Cass. pen., sez. II, sentenza 26/07/2022, n. 29703
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da M S, nato a Tolmezzo il 7 maggio 1958 M L, nato a Lauco il 9 settembre 1933, M A, nata a Tolmezzo il 30 aprile 1966, A R, nato a Viadana il 23 giugno 1944, C E, nato a Parma il 28 novembre 1971, F M, nata a Parma il 2 agosto 1970 M SI S.R.L., in persona del legale rappresentante avverso la sentenza n. 1318/2019 emessa il 30 settembre 2019 dalla Corte d'appello di Trieste Visti gli atti, la sentenza e i ricorsi;
Udita nell'udienza del 26 maggio 2022 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina A R P;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale in persona di P M, che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle attenuanti generiche nei confronti di M S s.r.l. e di dichiarare l'inammissibilità nel resto del ricorso di tale società e degli altri ricorsi;
Udito l'avv. L Z, difensore del Consorzio del Prosciutto S D DOP, che ha chiesto di dichiarare l'inammissibilità dei ricorsi di M S, M A e M L, depositando conclusioni e nota spese;
"à Udito l'avv. M P, difensore del Consorzio del Prosciutto di Parma DOP, che ha chiesto di dichiarare l'inammissibilità dei ricorsi, depositando nota spese;
Udito l'avv. M B, difensore di Selva Alimentari s.p.a., il quale ha chiesto di dichiarare l'inammissibilità o il rigetto dei ricorsi con conferma delle statuizioni civili;
Udito l'avv. F C, difensore di M S e M L, che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi dei suoi assistiti;
Udito l'avv. Michele Dalla Valle, difensore di F M, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso della propria assistita.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 settembre 2019 la Corte d'appello di Trieste, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Udine il 30 marzo 2018, ha dichiarato €14 non doversi procedere nei confronti di M S, M L, M A per i reati di cui ai capi 8) e 11) dell'imputazione, perché estinti per prescrizione;
ha rideterminato la pena nei confronti di M S, M L e M A e ha ridotto la pena inflitta a C E, F M e A R;
ha esteso il beneficio della sospensione condizionale alla pena pecuniaria e ha condannato M S s.r.l. al pagamento delle spese processuali e gli imputati tutti, in solido, alla rifusione delle spese di rappresentanza e assistenza in favore delle parti civili, confermando nel resto l'impugnata decisione. Secondo la ricostruzione effettuata nelle due sentenze di merito, M S, M A e M L, ricevute cosce di prosciutto S D DOP per effettuare lavorazioni di disosso o mattonellatura, avevano sostituito i prosciutti DOP con prosciutti di qualità diversa e inferiore, che avevano restituito ai committenti, trattenendo indebitamente quelli originali, così commettendo vari reati di appropriazione indebita e di frode in commercio. M S, M A e M L sono stati ritenuti responsabili anche dei reati di ricettazione ed uso di quattro timbri falsi, riproducenti il marchio del prosciutto S D DOP e quello del prosciutto di Parma, rinvenuti nel seminterrato dello stabilimento della loro società. C E e F M, rispettivamente gestore e procuratrice speciale di V S s.r.I., e A R, quale mediatore, sono stati ritenuti responsabili del reato di ricettazione, per avere acquistato o comunque ricevuto da M S s.r.l. 510 cosce di prosciutto S D DOP, provento del reato di appropriazione indebita di cui al capo 20), contestato a M S, M A e M L. M S s.r.l. è stata dichiarata responsabile dei contestati illeciti amministrati ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001 ed è stata condannata alla sanzione ritenuta di giustizia. Avverso la sentenza d'appello hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori di M S, M L, M A, A R, C E, F M e M SI S.R.L. Il difensore di M S ha dedotto i seguenti motivi: 1) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità con riferimento all'art. 33 quater cod. proc. pen. Secondo il ricorrente, il procedimento sarebbe stato erroneamente attribuito alla cognizione del Tribunale in composizione monocratica anziché collegiale. Poiché alla chiusura delle indagini il Pubblico ministero, oltre ai reati ascritti agli odierni ricorrenti, aveva contestato a P M (veterinario che aveva aiutato gli imputati a eludere le investigazioni dell'autorità e aveva omesso di segnalare le operazioni irregolari) i reati di cui agli artt. 378 cod. pen. (capo 26) e 328 cod. pen. (capo 27) e poiché quest'ultimo reato è attribuito alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale, il procedimento, per chiare ragioni di connessione, si sarebbe dovuto celebrare per tutti i reati davanti al Tribunale in composizione collegiale anziché, come avvenuto, separando le posizioni degli odierni ricorrenti (giudicati dal Tribunale in composizione monocratica) da quella di P M, per il quale il Pubblico ministero aveva chiesto il rinvio a giudizio ex art. 416 cod. proc. pen.;
2) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inammissibilità con riferimento agli artt. 468 e 493, comma 2, cod. proc. pen., per avere il Tribunale ritenuto ammissibili le prove testimoniali del Pubblico ministero, che avrebbe depositato in ritardo la propria lista, con la conseguenza che tutti i testi, ivi elencati, avrebbero reso dichiarazioni inutilizzabili. Il Pubblico ministero aveva allegato la propria lista testi, datata 11 febbraio 2016, al decreto di citazione a giudizio del 30 marzo 2016, ritualmente notificato agli imputati. In seguito, a causa di alcune modifiche interessanti le persone offese, il Pubblico ministero aveva emesso un nuovo decreto di citazione a giudizio per la stessa udienza, già indicata dal Tribunale, e aveva depositato una lista testi con riferimento alla citazione delle nuove persone offese. Poiché il nuovo decreto di citazione a giudizio recava in calce a ogni pagina e nello stesso modulo di notifica l'espressione "il presente decreto annulla e sostituisce analogo provvedimento emesso dagli scriventi in data 30 marzo 2016", il ricorrente ha dedotto che la lista testi, originariamente depositata dal Pubblico ministero 1'11 febbraio 2016, non fosse più valida, così da non potere essere neanche più oggetto di richiamo, effettuato nella nuova lista testi depositata;
3) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità con riferimento agli artt. 431 cod. proc. pen. e 223 norme di attuazione del codice di rito. Secondo il ricorrente, le analisi, svolte in sede amministrativa su campioni di prosciutti, sarebbero state effettuate con metodi errati, da laboratorio non accreditato e sul presupposto che il prodotto da esaminare non fosse deteriorabile, con la conseguenza che sarebbe stato violato l'obbligo di dare l'avviso di cui all'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. e non sarebbe stato possibile procedere a una revisione delle analisi. Sarebbe stato richiamato il D.M. 16 dicembre 1993, che farebbe però riferimento ai controlli biologici ufficiali ossia alle indagini microbiologiche finalizzate a rilevare la presenza di muffe e batteri o lieviti, che nulla avrebbero a che vedere con la rilevazione dei nitrati e dei nitriti. Peraltro, la non deteriorabilità del prosciutto sarebbe stata correlata alla stagionatura di 12 mesi prevista per il S D, pur se le analisi avevano ad oggetto non le cosce di prosciutto ma le mattonelle, realizzate e confezionate in un momento successivo alla fase della stagionatura;
4) inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all'allegato A del D.M. 21 settembre 2005, per essere le analisi state eseguite dal laboratorio di Catania, non accreditato per il tipo di esami da compiere, e per non essere stato effettuato correttamente il campionamento, come indicato dal consulente della difesa prof. S all'udienza del 23 ottobre 2017. Ciò sarebbe in contrasto con il richiamato decreto ministeriale, secondo cui le analisi vengono effettuate con metodi accreditati, su campioni preparati secondo le modalità riportate per ciascun prodotto. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello, il D.M. 21 settembre 2005, contenendo una disciplina sulla produzione e vendita dei prodotti di salumeria, sarebbe applicabile anche ai prosciutti, come dichiarato dal prof. S dell'Università di Parma, il quale sia nella propria relazione che in dibattimento avrebbe confermato che tale decreto costituisce il parametro di riferimento applicabile a tutti i controlli dei prodotti di salumeria;
5) contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di modalità di svolgimento ed utilizzabilità/attendibilità delle analisi. Secondo il ricorrente, la Corte di appello, al pari del primo giudice, avrebbe trascurato l'importanza dell'accreditamento. Non sarebbe solo il metodo, astrattamente scelto (nel caso di specie, la cromatografia ionica), ad essere garanzia di correttezza delle analisi quanto proprio la professionalità di chi lo utilizza in concreto e che, in quanto accreditato, offre chiare garanzie di professionalità e capacità in tal senso. Secondo la testimonianza del prof. S, nei rapporti di prova era stato indicato come metodo di prova il metodo interno, senza altro riferimento, così che risulterebbe impossibile poter esprimere un giudizio in merito alla correttezza di quello utilizzato. Non sarebbe chiaro, inoltre, se il metodo della cromatografia ionica, utilizzata nel caso concreto, fosse già in uso nel laboratorio o fosse stato adottato per la prima volta. La Corte d'appello, inoltre, avrebbe affermato che le procedure di prelevamento e messa sottovuoto, seguite nel laboratorio di Catania, sarebbero state le stesse di quelle del laboratorio accreditato ma l'affermazione sarebbe esclusa dalla lettura dei verbali di prelevamento che non riporterebbero la messa sottovuoto del campione. Inoltre, il campionamento sarebbe avvenuto prelevando 3 aliquote da 3 delle 50 mattonelle del lotto 17/48/A ma la corretta metodica prevede che vengano estratte 5 aliquote rappresentative dell'intero lotto, come peraltro confermato dall'ispettore G all'udienza del 10 febbraio 2017. Secondo il ricorrente, quindi,
