Cass. civ., sez. III, ordinanza 17/11/2021, n. 34797
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Testo completo
ato la seguente ORDINANZA sul ricorso 16764-2019 proposto da: M O, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIMA n. 28 SC A, presso lo studio dell'avvocato M A, e rappresentato e difeso dall'avvocato ANNA 2021 M B;1257 - ricorrente -contro M B, elettivamente domiciliato cA7 presso l'avvocato V T che lo rappresenta e difende;- controricorrente - nonchè contro M A e MSCHETTO GIUSEPPE;- intimati - avverso la sentenza n. 2404/2018 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 16/11/2018;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/04/2021 dal Consigliere Dott. C G;Rilevato che: O M conveniva davanti al Tribunale di Catania i suoi fratelli A, B e G M, perché fosse dichiarata nulla o fosse annullata una transazione con loro stipulata in data 10 maggio 2011, per carenza di causa transattiva nonché per errore di diritto su un punto incontroverso ex articolo 1969 c.c. ed errore di calcolo sulla massa divisionale. La transazione era stata proposta da B Moschetto per concludere una causa da lui instaurata nei confronti dei fratelli davanti al Tribunale di Catania, sezione distaccata di Paternò, n. 184/2003 R.G., riguardante la divisione dell'eredità dei genitori e anche altri beni;la causa, a seguito della transazione, era stata poi dichiarata estinta. Il Tribunale rigettava ogni domanda attorea con sentenza del 10 marzo 2014, avverso la quale O M proponeva appello, cui resistevano i fratelli. La Corte d'appello di Catania rigettava il gravame con sentenza del 16 novembre 2018. O M ha proposto ricorso, da cui si è difeso con controricorso soltanto B Moschetto. Considerato che: Il ricorso è articolato in cinque motivi. 1. Il primo motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 116 c.p.c., 1362, 1363, 763 e 764, secondo comma, c.c. e omesso esame di fatto discusso e decisivo. Questo motivo è scindibile in due submotivi. 1.1.1 In primo luogo si lamenta che l'atto stipulato dal ricorrente O M con i suoi fratelli A, B e G M in data 10 maggio 2011 è stato considerato "transazione divisionale", il che costituirebbe una interpretazione errata, perché non considerante un complesso di circostanze e comportamenti delle parti, che condurrebbero invece a qualificarla, esattamente, "divisione transattiva". Il giudice d'appello inoltre non avrebbe tenuto in conto fatti che avrebbero portato il ricorrente "a sottoscrivere l'atto divisionale". Nel giudizio pendente davanti al Tribunale di Catania come n. 184/2003 R.G. che i litiganti volevano chiudere con tale atto, O Moschetti era rappresentato dallo stesso avv. Lodovico Soresi che avrebbe poi in questa causa difeso in primo e in secondo grado Giuseppe e A Moschetto, e che sarebbe pure stato "firmatario anche della transazione". Poiché ai sensi dell'articolo 1362 c.c. è necessario determinare l'effettiva volontà delle parti anche alla luce dei comportamenti posteriori alla stipulazione del negozio, e poiché ai sensi dell'articolo 1363 c.c. è necessario interpretare le clausole le une mediante le altre, si dovrebbe giungere ad affermare che dalla scrittura del 10 maggio 2011 emerge che essa "era finalizzata, oltre che alla attribuzione dei cespiti", ad attribuire "una o somma altissima" a B Moschetto senza alcuna contropartita o concessione a O M, onde non vi sarebbe stata ragione perché quest'ultimo accettasse "una così evidente disparità". L'accordo doveva "garantire lo scioglimento della comunione", ma vi sarebbero stati "inclusi anche beni che non potevano rientrarvi addirittura per intero", e vi sarebbe stato commesso un errore aritmetico;l'attuale ricorrente avrebbe firmato in buona fede "soprattutto dietro consiglio ed assistenza del legale dell'epoca": sarebbe mancata pertanto "la volontà di chiudere in via transattiva la vicenda divisionale", e il giudice d'appello avrebbe omesso di valutarlo. 