;
in seguito al divorzio, la società inviava una lettera di diniego di rinnovazione della locazione alla scadenza del 31.12.2011, seguita da uno sfratto per morosità intimato nei confronti di C F B nell'ottobre 2011, mai però iscritto a ruolo. La presente controversia veniva instaurata nel 2014. La vicenda, invero, si inserisce in un contesto familiare e societario in cui C F. Bellini, dopo il divorzio dalla moglie, ha perso la disponibilità sia dell'appartamento di proprietà della società di famiglia che delle quote sociali, queste ultime perché fatte oggetto di procedura di esproprio da parte della ex moglie, per mancato pagamento degli alimenti;
detta quota sociale, poi, è stata acquisita nel 2014 dalla nuova coniuge del padre M B, la quale si era insinuata nella procedura esecutiva avviata dalla ex moglie del figlio C. Il padre M B ha dedotto, tra le altre cose, di aver dovuto far fronte a molti debiti del figlio collegati alla gestione di altre società di famiglia e di non dovere alcunché al figlio in forza del rapporto di locazione instaurato con la società. La Corte di merito, nel decidere sulla richiesta di pagamento dei canoni, formulata nel 2014, ha ritenuto : a) efficace il contratto di locazione, e comunque a struttura onerosa, ritenendo superflue le prove per testi richieste, perché inconferenti allo scopo di provare un diverso contratto;
b) irrilevanti ai fini probatori i mastri contabili della società, aventi ad oggetto il presunto "finanziamento" soci alla società, dal quale - in tesi - si sarebbe dovuto evincere il pagamento dei canoni da parte del padre per conto del figlio, entrambi soci 4 my della società;
c) rilevante ai fini probatori la voce contabile "pagamento degli affitti", che conduce ad escludere che si fosse instaurato un contratto a struttura gratuita;
d) nondimeno (non ir) rilevante la circostanza che nel corso del rapporto fosse stata per lungo tempo omessa ogni richiesta di pagamento del corrispettivo per numerosi anni, vale a dire dalla stipulazione del contratto nel 2004 sino al 29 giugno 2011 (data della prima richiesta connessa allo sfratto per morosità), in ciò richiamando il principio di buona fede nell'esecuzione dei contratti che si ricollega a un generale dovere di solidarietà, che impone alle parti di comportarsi appunto in buona fede in modo da preservare l'interesse dell'altro contraente, a prescindere da pacifici obblighi contrattuali e del rispetto del principio del neminem laedere. Pertanto, facendo riferimento ad approdi giurisprudenziali che si fondano sulla tutela dell'affidamento ingenerato nella controparte, la Corte di merito ha ritenuto non dovuti i canoni maturati se non dalla data della prima richiesta di pagamento, operata nel luglio 2011, sino al rilascio dell'immobile, nel dicembre 2013, pari a 10 rate trimestrali, oltre il rimborso delle spese nella misura pattuita in contratto;
mentre ha respinto per il resto le richieste di pagamento. Del pari, ha respinto la pretesa risarcitoria dell'appellante nei confronti del padre, non essendo risultato alcun obbligo assunto nei confronti del figlio. Ha compensato per 2/3 le spese tra la società C e C F B, ponendone a carico dell'impugnante la restante parte per entrambi i gradi di giudizio;
ha compensate le spese tra C F. e M B per entrambi i gradi di giudizio. Ragioni della decisione Primo motivo: si deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 113, primo comma cod. proc. civ. e dell'articolo 1345 e 1418 cod.civ., in relazione all'articolo 360 numero 3 cod.proc.civ. e all'articolo 101 Cost. e all'art. 1218 cod. civ.;
nonché violazione e falsa applicazione del Capo IV, Libro IV, Titolo I cod.civ., e altresì dell'articolo 1277 cod.civ., dell'articolo 5 legge 392/78, nonché degli articoli 1571, 1587 n 2, cod.civ. . In sostanza si assume che la Corte d'appello abbia erroneamente fatto riferimento a vicende personali tra padre e figlio, quali il fatto che il figlio si fosse allontanato dal padre e poi avesse inutilmente tentato una riconciliazione, nonché altri eventi familiari che non 5 potrebbero avere alcuna incidenza nei confronti della società, dotata di autonoma soggettività giuridica, posto che il presente giudizio verte in merito ai rapporti di credito/ debito tra due soli soggetti in forza di un contratto di locazione. Secondo motivo: si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 113 cod.proc.civ., 1218 cod.civ., libro IV titolo I del codice civile e degli articoli 1277, 5 legge 392/78, articoli 1571, 1587, numero 2, cod.civ., e, in relazione agli artt. 2943 (e art. 1219) e 2948, numero 3, cod.civ. ed altresì in relazione all' articolo 1375 cod.civ., articolo 2 Cost., ex articolo 360 numero 3, cod.proc.civ.;
la violazione dell'articolo 360 numero 5 cod.proc.civ. in relazione all'articolo 115, primo comma cod. proc. civ.. In particolare si deduce che non vi sia stata alcuna violazione del dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto, come indicato a pagina 10 e 11 della motivazione della sentenza impugnata, così come irrilevanti sarebbero i motivi nell'ambito contrattuale e il principio della Verwirkung elaborato dalla dottrina tedesca, di cui avrebbe fatto applicazione la Corte di merito richiamando alcuni precedenti non idonei a regolare il caso di specie. Terzo motivo: si deduce la violazione dell'art. 360 numero 3 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 113 cod. proc. civ., nonché la violazione dell'articolo 360 n. 5 cod.proc.civ. in relazione all'articolo 115, primo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto che il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 23382 del 15 ottobre 2013 si attagli al caso di specie, in quanto vi sarebbero le prove che, anni prima dell'avvio della causa - il 28/10/2011