Udita nell'udienza del 26 maggio 2022 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina A R P;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale in persona di P M, che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle attenuanti generiche nei confronti di M S s.r.l. e di dichiarare l'inammissibilità nel resto del ricorso di tale società e degli altri ricorsi;
Udito l'avv. L Z, difensore del Consorzio del Prosciutto S D DOP, che ha chiesto di dichiarare l'inammissibilità dei ricorsi di M S, M A e M L, depositando conclusioni e nota spese;
"à Udito l'avv. M P, difensore del Consorzio del Prosciutto di Parma DOP, che ha chiesto di dichiarare l'inammissibilità dei ricorsi, depositando nota spese;
Udito l'avv. M B, difensore di Selva Alimentari s.p.a., il quale ha chiesto di dichiarare l'inammissibilità o il rigetto dei ricorsi con conferma delle statuizioni civili;
Udito l'avv. F C, difensore di M S e M L, che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi dei suoi assistiti;
Udito l'avv. Michele Dalla Valle, difensore di F M, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso della propria assistita.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 settembre 2019 la Corte d'appello di Trieste, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Udine il 30 marzo 2018, ha dichiarato €14 non doversi procedere nei confronti di M S, M L, M A per i reati di cui ai capi 8) e 11) dell'imputazione, perché estinti per prescrizione;
ha rideterminato la pena nei confronti di M S, M L e M A e ha ridotto la pena inflitta a C E, F M e A R;
ha esteso il beneficio della sospensione condizionale alla pena pecuniaria e ha condannato M S s.r.l. al pagamento delle spese processuali e gli imputati tutti, in solido, alla rifusione delle spese di rappresentanza e assistenza in favore delle parti civili, confermando nel resto l'impugnata decisione. Secondo la ricostruzione effettuata nelle due sentenze di merito, M S, M A e M L, ricevute cosce di prosciutto S D DOP per effettuare lavorazioni di disosso o mattonellatura, avevano sostituito i prosciutti DOP con prosciutti di qualità diversa e inferiore, che avevano restituito ai committenti, trattenendo indebitamente quelli originali, così commettendo vari reati di appropriazione indebita e di frode in commercio. M S, M A e M L sono stati ritenuti responsabili anche dei reati di ricettazione ed uso di quattro timbri falsi, riproducenti il marchio del prosciutto S D DOP e quello del prosciutto di Parma, rinvenuti nel seminterrato dello stabilimento della loro società. C E e F M, rispettivamente gestore e procuratrice speciale di V S s.r.I., e A R, quale mediatore, sono stati ritenuti responsabili del reato di ricettazione, per avere acquistato o comunque ricevuto da M S s.r.l. 510 cosce di prosciutto S D DOP, provento del reato di appropriazione indebita di cui al capo 20), contestato a M S, M A e M L. M S s.r.l. è stata dichiarata responsabile dei contestati illeciti amministrati ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001 ed è stata condannata alla sanzione ritenuta di giustizia. Avverso la sentenza d'appello hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori di M S, M L, M A, A R, C E, F M e M SI S.R.L. Il difensore di M S ha dedotto i seguenti motivi: 1) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità con riferimento all'art. 33 quater cod. proc. pen. Secondo il ricorrente, il procedimento sarebbe stato erroneamente attribuito alla cognizione del Tribunale in composizione monocratica anziché collegiale. Poiché alla chiusura delle indagini il Pubblico ministero, oltre ai reati ascritti agli odierni ricorrenti, aveva contestato a P M (veterinario che aveva aiutato gli imputati a eludere le investigazioni dell'autorità e aveva omesso di segnalare le operazioni irregolari) i reati di cui agli artt. 378 cod. pen. (capo 26) e 328 cod. pen. (capo 27) e poiché quest'ultimo reato è attribuito alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale, il procedimento, per chiare ragioni di connessione, si sarebbe dovuto celebrare per tutti i reati davanti al Tribunale in composizione collegiale anziché, come avvenuto, separando le posizioni degli odierni ricorrenti (giudicati dal Tribunale in composizione monocratica) da quella di P M, per il quale il Pubblico ministero aveva chiesto il rinvio a giudizio ex art. 416 cod. proc. pen.;
2) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inammissibilità con riferimento agli artt. 468 e 493, comma 2, cod. proc. pen., per avere il Tribunale ritenuto ammissibili le prove testimoniali del Pubblico ministero, che avrebbe depositato in ritardo la propria lista, con la conseguenza che tutti i testi, ivi elencati, avrebbero reso dichiarazioni inutilizzabili. Il Pubblico ministero aveva allegato la propria lista testi, datata 11 febbraio 2016, al decreto di citazione a giudizio del 30 marzo 2016, ritualmente notificato agli imputati. In seguito, a causa di alcune modifiche interessanti le persone offese, il Pubblico ministero aveva emesso un nuovo decreto di citazione a giudizio per la stessa udienza, già indicata dal Tribunale, e aveva depositato una lista testi con riferimento alla citazione delle nuove persone offese. Poiché il nuovo decreto di citazione a giudizio recava in calce a ogni pagina e nello stesso modulo di notifica l'espressione "il presente decreto annulla e sostituisce analogo provvedimento emesso dagli scriventi in data 30 marzo 2016", il ricorrente ha dedotto che la lista testi, originariamente depositata dal Pubblico ministero 1'11 febbraio 2016, non fosse più valida, così da non potere essere neanche più oggetto di richiamo, effettuato nella nuova lista testi depositata;
3) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità con riferimento agli artt. 431 cod. proc. pen. e 223 norme di attuazione del codice di rito. Secondo il ricorrente, le analisi, svolte in sede amministrativa su campioni di prosciutti, sarebbero state effettuate con metodi errati, da laboratorio non accreditato e sul presupposto che il prodotto da esaminare non fosse deteriorabile, con la conseguenza che sarebbe stato violato l'obbligo di dare l'avviso di cui all'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. e non sarebbe stato possibile procedere a una revisione delle analisi. Sarebbe stato richiamato il D.M. 16 dicembre 1993, che farebbe però riferimento ai controlli biologici ufficiali ossia alle indagini microbiologiche finalizzate a rilevare la presenza di muffe e batteri o lieviti, che nulla avrebbero a che vedere con la rilevazione dei nitrati e dei nitriti. Peraltro, la non deteriorabilità del prosciutto sarebbe stata correlata alla stagionatura di 12 mesi prevista per il S D, pur se le analisi avevano ad oggetto non le cosce di prosciutto ma le mattonelle, realizzate e confezionate in un momento successivo alla fase della stagionatura;
4) inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all'allegato A del D.M. 21 settembre 2005, per essere le analisi state eseguite dal laboratorio di Catania, non accreditato per il tipo di esami da compiere, e per non essere stato effettuato correttamente il campionamento, come indicato dal consulente della difesa prof. S all'udienza del 23 ottobre 2017. Ciò sarebbe in contrasto con il richiamato decreto ministeriale, secondo cui le analisi vengono effettuate con metodi accreditati, su campioni preparati secondo le modalità riportate per ciascun prodotto. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello, il D.M. 21 settembre 2005, contenendo una disciplina sulla produzione e vendita dei prodotti di salumeria, sarebbe applicabile anche ai prosciutti, come dichiarato dal prof. S dell'Università di Parma, il quale sia nella propria relazione che in dibattimento avrebbe confermato che tale decreto costituisce il parametro di riferimento applicabile a tutti i controlli dei prodotti di salumeria;
5) contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in punto di modalità di svolgimento ed utilizzabilità/attendibilità delle analisi. Secondo il ricorrente, la Corte di appello, al pari del primo giudice, avrebbe trascurato l'importanza dell'accreditamento. Non sarebbe solo il metodo, astrattamente scelto (nel caso di specie, la cromatografia ionica), ad essere garanzia di correttezza delle analisi quanto proprio la professionalità di chi lo utilizza in concreto e che, in quanto accreditato, offre chiare garanzie di professionalità e capacità in tal senso. Secondo la testimonianza del prof. S, nei rapporti di prova era stato indicato come metodo di prova il metodo interno, senza altro riferimento, così che risulterebbe impossibile poter esprimere un giudizio in merito alla correttezza di quello utilizzato. Non sarebbe chiaro, inoltre, se il metodo della cromatografia ionica, utilizzata nel caso concreto, fosse già in uso nel laboratorio o fosse stato adottato per la prima volta. La Corte d'appello, inoltre, avrebbe affermato che le procedure di prelevamento e messa sottovuoto, seguite nel laboratorio di Catania, sarebbero state le stesse di quelle del laboratorio accreditato ma l'affermazione sarebbe esclusa dalla lettura dei verbali di prelevamento che non riporterebbero la messa sottovuoto del campione. Inoltre, il campionamento sarebbe avvenuto prelevando 3 aliquote da 3 delle 50 mattonelle del lotto 17/48/A ma la corretta metodica prevede che vengano estratte 5 aliquote rappresentative dell'intero lotto, come peraltro confermato dall'ispettore G all'udienza del 10 febbraio 2017. Secondo il ricorrente, quindi,
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