1.1.2 Questa doglianza, costituente il primo dei due submotivi, è formulata ictu °cui/ in modalità assolutamente generiche, per cui, anche a prescindere dalla sua - pure evidente - sostanza di richiesta al giudice di legittimità di effettuare un'alternativa revisione fattuale, risulta inammissibile. 1.2.1 Successivamente - integrando così l'ulteriore sub motivo - si adduce che il giudice d'appello si sarebbe limitato ad affermare che l'atto deve essere "qualificato transazione". Invece la divisione transattiva e la transazione divisionale si distinguono per la sproporzione dei beni (che qui sarebbe stata sottovalutata in entrambi i giudizi di merito, perché ambedue le sentenze avrebbero affermato che i fratelli si erano attribuite le quote "con precisazioni e conguagli, analiticamente descritti"): pertanto l'atto in questione sarebbe una divisione transattiva. D'altronde, per indagare la volontà delle parti occorre applicare gli articoli 1362 ss. c.c., tenendo conto quindi della lettera e del complesso di circostanze e comportamenti: criteri, questi, che il giudice d'appello avrebbe violato. Sarebbe infatti erroneo avere valutato soltanto I"alternativa secca" tra divisione transattiva e transazione divisoria, senza tenere conto di altre ipotesi, come "il negozio preparatorio di divisione e la contraddittorietà del medesimo" in quanto "nel giudizio di primo grado" si sarebbe evidenziato che il negozio prevedeva che B Moschetto vendesse al fratello O "beni non suoi per appartenere allo stesso O". L'erroneità sussisterebbe anche perché non si sarebbe tenuto in conto che "l'unico elemento apprezzato come decisivo (la cosciente sproporzione dei cespiti) è significativo solo a patto di escludere motivatamente la suddetta ipotesi terza", cioè il negozio preparatorio di divisione, che "per la sua natura non definitiva osta ad un giudizio di tal fatta, richiedendo ulteriori accordi sui conguagli". Pertanto quel che verrebbe ad emergere sarebbe la "volontà di procedere alla divisione come una preliminare assegnazione dei beni oggetto della comunione in relazione alle personali aspettative". Insegna Cass. 3396/1981 che, per escludere la rescindibilità dell'atto di divisione ex articolo 764, secondo comma, c.c., non è sufficiente accertare che esso contenga una contestuale transazione, ma è necessario accertare altresì che quest'ultima, regolando ogni controversia, pure potenziale, sulla determinazione delle quote, "abbia riguardato proprio le questioni costituenti il presupposto e l'oggetto dell'azione di rescissione". E, nel caso in esame, nella scrittura privata sussisterebbe una sproporzione tale da legittimare l'esercizio dell'azione di rescissione. Inoltre gli accordi "paradivisori", diretti a determinare porzioni dei beni da assegnare a determinate condizioni, "pur non producendo l'effetto distributivo" dei beni tipico del contratto di divisione, avrebbero finalità preparatoria della divisione, e non se ne potrebbe recedere unilateralmente. Vi sarebbe quindi rescindibilità ai sensi degli articoli 763 e 764 c.c. "per lesione oltre il quarto". Attribuire "esclusivo ed automatico rilievo all'evidente sproporzione dei beni oggetto dell'accordo divisorio" renderebbe ingiustificatamente impossibile proporre l'azione di rescissione "nella quasi totalità dei casi", e comunque quando "la lesione della parte è di maggiore portata". Infatti la rescissione ex articolo 763 c.c.Liiti differisce dalla rescissione ordinaria perché non occorre approfittamento dello stato di bisogno e riduce la lesione rilevante da metà a un quarto;pertanto "se l'elemento discriminante per individuare la causa transattiva del negozio" fosse solo la proporzionalità dei beni, sarebbe "sempre preclusa la rescissione per lesione oltre il quarto" presupponente una L-),/ sproporzione di cui "la parte difficilmente potrebbe rivendicare l'inconsapevolezza". Si sarebbe dovuto applicare il principio per cui, per interpretare un negozio come transazione divisionale, ove la causa transattiva prevale sulla causa divisionale, non si può presumere una volontà di transigere con rinuncia ai propri diritti in base alla consapevolezza della sproporzione.
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